Effetti della domanda di mediazione sulla prescrizione

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Avv. Donato  Mele Mongiò

Tribunale di Padova, sentenza del 5/02/2019

A cura del Mediatore Avv. Donato Mele Mongiò da Lecce.
Letto 2086 dal 28/02/2019

Commento:
La presentazione della domanda di mediazione produce, ex art. 5 comma 6 del D.Lgs 28/2010, sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale. L’effetto processuale della domanda di mediazione è quindi espressamente limitato agli effetti sulla prescrizione del diritto e nulla più.                                                                                                                                                                                                                               

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Padova
SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Tribunale Ordinario di Padova, in persona del Giudice dott. Giorgio Bertola ha pronunciato, ex art. 281 sexies c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G. 7835/2018 promossa da:
G. (ATTORE)
contro
INTESA SANPAOLO SPA CONVENUTA
e con l’intervento di VENETO BANCA SPA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’avv. INTERVENUTA
etti gli atti di causa;
viste le conclusioni delle parti, come precisate a verbale all’odierna udienza e da aversi qui per integralmente riportate;
letto l’art. 281 sexies c.p.c.
o s s e r v a
G. ha convenuto Intesa Sanpaolo, deducendo che si fosse resa cessionaria dei rapporti inizialmente sorti con Veneto Banca, per sentirla condannare, accertata la violazione della sua condotta del D.Lgs 58/1998 nell’esecuzione del contratto finanziario intercorso tra le parti e per l’effetto condannarla a corrispondere la complessiva somma di euro 324.371,88. Si è costituita la convenuta eccependo il mancato esperimento della mediazione obbligatoria, la carenza di legittimazione passiva ed in ogni caso la infondatezza nel merito della domanda di condanna.
E’ volontariamente intervenuta la procedura di liquidazione di Veneto Banca invocando la propria legittimazione passiva e però eccependo la improcedibilità della domanda poiché svolta in sede diversa da quella concorsuale di liquidazione coatta.
Alla prima udienza, ritenendo sussistere questione preliminare di merito idonea a definire il giudizio, la causa è stata spedita in decisione su conforme richiesta delle stesse parti.
La domanda attorea è infondata e va rigettata.
In primo luogo va ricordato che con DL 99/2017 Veneto Banca è stata posta in liquidazione coatta amministrativa ed i commissari liquidatori hanno stipulato un complesso contratto di cessione con il quale hanno ceduto ad Intesa Sanpaolo un articolato complesso di rapporti bancari prevedendo alcune esplicite esclusioni per evitare che determinate tipologie di rapporti rientrasse nel contratto.
Come ha correttamente osservato lo stesso attore nel proprio atto di citazione alle pagine 4 e 5 “E’ vero allora che non il D.L. 99/17 ma solo il contratto di cessioni di azienda stipulato il 26.6.2017 dai Commissari Liquidatori con Intesa contiene previsioni contrattuali volte ad escludere dalla cessione anche “le controversie con azionisti delle banche in LCA già pendenti” e tutti “i debiti e le responsabilità (e relativi effetti negativi) e le passività derivanti, o comunque connessi con le operazioni di commercializzazione di azioni” (cfr. art. 3.1.2 lett. b) punto vii) e lett b) punto iv)”.
Tale posizione interpretativa è già stata fatta propria da questo ufficio come si può leggere nei docc. 7 e 13 prodotti dalla parte intervenuta che riportano due precedenti decisioni di questo ufficio che manifestano proprio tale orientamento giurisprudenziale.
L’attore tuttavia ritiene che “di fatto” il combinato disposto normativo e contrattuale siano stati superati dalla cessionaria perché “Ma è altrettanto vero che Intesa –relativamente almeno alla controversia già sorta con l’attore –ha messo in atto una serie di comportamenti concludenti così incompatibili con le suddette clausole, da lasciar presumere una volontà diversa, e precisamente la volontà di voler includere nella cessione anche la controversia con l’attore, pur collegata alla sua qualità di azionista assumendosene, quindi, le responsabilità e i relativi effetti negativi”.
Tale comportamento concludente sarebbe rappresentato dall’aver inviato all’attore la lettera del 27/09/2017 con la quale Intesa Sanpaolo comunicava all’attore l’integrazione in tutti i rapporti bancari provenienti da Veneto Banca, compreso quello di gestione e consulenza finanziaria n. 2041804 sul quale, a giudizio dell’attore, era già sorta controversia non ancora definita.
Tale subentro “di fatto” sarebbe ulteriormente comprovato dall’aver inviato all’attore il rendiconto per il periodo 01/07/2017 -31/12/2017 e l’aver mantenuto lo stesso numero di contratto, il n. 2041804. Infine dall’aver addebitato all’attore spese e commissioni collegate al rapporto finanziario ceduto.
Tale valutazione non può essere condivisa e va quindi accertato che nessun subentro è avvenuto della convenuta nei rapporti controversi quanto alla compravendita delle azioni dell’istituto posto in liquidazione, mentre è pacifico che il subentro vi è stato per gli altri rapporti in essere tra le parti.
Il D.L. n. 99/2017 esclude espressamente dal perimetro della cessione “i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalla violazione della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento” (art. 3, c. 1, lett. b)), nonché “le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa e le relative passività” (art. 3, c. 1, lett. c)). La presente causa è iniziata successivamente alla cessione e la domanda di mediazione presentata in data 19/02/2017, ovvero prima della liquidazione, ha come unico effetto, ai sensi dell’art. 5 comma 6 del D.Lgs 28/2010, “6.Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”. L’effetto processuale della domanda di mediazione è quindi espressamente limitato ex lege agli effetti sulla prescrizione del diritto e nulla più. Non si potrebbero per esempio invocare gli effetti della domanda giudiziale della domanda di mediazione per individuare il giudice
“successivamente adito” laddove si dovesse decidere per esempio un’eccezione di litispendenza o di continenza exart. 39 c.p.c.. Inoltre non è intervenuto alcun comportamento di fatto che abbia superato il disposto contrattuale perché ciò in cui è subentrata la convenuta sono “i contratti di custodia, amministrazione titoli e gli strumenti finanziari attinenti alla raccolta indiretta” (art. 3.1.2 lett. a iii del contratto di cessione), compreso il rapporto di conto corrente concluso da Veneto Banca conl’attore (art. 3.1.2 lett. a ii).
Tuttavia la domanda introdotta dall’attore attiene a presunte violazioni di Veneto Banca al momento del collocamento delle proprie azioni in forza delle quali la banca sarebbe venuta meno ai propri obblighi informativi e di diligenza al momento dell’acquisto e della mancata vendita delle stesse. Nulla di tutto ciò può essere oggi domandato alla cessionaria per il solo fatto di essere subentrata nel rapporto di conto corrente ovvero nel contratto di deposito titoli. Inoltre la domanda di mediazione non può essere invocata per anticipare gli effetti della domanda giudiziale che è stata notificata solo in data 10/10/2018 ovvero ampiamente dopo l’evento rappresentato dall’approvazione del DL 99/2017 che ha posto in liquidazione coatta amministrativa l’istituto di credito. Poiché il presente procedimento è sorto successivamente alla cessione ed ha ad oggetto domande relative alle azioni di Veneto Banca da parte di un suo azionista, unica legittimata passiva sarebbe la procedura di liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca e non già Intesa Sanpaolo.
Come ha però correttamente osservato la parte intervenuta, la domanda formulata dall’attore sconta la improcedibilità al pari di tutte le domande, anche di mero accertamento e di condanna, proposte poiché in contrasto con l’art. 83 TUB. L’art. 83 del Testo Unico Bancario espressamente prevede che “al termine previsto nel comma 1 contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione salvo quanto disposto dagli artt. 87, 88, 89 e 92, comma 3, né, per qualsiasi titolo, può essere parimenti promosso né proseguito alcun atto di esecuzione forzata o cautelare. Per le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione è competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale”. La domanda attorea, rivolta al giudice della cognizione e non veicolata tramite la procedura di insinuazione alla procedura di liquidazione, è pertanto improcedibile (Cass. Sez. III, Sentenza n. 7037 del 20 marzo 2017).
Va però osservato che tale domanda non è mai stata fatta dall’attore perché egli ha rivolto le sue domanda ad Intesa Sanpaolo e non ha mai dichiarato di estendere le sue domande alla liquidazione coatta, sicché egli non può essere considerato soccombente nei confronti della liquidazione coatta del cui intervento la parte non può essere condannata alla liquidazione delle spese di lite. Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. 55/2014 con dimidiazione dei valori medi (che peraltro corrisponde anche al valore minimo liquidabile a seguito della entrata in vigore del DM 37/2018) delle fasi effettivamente tenutesi, e quindi senza la fase istruttoria che non si è tenuta, in ragione della speditezza del procedimento, non potendo tuttavia procedere ad alcuna compensazione poiché la impossibilità di rivolgere domande ad Intesa discende documentalmente dal Decreto Legge e dal contratto e la domanda di mediazione non produce gli effetti della domanda diversi
dalla interruzione della prescrizione ex lege sicché la presente causa non doveva essere iniziata contro Intesa Sanpaolo bensì la parte avrebbe dovuto insinuarsi nel passivo della procedura di liquidazione coatta per far valere in quella sede le sue doglianze relative all’acquisto o alla mancata vendita delle azioni.
P.Q.M.
Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando
1) Accerta la carenza di legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore;
2) Condanna G. a rifondere ad Intesa Sanpaolo Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese di lite del presente procedimento che si liquidano in euro 5.736,00 per compenso, oltre al rimborso delle spese forfettarie pari al 15% sul compenso ex DM 37/2018, C.N.P.A. ed I.V.A.;
Così deciso in Padova, il 5 febbraio 2019.
Il Giudice-Dott. Giorgio Bertola

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Chi è l'autore
Avv. Donato  Mele Mongiò Mediatore Avv. Donato Mele Mongiò
Iscritto nell’Albo degli Avvocati presso la Corte d’Appello di Lecce dal 15.9.99, ha partecipato a numerosi seminari e corsi di aggiornamento in Diritto e Procedura Civile, Diritto Amministrativo e Contabilità di Stato.
Svolge intensa attività stragiudiziale, particolarmente in materia contrattuale e difesa in materia fallimentare, esecutiva, contrattuale, agraria, successoria ed è un fermo sostenitorte della definizione conciliativa delle vertenze.
Ha esercitato per molti anni la carriera uni...
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