La parte che intende far valere il difetto di delega in mediazione (nella specie l’avvocato era munito di procura sostanziale autenticata dallo stesso) deve eccepire tale carenza durante l'incontro nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.

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Dott. Salvatore Favarolo

Corte d'Appello di Bari, Sez. 3, 22.03.2023, sentenza n. 436

A cura del Mediatore Dott. Salvatore Favarolo da Cagliari.
Letto 996 dal 21/06/2023

Commento:
L’appello ha ad oggetto l'ordinanza che ha dichiarato cessata la materia del contendere, emessa dal Tribunale di Trani in un giudizio iscritto per intimazione di sfratto per morosità uso diverso - art. 658 c.p.c. La sig.ra X conveniva in giudizio il sig. Y dinanzi al Tribunale di Trani, al fine di sentire emettere ordinanza di convalida nonché la condanna al rilascio dell'immobile di sua proprietà, adibito a deposito e posto a servizio di altro locale, sempre di proprietà dell'appellante, all'interno del quale il medesimo appellato svolge attività commerciale di bar.
Deduceva l'attuale appellante che il sig. Y si era reso moroso del pagamento dei canoni e dei correlativi oneri condominiali. Il contratto prevedeva il pagamento della pigione in contanti presso il domicilio della creditrice. Instaurato il contraddittorio in primo grado, si costituiva in giudizio l'intimato, il quale evidenziava di condurre in locazione il bar, con l'annesso locale di cui alla intimazione di sfratto, sin dal 1991 e di aver sempre onorato il pagamento del canone, mediante versamento delle corrispondenti somme presso il domicilio della locatrice. Quest'ultima, in maniera del tutto inspiegabile, ad un certo punto non gli avrebbe più aperto alla porta di casa, rendendosi letteralmente irreperibile. Lo stesso si era adoperato per reperire l’iban della creditrice e aveva disposto il pagamento con bonifico.
Il Tribunale di Trani, a scioglimento della riserva, con l'ordinanza impugnata dichiarava cessata la materia del contendere rilevando che, nella specie, si era al cospetto di un contratto di locazione ad uso non abitativo, per il quale non era prevista la possibilità di purgazione della mora; ma che, essendo state interamente versate le somme dovute prima della celebrazione dell'udienza, la morosità risultava essere stata sanata.
Avverso la decisione di primo grado proponeva appello la sig.ra X chiedendo dichiararsi la gravità dell'inadempimento del conduttore e conseguentemente la risoluzione del contratto di locazione con condanna dell'appellato al rilascio del bene locato. Si costituiva in giudizio il sig. Y chiedendo il rigetto della domanda, sostenendo di non essere stato moroso per colpa propria, bensì per il comportamento illegittimo della locatrice. La Corte inviava le parti ad esperire il tentativo di mediazione, a norma dell'art. 5, co. 1, co. 1-bis e co. 2 del D.Lgs. n.28/2010.
Alla mediazione la signora non partecipava personalmente ma con delega speciale sostanziale con firma autenticata dal difensore medesimo. L’appellato eccepiva l’improcedibilità dell’appello facendo riferimento alla nota Cass. n.8473/2019. Il verbale di mancata conciliazione redatto dall’Organismo viene ritenuto soddisfacente ai fini della condizione di procedibilità. In tale verbale, si evince che entrambe le parti hanno dichiarato "(...) di prestare il loro consenso a svolgere gli incontri" senza che il sig. Y nulla eccepisse sulla procura rilasciata all'avv. (...). Nel corso dell'incontro, poi, le parti prendevano posizione in ordine all'oggetto della mediazione, discutendo ampiamente. Secondo la Corte d’appello il sig. Y aveva rinunciato tacitamente a far valere il difetto di delega sostanziale del legale di controparte. Egli non può, dunque, far valere in giudizio un profilo di improcedibilità al quale ha volontariamente rinunciato, dando corso al tentativo di mediazione. Più correttamente, il sig. Y, anziché accettare il contraddittorio e discutere della possibilità di definire stragiudizialmente la controversia, avrebbe dovuto eccepire la carenza di procura dell'avv. (...), anche al fine di consentire alla propria controparte di regolarizzare la propria posizione, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.
La Corte precisa che il documento redatto dall'organismo di mediazione è un verbale di "mancato accordo" (non di "mancata partecipazione" delle parti) che è da ritenersi comunque idoneo a ritenere assolta la condizione di procedibilità della domanda giudiziaria. L’eccezione viene dunque rigettata.°
 

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI BARI
Terza Sezione Civile
La Corte, in composizione collegiale, nella persona dei seguenti Magistrati: dott. Michele ANCONA Presidente
dott.ssa Emma MANZIONNA Consigliere
dott. Michele TROISI Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II Grado iscritta al R.G. n.498/2021 promossa da: (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. (...), unitamente al quale è elettivamente domiciliata in Molfetta alla (...)
Appellante
contro
(...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in Bisceglie, alla via (...)
Appellato
avente ad oggetto:
appello avverso l'ordinanza che ha dichiarato cessata la materia del contendere, emessa dal Tribunale di Trani nel giudizio iscritto al R.G. n.4987/2020 (Intimazione di sfratto per morosità uso diverso - art. 658 c.p.c.), sulle conclusioni rassegnate dalle parti all'udienza di discussione del 15.3.2022.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con intimazione di sfratto per morosità, notificata il 25.9.2020, la sig.ra (...) conveniva in giudizio il sig. (...) dinanzi al Tribunale di Trani, al fine di sentire emettere ordinanza di convalida nonché la condanna al rilascio dell'immobile di sua proprietà, ubicato in Bisceglie, alla via (...), adibito a deposito e posto a servizio di altro locale, sempre di proprietà dell'appellante, all'interno del quale il medesimo appellato svolge attività commerciale di bar.
Giova sin d'ora evidenziare che il contratto di locazione, redatto per scrittura privata registrata in data 28.7.2004, stabilisce, all'art. 4, che il pagamento del canone di locazione, di Euro 140,00 mensili, avrebbe dovuto essere pagato mediante versamento in contanti presso il domicilio della creditrice, oltre agli oneri condominiali.
Deduceva l'attuale appellante che, nella circostanza, il sig. (...) si era reso moroso del pagamento dei canoni e dei correlativi oneri condominiali nei mesi da luglio a settembre 2020, per complessivi Euro 489,63.
Instaurato il contraddittorio in primo grado, si costituiva in giudizio l'intimato, il quale evidenziava di condurre in locazione il bar, con l'annesso locale di cui alla intimazione di sfratto, sin dal 1991 e che, nel corso di tutto il periodo di svolgimento del rapporto locatizio, egli aveva sempre onorato il pagamento del canone, mediante versamento delle corrispondenti somme presso il domicilio della locatrice.
Quest'ultima, in maniera del tutto inspiegabile, "nei mesi estivi del 2020" non gli avrebbe più aperto alla porta di casa, nonostante il sig. (...) bussasse all'uscio rendendosi, in tal modo, "(...) letteralmente irreperibile ed irraggiungibile ... evitando, opportunamente (per quanto si dirà appresso), ogni forma di contatto con il (...)" (cfr. comparsa di risposta, pag. 2).
Deduceva ancora l'attuale appellato che, subito dopo aver ricevuto l'intimazione di sfratto, si era recato presso lo studio legale dell'avvocato difensore della sig.ra (...) "(...) per avere delucidazioni al riguardo e per conoscere le modalità di pagamento" (cfr. ibidem).
Quindi, ottenuto il codice IBAN del rapporto di conto corrente bancario intestato alla locatrice, aveva effettuato il bonifico di Euro 2.106,32, saldando ogni sua posizione debitoria sia per quanto concerneva la locazione del locare adibito ad esercizio commerciale, sia per quanto concerneva
quella dell'annesso locale deposito.
Ciò avveniva prima della celebrazione del processo in primo grado.
All'udienza del 9.11.2020, fissata dal Tribunale di Trani per gli adempimenti di cui all'art. 663 c.p.c., ciascuna delle parti, dopo aver esposto le rispettive ragioni, si riportava alle proprie posizioni processuali: l'intimante insisteva per la richiesta di emissione dell'ordinanza immediatamente esecutiva di rilascio dell'immobile; l'intimato ribadiva la propria incolpevole morosità, dovuta al censurabile comportamento della locatrice.
Il Tribunale di Trani, a scioglimento della riservata, con l'ordinanza impugnata dichiarava cessata la materia del contendere rilevando che, nella specie, si era al cospetto di un contratto di locazione ad uso non abitativo, per il quale non era prevista la possibilità di purgazione della mora; ma che, essendo state interamente versate le somme dovute, unitamente al canone di locazione del mese di novembre 2020, prima della celebrazione dell'udienza, la morosità risultava essere stata sanata e, dunque "(...) quanto avvenuto concreta l'avvenuta composizione della controversia ad opera delle medesime parti, con cessazione della materia del contendere, cui non può che conseguire la dichiarazione di estinzione della presente procedura" (cfr. ordinanza del 12.11.2020).
Avverso la decisione di primo grado propone appello la sig.ra (...), la quale si affida ad un articolato motivo di gravame con i quali contesta la abnormità della declaratoria di cessata materia del contendere e chiede dichiararsi la gravità dell'inadempimento del conduttore e,
conseguentemente, la risoluzione del contratto di locazione con conseguente condanna dell'appellato al rilascio del bene locato.
Si è costituito in giudizio il sig. (...) che resiste all'appello e chiede il rigetto della domanda, sostenendo di non essere stato moroso per colpa propria, bensì per il comportamento illegittimo della locatrice.
L'appellato ha, altresì, presentato una istanza istruttoria, con la quale intende fornire la prova delle sue deduzioni, articolando una prova per testi che non ha potuto formalizzare in primo grado, attesa l'illegittimità dell'ordinanza che ha definito il giudizio senza disporre il mutamento del rito.
Questa Corte, con ordinanza emessa in data 12.10.2022, ha rinviato le parti ad esperire il tentativo di mediazione, a norma dell'art. 5, co. 1, co. 1-bis e co. 2 del D.Lgs. n.28/2010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, pregiudizialmente, esaminata l'eccezione di improcedibilità del gravame sollevata dal sig. (...), il quale sostiene che la sig.ra (...), non avendo conferito al proprio difensore una procura notarile, ma una mera delega speciale sostanziale con firma autenticata dal difensore medesimo, non ha partecipato alla mediazione, di talché non può ritenersi soddisfatta la condizione di procedibilità.
Nello specifico, è accaduto che, a seguito dell'ordinanza con la quale questa Corte ha invitato le parti ad esperire preventivamente la mediazione, la sig.ra (...) delegò il proprio difensore a parteciparvi anche per suo conto, conferendogli una procura speciale la cui sottoscrizione venne autenticata dal difensore medesimo.
L'appellato richiama, a sostegno della propria eccezione, la decisione della Suprema Corte n.8473/2019 la quale ha chiarito che "(...) la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista".
Il problema sollevato dal sig. (...), a ben vedere, non attiene alla presenza del difensore in sede di mediazione; ma alla mancanza di una procura validamente rilasciatagli, dal momento che "(...) il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore" (Cass. civ., sez. III, 7.3.2019, n.8473).
Nella vicenda decisa dalla Suprema Corte, tuttavia, al di là del rilevato dato formale concernente la mancanza di una procura notarile della parte, il tentativo di mediazione non era stato
regolarmente compiuto atteso che, dopo il primo incontro delle parti, vi era stato un rinvio ad altro incontro, andato deserto, senza che fosse stato redatto un verbale di conciliazione negativo.
Nel caso che ci occupa, al contrario, è stato redatto verbale di mancata conciliazione. Orbene, la Corte ritiene che il documento soddisfi la condizione di procedibilità.
Ed invero, nell'epigrafe del verbale di conciliazione negativo, nella parte dove il mediatore ha costituito le parti, si legge che "Per la parte istante: è presente l'avv. (...) il quale dichiara di essere munito di procura speciale non notarile per la mediazione rilasciata dalla cliente" (cfr. documento in atti).
Successivamente entrambe le parti hanno dichiarato "(...) di prestare il loro consenso a svolgere gli incontri" senza che il sig. (...) nulla eccepisse sulla procura rilasciata all'avv. (...).
Nel corso dell'incontro, quindi, le parti hanno preso posizione in ordine all'oggetto della mediazione, discutendo ampiamente sullo stesso.
Non essendo stato raggiunto l'accordo, il mediatore ha chiuso il procedimento redigendo un verbale di conciliazione negativo, sottoscrivendolo personalmente assieme a tutti e tre i partecipanti all'incontro (i due difensori delle attuali parti in causa e l'attuale appellato).
Per quanto sopra riportato, il sig. (...), pur essendo stato edotto della presenza dell'avv. (...), anche quale procuratore speciale della sig.ra (...) in virtù di una procura sostanziale non notarile, nulla ha eccepito al riguardo, formulando le proprie proposte per addivenire ad una soluzione stragiudiziale della controversia, rinunciando tacitamente a far valere il difetto di delega sostanziale del legale di controparte.
Egli non può, dunque, far valere in giudizio un profilo di improcedibilità al quale ha volontariamente rinunciato, dando corso al tentativo di mediazione.
Più correttamente, il sig. (...), anziché accettare il contraddittorio e discutere della possibilità di definire stragiudizialmente la controversia, avrebbe dovuto eccepire la carenza di procura dell'avv. (...), anche al fine di consentire alla propria controparte di regolarizzare la propria posizione, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.-
È doveroso precisare che il documento redatto dall'organismo di mediazione è un verbale di "mancato accordo" (non di "mancata partecipazione" delle parti) che, per le ragioni esposte, è da ritenersi comunque idoneo a ritenere assolta la condizione di procedibilità della presente domanda giudiziaria.
L'eccezione va, dunque, rigettata.
Va, poi, delibata l'istanza istruttoria con la quale il sig. (...) intende dimostrare che, nel caso che ci occupa, non vi fu suo inadempimento nel pagamento dei canoni di locazione, bensì un illegittimo rifiuto da parte del creditore di riceve la prestazione, come da contratto.
L'appellato ha chiesto provare le seguenti circostanze:
  1. "Vero che nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre 2020 il Sig. (...), conduttore dell'immobile di piano terra sito in Bisceglie alla Via (...), destinato alla propria attività di "Caffè - Bar", si è recato più volte presso l'abitazione della Prof. (...), ubicata nello stesso edificio, per eseguire (come in passato) il pagamento in contanti dei canoni ed accessori afferenti anche il locale deposito";
  2. "Vero che, al fine di cui sopra, il Sig. (...) si è più volte portato dietro la porta dell'abitazione della Prof. (...), suonando e bussando alla stessa, senza mai essere ricevuto";
  3. "Vero che, nel corso della lunga locazione, la Prof. (...) si è più volte portata personalmente presso il " Caffè-Bar ", ubicato sotto la propria abitazione, per esigere dal Sig. (...) i canoni locativi... sia del Bar che del locale deposito";
  4. "Vero che, nel corso della lunga locazione, anche per sua comodità, la Prof. (...) ha più volte consentito al conduttore, Sig. (...), di versare diverse mensilità in un'unica occasione".
I capitoli di prova sub "A" e sub "B" pur essendo idonei, in astratto, a fornire la prova di un comportamento ostativo della creditrice, tendono a provare circostanze che, considerate nel loro insieme, non sono idonee a provare che la locatrice fu costituita in mora.
Ed invero, il sig. (...) ha affermato che, a fronte di una locazione insorta sin dal 1991, "I rapporti oltremodo cordiali si sono improvvisamente arrestati, senza alcun apparente motivo, nei mesi estivi del 2020" (cfr. comparsa di risposta, pag. 3).
E, dunque, l'appellato ha constatato una inusuale e, a suo dire, repentina trasformazione del comportamento tollerante o collaborativo della locatrice e che "Invano, il (...) si è ripetutamente recato presso l'abitazione della concedente, per eseguire (come in passato) il pagamento in contanti dei canoni; invano, ha cercato di contattarla; invano, ha bussato e suonato alla propria abitazione. In altre parole, la (...) si è resa letteralmente irreperibile ed irraggiungibile ... evitando, opportunamente (per quanto si dirà appresso) ogni forma di contatto con il (...)" (cfr. ibidem).
Tali cambiamenti, ad avviso della Corte, rappresentano una rottura con il pregresso comportamento permissivo dell'appellante che avrebbero dovuto indurre l'appellato ad una maggiore attenzione, ed assumere comportamenti più pregnanti, sul piano giuridico, anziché continuare per ben tre mesi (luglio, agosto e settembre 2020 come egli afferma) a continuare a bussare invano all'uscio dell'appellante.
Egli, inoltre, non avrebbe dovuto attendere che gli fosse notificata l'intimazione di pagamento, prima di adempiere alla propria obbligazione di pagamento.
Ed invero, pur nella convinzione che appare inverosimile che in tale lungo lasso di tempo il sig. (...) non abbia avuto modo di incontrare personalmente la sig.ra (...), che vive ed abita nello stesso edificio in cui egli esercita la propria attività commerciale, le circostanze articolate nei capitoli di prova sub "A" e sub "B", ove anche fossero comprovate, non sono in grado di certificare un comportamento giuridicamente rilevante, idoneo a costituire in mora la locatrice.
Occorre premettere che, ai sensi dell'art. 1206 c.c., si ha mora del creditore quando quest'ultimo, senza un motivo legittimo, rifiuti di ricevere la prestazione o di compiere quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere.
E, tuttavia, il creditore non è messo in mora automaticamente, per il semplice fatto che abbia posto in essere un comportamento illegittimo o non conforme ai precetti di correttezza e buona fede, nell'adempimento dell'obbligazione, ai sensi degli art. 1175 e 1375 c.c.-
Stante il chiaro disposto dell'art. 1208, co. 3, c.c., il creditore è costituito in mora dal giorno dell'offerta che, in caso di debito concernente somma di denaro, è rappresentata dall'offerta formale ex art. 1209 c.c. -
Trasponendo suddetti principi nella fattispecie in esame, ne consegue che poiché nella fattispecie si discute del mancato pagamento di canoni di locazione e, dunque, del versamento di una somma di denaro da consegnare al domicilio del creditore, la mora credendi presuppone sempre, e necessariamente, l'offerta formale.
Da quanto sopra ne deriva che, affinché la sig.ra (...) potesse essere costituita in mora, ed affinché il mancato pagamento del canone di locazione non fosse in grado di legittimare l'azione di sfratto per morosità, il sig. (...), anziché limitarsi a recarsi "più volte presso l'abitazione della Prof. (...)" avrebbe dovuto effettuare un'offerta reale o, comunque, porre in essere un comportamento oggettivamente idoneo a dimostrare la propria volontà di adempiere, nei termini contrattualmente previsti, alla propria obbligazione di pagamento.
Se, infatti, il rifiuto della locatrice di ricevere il conduttore si è protratto per così lungo tempo, ovvero per tutto il corso dell'estate del 2020, il conduttore non avrebbe dovuto effettuare il pagamento solo dopo che ebbe notificato l'atto giudiziario; ma avrebbe dovuto attivarsi tempestivamente in maniere tale da evitare di prestare il fianco all'azione di sfratto per morosità.
Le circostanze che egli intende provare (l'essersi recato recarsi "più volte presso l'abitazione della Prof. (...)") non sono, dunque, idonee a superare la presunzione di colpevolezza dell'inadempimento a suo carico, poiché non dimostrano, per tutto quanto sin qui esposto, che la morosità sia dovuta esclusivamente all'ingiustificato rifiuto della controparte di ricevere la prestazione.
Ma vi è di più.
Il sig. (...) aveva in ogni caso la possibilità di agire diversamente per ottenere la propria liberazione dall'obbligazione di pagamento.
La Suprema Corte ha stabilito, in tema di pagamento del canone di locazione, che "L'offerta non formale della prestazione è idonea ad escludere la mora del debitore soltanto se sia seria, tempestiva e completa, e consista nell'effettiva introduzione dell'oggetto integrale della prestazione dovuta nella disponibilità del creditore, nonché nella comunicazione di tale fatto al medesimo. Il parametro valutativo della sussistenza dei caratteri della serietà e della completezza è costituito dalla esaustività della posizione assunta dal debitore con l'offerta stessa, nel senso che il creditore deve potervi aderire senza ulteriori accordi ed ottenere la prestazione limitandosi semplicemente a riceverla, ovvero a porre il debitore nelle condizioni di poterla materialmente effettuare" (Cass. civ., sez. III, 7.7.2006, n.15352).
L'appellato, pertanto, oltre a non aver posto in essere una offerta formale, non ha nemmeno avuto un comportamento giuridicamente valutabile come idoneo a costituire in mora la creditrice mediante un'offerta non formale, in quanto "L'offerta non formale, ai sensi dell'art. 1220 cod. civ., consiste in una qualsiasi condotta del debitore idonea a manifestare il serio intento di effettuare la prestazione, che deve essere posta a disposizione del creditore con modalità tali da consentirne concretamente la fruibilità" (Cass. civ., sez. VI, 27.10.2014, n.15352).
In altri termini, l'essersi puramente e semplicemente recato a casa della sig.ra (...) non integra una condotta idonea a manifestare il concreto intendimento di consentire al creditore di fruire della prestazione, di talché il suo ingiustificato rifiuto vale a costituirlo in mora, per quanto statuito dalla massima su riprodotta.
Il capitolo di prova sub "C" è, invece, irrilevante poiché non è idoneo a fornire la prova che tra le parti sia intervenuto un accordo modificativo delle condizioni di pagamento, ai sensi dell'art. 1197 c.c.-
Il fatto che "più volte" il pagamento del canone sia avvenuto con modalità diverse dalla consegna del denaro al domicilio del creditore, pur permanendo in vigore, tra le parti, la regola generale contrattualmente prevista, è indice di un comportamento dettato da ragioni di mera comodità o tolleranza della locatrice, che non è idoneo a modificare la regola generale di cui all'art. 1182 c.c., recepita nell'art. 4 del contratto di locazione.
La possibilità che la locatrice abbia esatto i canoni presso il locale bar del conduttore per mera comodità, appare vieppiù veritiero ove si consideri che, come risulta pacificamente dagli atti di causa, l'appartamento di proprietà della sig.ra (...) si trova nello stesso edificio ove sono ubicati i locali oggetto della locazione.
In tale frangente, irrilevante è anche il capitolo di prova sub "D" in quanto il descritto comportamento della locatrice, che in alcune circostanze accettò il pagamento di più canoni di locazione avvenuto tardivamente, ove anche fosse comprovato, appare, ad avviso della Corte, espressione di una cosciente tolleranza del locatore ad ottenere la materiale disponibilità di quanto dovutogli oltre il termine all'uopo pattuito, piuttosto che una volontà di consentire l'adempimento dell'obbligazione secondo schemi di volta in volta variabili.
Né può ritenersi che il fatto che tali circostanze non siano state stigmatizzate, nel tempo, dalla locatrice abbiano una rilevanza giuridica atteso che la Suprema Corte, in casi analoghi, ha chiarito che "(...) in applicazione del generale principio di buona fede nell'esecuzione del contratto e del divieto dell'abuso del processo, non può essere imposto al locatore di agire in giudizio avverso ciascuno dei singoli analoghi inadempimenti, al fine di escludere una sua condotta di tolleranza" (Cass. civ., sez. VI, 6.6.2018, n.14508).
In conclusione, ove anche fosse ammessa, la prova per testi non sarebbe in grado di legittimare il mancato pagamento dei canoni di locazione e paralizzare la richiesta di risoluzione del contratto per morosità.
Ciò premesso, l'appello è, ad avviso della Corte, fondato e va accolto.
Va, preliminarmente, rigettata l'eccezione dell'appellato secondo il quale la sig.ra (...), che ha proposto due distinte azioni di sfratto, una avete ad oggetto il locale bar e l'altro il locale deposito, avrebbe illegittimamente parcellizzato il proprio credito.
È fin toppo facile evidenziare che i titoli dedotti in giudizio sono due distinti contratti di locazione, fonti di autonome obbligazioni di pagamento.
Nel merito, l'ordinanza impugnata, con la quale il Tribunale di Trani ha dichiarato
cessata la materia del contendere, è viziata da ultrapetizione.
Le parti non hanno mai chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere; ma hanno insistito nelle reciproche posizioni: l'intimante ha insistito per la richiesta di emissione dell'ordinanza immediatamente esecutiva di rilascio dell'immobile; l'intimato ha ribadito la propria incolpevole morosità, dovuta al censurabile comportamento della locatrice.
Né il loro comportamento "(...) concreta l'avvenuta composizione della controversia ad opera delle medesime parti, con cessazione della materia del contendere, cui non può che conseguire la dichiarazione di estinzione della presente procedura"
Ne consegue, con tutta evidenza, che il provvedimento di estinzione del procedimento di primo grado è abnorme.
L'ordinanza del Tribunale di Trani, dunque, va integralmente riformata.
Va, conseguentemente, accolto integralmente l'appello in quanto la morosità del sig. (...) è un fatto conclamato, non contestato, che assume i contorni del grave inadempimento contrattuale.
Egli si è ingiustificatamente reso moroso nel pagamento del canone di locazione per ben tre mensilità.
Le deduzioni svolte dal conduttore, a propria difesa, non sono né condivisibili, né convincenti, per tutto quanto esposto in precedenza.
Egli, come chiarito, avrebbe dovuto effettuare una formale offerta di pagamento del canone di locazione, una volta avvedutosi di quello che egli stesso ha definito un comportamento insolito della conduttrice, o, in ogni caso, attivarsi prontamente manifestando un serio intento di effettuare la prestazione, ponendola a disposizione della creditrice con modalità tali da consentirne concretamente la fruibilità.
Il sig. (...), al contrario, ha lasciato colpevolmente trascorrere tutto il periodo estivo, anziché attivarsi prontamente una volta acquisita la consapevolezza del comportamento ostativo della sig.ra (...), che egli non ha avuto remore nel definire un "(...) tentativo (a dir poco temerario e maldestro) della (...) di " liberarsi " del (...) con l'intimato sfratto per morosità del 25/9/2020 ... per ragioni mai dichiarate (recondite)" (cfr. comparsa di risposta, pag. 4).
La persistenza della morosità, all'atto della notifica dell'intimazione, e la domanda di risoluzione formulata dall'appellante, impongono l'adozione del provvedimenti conseguenziali.
Va, conclusivamente, dichiarata la risoluzione del contratto di locazione, per cui è causa, a cagione del grave inadempimento del conduttore, e quest'ultimo va condannato al rilascio dell'immobile locato.
L'accoglimento dell'appello comporta, altresì, la condanna dell'appellato alle spese del doppio grado del presente giudizio, che seguono la soccombenza e che sono liquidate come da dispositivo, sulla base dei valori medi ex D.M. n.55/2014, nello scaglione di valore corrispondente all'importo annuale del canone di locazione.
P.Q.M.
La Corte d'Appello di Bari, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da (...) nei confronti di (...), ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
  1. accoglie l'appello e, in totale riforma dell'ordinanza impugnata, accerta il grave inadempimento contrattuale del sig. (...) nell'obbligazione di pagamento del canone di locazione e, per l'effetto, dichiara la risoluzione del contratto di locazione in oggetto;
  2. condanna il sig. (...) al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, in favore della sig.ra (...) che liquida, per il primo grado, in Euro 60,00 per esborsi ed Euro 1.276,00 per compensi e, per il presente grado, in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 1.923,00 per compensi, il tutto oltre al rimborso forfettario, Cassa e IVA (se dovuta) come per legge;
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 15 marzo 2023.

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Chi è l'autore
Dott. Salvatore Favarolo Mediatore Dott. Salvatore Favarolo
Generale di Divisione dei Carabinieri nella riserva. Lauree in Giurisprudenza e Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna. Avvocato non iscritto all’Albo. Durante i 45 anni di servizio nell’Arma dei Carabinieri, trascorsi prevalentemente reggendo Comandi operativi in aree sensibili del territorio nazionale, ho dovuto svolgere svariate mediazioni afferenti all’ordine e alla sicurezza pubblica, risolvendo molti casi complessi a vantaggio della collettività: E’ stato questo uno dei motivi che mi ...
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