Nelle liti contro le compagnie telefoniche ex L.n. 249/1997, come anche nella mediazione civile, l’organismo di conciliazione va individuato con riferimento al foro giudiziario della controversia.

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Avv. Marco Benesperi

Corte di Cassazione, ordinanza n.17480 del 02.9.2015

A cura del Mediatore Avv. Marco Benesperi da Prato.
Letto 3243 dal 09/09/2015

Commento:

Pur avendo le materie soggette a mediazione obbligatoria e quelle riguardanti le liti telefoniche ambiti di applicazione diversi, la scelta dell’organismo di conciliazione competente va effettuata individuando preliminarmente il luogo del giudice competente a trattare la lite.
Solo successivamente, nell’ambito della competenza giudiziale, va individuata quella dell’organismo di conciliazione giacché in caso contrario si verificherebbe una distorsione delle regole processuali sulla competenza.

Testo integrale:

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
VI Sezione - Camera di Consiglio

Ordinanza
Ritenuto quanto segue:
§1. L’avvocato Omissis, in proprio, ha proposto ricorso per regolamento di competenza avverso l’ordinanza in data 10-12 novembre 2014 del Tribunale di Roma, resa nel giudizio civile n. 66334/2013 RG pendente tra lo stesso ricorrente, attore, e Omissis s.p.a., con la quale il Tribunale ha declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale di Milano.
§2. II Tribunale di Roma ha declinato la accolto l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla società Omissis, convenuta per danni conseguenti alla “perdita” del numero telefonico del ricorrente in relazione alla c.d. portabilità dell’utenza dal precedente gestore di telefonia (Omissis s.p.a.), ed ha individuato la competenza del Tribunale di Milano sul rilievo della clausola n. 25 delle condizioni generali di contratto inter partesy sottoscritta specificamente dall’interessato a norma dell’art. 1341, secondo comma, c.c., che individua appunto nel foro di Milano quello prescelto in sede negoziale.
Il ricorrente ha criticato questa conclusione in base all’argomento incentrato sull’applicazione dell’art. 1 della legge n. 249/1997, il quale stabilisce, nella materia, l’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Comitato regionale per le comunicazioni (Co.re.com.), tentativo da svolgere, secondo gli artt. 3 e seguenti del relativo regolamento attuativo, presso l’organismo del luogo in cui è ubicata la postazione fìssa dell’utente finale ovvero del domicilio indicato dall’utente in sede contrattuale, e dunque nella specie quello di Roma, con la conseguenza che anche l’autorità giudiziaria competente alla cognizione della controversia deve essere individuata secondo lo stesso criterio, alla luce della disposizione dell’art. 4 del d.lgs. n. 28/2010, secondo il quale la domanda di mediazione si propone all’organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, così stabilendo — sempre secondo il ricorrente — il principio della necessaria coincidenza tra la competenza territoriale dell’organismo conciliativo e quella dell’ufficio giudiziario dinanzi al quale portare la controversia.
§3. All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria la s.p.a. Omissis.
§4. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’ art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
§4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato quanto segue:
§1.Nelle sue conclusioni il Pubblico Ministero ha osservato quanto segue:
«Considerato che la tesi del ricorso non è suscettibile di essere accolta, per le seguenti ragioni:
l’art. 1 della legge n. 249/1997 (Istituzione dell’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), invocato dal ricorrente a presupposto della censura, nei suoi commi 11 e 12 così dispone:
11. L’Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro. Per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell’Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro tenta giorni dalla proposizione dell’istanza all’Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione.
12. I provvedimenti dell’Autorità definiscono le procedure relative ai criteri minimi adottati dalle istituzioni dell’Unione europea per la regolamentazione delle procedure non giurisdizionali a tutela dei consumatori e degli utenti. I criteri individuati dall’Autorità nella definizione delle predette procedure costituiscono principi per la definizione delle controversie che le parti concordino di deferire ad arbitri.”;
Nella sua formulazione testuale, dunque, la disposizione della legge n. 249/1997 non solo nulla stabilisce in merito alla questione della competenza territoriale, limitandosi a prescrivere una condizione di proponibilità della domanda (Cass., n. 24334/2008; peraltro non vincolante quanto all’organismo ivi indicato, nella fase di transizione, fino al funzionamento dei Comitati regionali per le comunicazioni: Cass. n. 14103/2011), ma si limita, per chiaro dettato, a regolare una fase pre-giurisdizionale (la “soluzione non giurisdizionale delle controversie”), senza interferire con la individuazione del giudice o con le regole di determinazione della competenza e dunque senza interessarsi della fase giudiziale successiva;
l’art. 4 del d.lgs. n. 28/2010 (Attuazione dell’ articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), parallelamente invocato dal ricorrente in una sorta di combinato disposto con la norma di cui al punto che precede – nel testo, applicabile temporalmente, susseguente alle modifiche di cui al d.l. n. 69/2013, conv. dalla legge n. 98/2013, a decorrere peraltro non dall’8 settembre 2013, come afferma il ricorso, ma dal 20 settembre 2013, ossia trenta giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione e cioè a partire dal 21 agosto 2013, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; cfr. art. 1, comma 3, della legge in discorso – a sua volta, stabilisce, per quanto qui rileva, nel comma 1:
Accesso alla mediazione.
La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza.”
Le controversie di cui all’art. 2 del medesimo testo normativo, al quale la citata disposizione fa rinvio, sono così indirettamente definite:
Controversie oggetto di mediazione.
Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.
Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, ne’ le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi
”.
Ma le controversie nelle quali è prevista la mediazione quale condizione di procedibilità sono definite nell’art. 5 dello stesso testo legislativo; esse, dopo la sentenza della Corte cost. n. 272/2012 e nel testo novellato dal citato d.l. n. 69/2013 conv. in legge n. 98/2013, sono, in base alla disposizione del comma 1 -bis, così enumerate:
1 -bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. (omissis)”.
Si ricava da tali disposizioni la triplice conseguenza che:
la regolazione della mediazione obbligatoria – ovvero quale condizione di proponibilità della domanda – posta dal d.lgs. n. 28/2010 non concerne, per materia, la controversia in esame;

- la generica previsione della corrispondenza tra luogo di organismo di mediazione e giudice territorialmente competente a conoscere della controversia, indicata nell’art. 4 del d.lgs. n. 28/2010 per le cause non a mediazione obbligatoria, non può trovare applicazione nella controversia in esame, che, essendo regolata dalla legge n. 249/1997 secondo un modulo di conciliazione preventiva obbligatorio, presuppone che sussista il rapporto di condizionamento tra previo esperimento della fase pre-giudiziale e causa, rapporto che non è predicabile in base all’art.2 invocato;
- inoltre, ed in linea di principio è rilievo dirimente, la regola di corrispondenza tra luogo dell’organismo di conciliazione e luogo del giudice competente, regola sulla quale il ricorrente incentra la propria doglianza, deve essere rovesciata, poiché – anche secondo il tenore letterale della norma, che collega la localizzazione dell’organismo amministrativo al foro della controversia, non viceversa, e che dunque suppone come operazione preliminare la determinazione del giudice, da cui quella dell’organismo deriva – altrimenti si verificherebbe una distorsione delle regole processuali sulla competenza, sostanzialmente abrogate nell’intera materia in discorso e sostituite dal solo criterio di determinazione dell’organismo di conciliazione. Il meccanismo legislativo postula che sia dapprima individuato il foro giudiziale, secondo le regole sottese a tale determinazione, e solo di riflesso sia individuato l’organismo cui accedere in fase conciliativa;
- in connessione con il rilievo appena indicato, non si potrebbe fare leva sulla disciplina regolamentare – anche essa invocata nel ricorso – di cui alla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 173/2007, e segnatamente dell’art. 4, rubricato “competenza per territorio”, il quale prevede che “per determinare il Co.re.com. territorialmente competente per l’esperimento del tentativo di conciliazione di cui all’articolo 2 si ha riguardo al luogo in cui è ubicata la postazione fissa ad uso dell’utente finale ovvero, negli altri casi, al domicilio indicato dall’utente al momento della conclusione del contratto o, in mancanza, alla sua residenza o sede legale”, perché tale delibera dell’Autorità garante non potrebbe in alcun caso incidere, tanto più in assenza di autorizzazione primaria, sulla fonte di livello legislativo e segnatamente sulle regole processuali in materia di competenza, riservate, per Costituzione, alla fonte legislativa (statale). Sicché non potrebbe una fonte di livello regolamentare costituire valida disposizione costitutiva di quella “inderogabilità disposta espressamente dalla legge” alla quale ha riguardo l’art. 28 c.p.c. e che è dedotta dal ricorso a sostegno della impugnativa, quale (unica) ragione di superamento della clausola concordata.
Considerato che per le ragioni anzidette non può accogliersi l’unico motivo della censura mossa nei riguardi della declinatoria della competenza da parte del giudice di Roma, non essendo per il resto in discussione la validità della clausola di determinazione convenzionale che indica in quello di Milano il foro competente (e non essendo, peraltro, ex se inefficace quale condizione processuale di proponibilità l’avvenuto esperimento dell’istanza di conciliazione, ancorché svolto dinanzi a un organismo “incompetente”).».
§1.1. Sulla base delle riportate conclusioni il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto dell’istanza di regolamento di competenza.
§2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni del Pubblico Ministero, alle quali deve aggiungesi solo quanto segue.
Nella memoria parte ricorrente dissente da esse insistendo nella sua prospettazione secondo cui il disposto regolamentare dell’Autorità  Garante avrebbe l’effetto di individuare, per il tramite dell’indicazione dell’organo competente a ricevere il procedimento di definizione alternativa della lite, anche la competenza territoriale. Tale assunto si scontra in primo luogo contro il criterio esegetico che impone di leggere l’oggetto di disciplina come limitato all’individuazione della sede del detto procedimento e preclude qualsiasi lettura estensiva, in assenza di indici che la rivelino. Inoltre, se anche l’esegesi suggerita dal ricorrente avesse una qualche legittimazione nel disposto normativo, si tratterebbe di esegesi che non si potrebbe preferire o che comunque si dovrebbe disattendere mediante il criterio della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, perché una fonte regolamentare avrebbe preteso di derogare alla legge, cioè al codice di rito. E ciò in mancanza di una previsione di legge (nella legge n. 249 del 1997 o altrove) legittimante un simile effetto mediante la tecnica del c.d. regolamento autorizzato a modificare disposizioni di legge, per il tramite dell’avallo di un fenomeno di c.d. delegificazione.
§3. L’istanza di regolamento dev’essere, dunque, rigettata e dev’essere dichiarata la competenza del Tribunale di Milano, dinanzi al quale il giudizio sarà riassunto nel termine di ci all’art. 50 c.p.c., decorrente dalla comunicazione del deposito della presente.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Milano. Fissa per la riassunzione il temine di cui all’art. 50 c.p.c., con decorso dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna il ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in euro millequattrocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Roma, 16 luglio 2015.

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Chi è l'autore
Avv. Marco Benesperi Mediatore Avv. Marco Benesperi
Nato a Pistoia il 15 luglio 1983, diploma di ragioniere e perito commerciale, laureato in giurisprudenza nel 2008, mediatore dal 2011, il suo punto di forza è nella capacità di risolvere in via stragiudiziale le situazioni di conflitto. Si occupa prevalentemente di diritto commerciale, contratti bancari, locazioni e condominio.
Oltre all'attività legale è collaboratore esterno del quotidiano “Il Tirreno” e del settimanale “La Vita”, è direttore responsabile periodico ufficiale del Comune di Agl...
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