Commento:
Con la Sentenza in esame, la Corte d’Appello di Torino, dopo essersi soffermata sul contenuto della nota decisione della Cassazione a Sezioni Unite n. 19596 del 18/09/2020 e dell’art. 5, comma 2-bis, D. Lgs. 28/2010, affermava come non vada escluso, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, che possa essere la parte opponente a prendere l’iniziativa di promuovere la procedura di mediazione, determinando, con ciò, l’effetto di evitare la dichiarazione di improcedibilità, con conseguente revoca del provvedimento impugnato.
Sulla base di tale assunto, la Corte rigettava il secondo motivo dell’appello proposto da colui che aveva rivestito il ruolo di opponente in una causa di opposizione a decreto ingiuntivo.
Per meglio comprendere il percorso logico-giuridico che conduceva alla decisione in commento, appare opportuno focalizzare taluni passaggi della controversia.
Accadeva che, nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione ex L. n. 130/1999 ed art. 58 del D. Lgs. n. 385/1993, una Banca, in veste di creditrice originaria, cedeva ad una Società, tra gli altri, anche i crediti derivanti da due finanziamenti concessi ad un soggetto privato.
Più tardi, su ricorso di detta Società, il Tribunale di Aosta emetteva decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per capitale, interessi e spese, quale saldo passivo dei menzionati finanziamenti.
L’ingiunto si opponeva al citato provvedimento e, esponendo svariate doglianze, chiedeva che il decreto ingiuntivo de quo, previa sospensione della provvisoria esecutività, venisse revocato e che il giudizio fosse dichiarato improcedibile per carenza del preventivo esperimento della procedura di mediazione obbligatoria.
L’istanza avente ad oggetto la sospensione della provvisoria esecutività dell’ingiunzione veniva rigettata e il Giudice disponeva la sospensione del procedimento per l’esperimento della procedura di mediazione preventiva obbligatoria, che veniva instaurata ritualmente, ma senza esito positivo.
Successivamente, reputate inammissibili e superflue le prove dedotte dalle parti, il Tribunale di Aosta giudicava integralmente infondata l’opposizione in questione ed emetteva una Sentenza dove il decreto ingiuntivo impugnato era confermato e l’opponente subiva la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
Come si è anticipato, parte soccombente proponeva appello contro questa decisione, sulla scorta di due motivi.
Con il secondo motivo di impugnazione, che assume rilievo in relazione al tema trattato in questa sede, l’appellante criticava il comportamento ostruzionistico tenuto dalla controparte in sede di mediazione e, su tale presupposto, domandava alla Corte di tenerne conto ex artt. 88 e 91 c.p.c. ai fini della liquidazione delle spese di lite, sostenendo, altresì, che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità della domanda, stante la condotta di adesione solo formale alla procedura di mediazione, indice di malafede ed intesa ad aggirare l’obbligo di cui all’art. 13 D. Lgs. n. 28/2010.
Nella propria comparsa conclusionale l’appellante richiamava la sopra menzionata Sentenza della Cassazione a Sezioni Unite (in base alla quale “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”), per evidenziare come, nel caso di specie, non fosse stata la controparte ad aver introdotto la mediazione, pur essendovi tenuta e, per di più, nel momento in cui tale incombente aveva avuto luogo a cura dell’opponente, la parte opposta aveva rifiutato di svolgere una concreta trattativa, violando in tal modo lo spirito della norma, con conseguente improcedibilità del giudizio.
Analizzando la censura in questione, la Corte obiettava che, relativamente all’eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione preventiva obbligatoria sollevata in primo grado, il Tribunale aveva dato atto della produzione, ad opera dello stesso opponente, del verbale dell’incontro di mediazione, da cui risultava come detta procedura fosse stata validamente instaurata tra le parti, entrambe presenti alla convocazione dinanzi al mediatore, ed assistite dai rispettivi difensori, sebbene la sola parte opponente avesse dichiarato, in quella sede, di voler entrare nel merito della controversia, mentre la parte opposta aveva dichiarato di non voler aderire all’invito.
Conseguentemente, a parere della Corte, il Giudice di prime cure aveva correttamente ritenuto che l’iter della procedura fosse stato idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1-bis del D. Lgs. n. 28/2010, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2-bis del medesimo provvedimento, il quale recita: “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”, a nulla rilevando a tal fine che una delle parti avesse rifiutato, nel corso di detto incontro, di entrare nel merito della procedura di mediazione.
La Corte osservava, in particolare, che la richiamata pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite, nell’individuare il soggetto gravato dell’onere di promuovere la procedura in questione ai fini di evitare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, non aveva comunque escluso che tale iniziativa potesse essere intrapresa anche dalla controparte, integrando il tal modo la condizione di procedibilità posta dal legislatore.
Coerentemente con quanto affermato, la Corte concludeva che quando il procedimento di mediazione obbligatoria risulta essere stato effettivamente esperito, sebbene dal soggetto non gravato da tale onere, non può essere dichiarata l’improcedibilità della domanda.
Quest’ultima conseguenza, enunciata nella ricordata Sentenza della Suprema Corte, può dunque verificarsi solo nei casi in cui la mediazione non risulta in alcun modo attivata.
Orbene, la decisione della Corte d’Appello di Torino è senz’altro frutto di un condivisibile ragionamento logico-giuridico, anche se, per via delle argomentazioni ivi espresse in materia di avveramento della condizione di procedibilità, essa resta collocata nel solco di quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’inciso “primo incontro” è da intendersi come lo svolgimento della fase preparatoria della mediazione, in cui il mediatore dà le informazioni e chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della procedura.
Di avviso diametralmente diverso sarebbe stato, solo qualche mese più tardi, il Tribunale di Bologna che, decidendo un caso analogo a quello fin qui narrato, con Sentenza n. 1833 del 28/07/2021 dichiarava invece improcedibile la domanda e revocava il decreto ingiuntivo opposto, esprimendo con forza la convinzione che, per considerarsi avverata la condizione di procedibilità, deve ritenersi necessario andare oltre il semplice momento informativo della mediazione, dando ad essa effettivo avvio.
Qualora il procedimento di mediazione obbligatoria abbia avuto luogo, anche se su impulso del soggetto che non è gravato da tale onere, la domanda non può essere dichiarata improcedibile.Invia ad un amico |
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Corte d’Appello di Torino, Prima Sezione Civile, Sentenza n. 416/2021, pubblicata il 13/04/2021A cura del Mediatore Avv. Miriam Zanoli da Bologna.Letto 2401 dal 18/11/2021 |
Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D'APPELLO DI TORINO
SEZIONE I CIVILE
Riunita in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:
Dott. Renata Silva - PRESIDENTE
Dott. Tiziana Maccarrone - CONSIGLIERE
Dott. Gian Paolo Macagno - CONSIGLIERE REL.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1684/2019 R.G.
promossa da:
L.R.V., (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Orlando Navarra (C.F. (...)) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Av. Conseil des Commis n. 24, Aosta.
- APPELLANTE -
Contro
D. SRL UNIPERSONALE, ed in sua vece la procuratrice C.L.S. S.r.l., a sua volta legittimata in virtù di procura rilasciata dall'originaria mandataria C.C.M. S.p.a., in persona del suo direttore generale Dr. R.G.T., rappresentata e difesa dall'Avv. Mario Mancusi (C.F. (...)), e domiciliata presso lo studio dell'avv. Valentina Betti (C.F. (...)) sito in Via Trottechien n. 37, Cap 11100, Aosta.
- APPELLATA -
svolgimento del processo
1. Con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 272/16 (R.G. 602/16) del 31.05.2016, il Tribunale di Aosta condannava l'odierno appellante al pagamento, in favore della D. S.r.l. unipersonale la somma di Euro 27.093,74, oltre interessi e spese della procedura quale saldo passivo di due finanziamenti concessi da U.C.F.B. S.P.A. con i contratti n. (...) in data 7.04.2008 e n. (...) in data 27.10.2008.
2. Con atto di citazione notificato in data 16.09.2016, V.L.R. proponeva opposizione avverso il predetto decreto eccependo, in via preliminare, la carenza di legittimazione attiva della ricorrente in relazione ai crediti di cui era originariamente titolare la predetta Banca, asseritamente ceduti pro soluto alla D. s.r.l. nel contesto di un'operazione di cartolarizzazione ex L. n. 130 del 1999 ed art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, adducendo che detti crediti erano esclusi dalla cessione come risultante dal foglio di inserzione n. 32 della Gazzetta Ufficiale pubblicato il 15.03.2014.
Nel merito, l'opponente:
- contestava la documentazione prodotta quale prova del credito in sede monitoria, assumendo perciò incerta e comunque illiquida la pretesa creditoria avversaria;
- eccepiva la nullità dei contratti di finanziamento prodotti da controparte, non sottoscritti dalla Banca mutuante e comunque contenenti clausole invalide quanto alla pattuizione di interessi e spese di assicurazione.
Chiedeva, pertanto, revocarsi il decreto opposto, previa sospensione della sua provvisoria esecutività, dichiararsi improcedibile il giudizio in carenza di previo esperimento di procedura di mediazione preventiva obbligatoria e dichiararsi comunque la carenza di legittimazione attiva della Società ricorrente opposta.
Chiedeva, inoltre, dichiararsi nulli i contratti di finanziamento allegati da controparte ed in ogni caso nulle le clausole in esso contenute in quanto in contrasto col disposto dell'art. 33 del Codice di consumo; con vittoria delle spese del giudizio.
3. Si costituiva ritualmente in giudizio la D. s.r.l. unipersonale contestando il fondamento delle avverse contestazioni, evidenziando, a conforto della sua legittimazione attiva rispetto alla pretesa creditoria azionata, come essa risultasse compresa nell'operazione di cessione in blocco dei crediti documentata in sede monitoria in quanto relativa a credito già qualificato in sofferenza, come comunicato al debitore con correlativa intimazione di decadenza dal beneficio del termine.
Eccepiva inoltre la genericità delle doglianze esposte dall'opponente, sia in relazione alle spese di assicurazione accessorie ai debiti in contestazione, sia in riferimento ad asserita applicazione di interessi in misura superiore ai tassi soglia di riferimento ex L. n. 108 del 1996.
Chiedeva, pertanto, rigettarsi l'opposizione, con conferma del decreto opposto, ovvero, in via subordinata, condannarsi l'opponente al pagamento di quanto dovuto in forza dei finanziamenti documentati in causa o, in ulteriore subordine, alla restituzione di quanto indebitamente percepito in esecuzione dei contratti prodotti in giudizio; con vittoria delle spese di lite.
4. Rigettata preliminarmente l'istanza formulata dalla parte opponente per la sospensione della provvisoria esecutività dell'ingiunzione opposta, il Giudice disponeva la sospensione del procedimento per l'esperimento della procedura di mediazione preventiva obbligatoria, che veniva quindi instaurata ritualmente, ma senza esito positivo.
Quindi, ritenute inammissibili e superflue le prove dedotte dalle parti, il Tribunale di Aosta, con sentenza n. 84/2019 pubblicata il 12 marzo 2019, rigettava integralmente l'opposizione in esame perché infondata e per l'effetto confermava il decreto ingiuntivo n. 272/2016 emesso in data 31.05.2016 dal Tribunale e condannava V.L.R. al pagamento, in favore della D. s.r.l. unipersonale, delle spese del procedimento, liquidate in complessivi Euro 7.254,00, oltre accessori di legge.
5. Avverso la predetta sentenza proponeva appello V.L.R., formulando due motivi di impugnazione, mediante i quali:
a) sosteneva che D. S.r.l. non aveva provato l'esattezza del proprio credito, in quanto non aveva prodotto i necessari estratti conto integrali; lamentava il mancato accoglimento dell'istanza formulata ex art. 210 c.p.c. e la mancata ammissione della consulenza tecnica contabile richiesta, sostenendo che l'assenza dei documenti richiesti gli avrebbe impedito di effettuare una perizia di parte; eccepiva, infine, l'erronea applicazione, da parte del giudice di prime cure, del principio dell'onere della prova;
b) lamentava il comportamento ostruzionistico tenuto dalla banca in sede di mediazione, chiedendo che la Corte ne tenesse conto ex artt. 88 e 91 c.p.c. ai fini della liquidazione delle spese di lite e comunque sostenendo che il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare l'improcedibilità della domanda, stante la condotta di adesione solo formale alla procedura di mediazione, indice di malafede ed intesa ad aggirare l'obbligo di cui all'art. 13 D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010.
5.1. In esito, chiedeva, in via pregiudiziale, dichiararsi l'improcedibilità della domanda per mancato effettivo esperimento della mediazione obbligatoria.
Nel merito, "previa sospensione dell'esecuzione provvisoria ex art. 649 c.p.c.", l'appellante chiedeva che venisse annullato e revocato il decreto ingiuntivo opposto e respinte le domande proposte dalla banca, con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio e distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore antistatario; in via istruttoria, instava per l'ammissione delle prove dedotte in corso di causa.
6. Si costituiva in giudizio la D. S.r.l. unipersonale contestando i motivi di impugnazione e chiedendo, in via principale, il rigetto dell'appello proposto in quanto inammissibile ed infondato in fatto e in diritto e, per l'effetto, la conferma della sentenza impugnata e, in subordine, l'accoglimento delle domande proposte nei confronti dell'appellante, con vittoria di spese.
7. All'udienza del 21.01.2020 la Corte fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 15.09.2020, all'esito della quale assumeva la causa a decisione, assegnando alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
motivi della decisione
1. Con il primo motivo d'appello V.L.R. sostiene che D. S.r.l. non abbia offerto idonea prova documentale del proprio credito; lamenta altresì il mancato accoglimento dell'istanza formulata ex art. 210 c.p.c. e la mancata ammissione della consulenza tecnica contabile richiesta, sostenendo che l'assenza dei documenti richiesti gli avrebbe impedito di effettuare una perizia di parte; eccepisce, infine, l'erronea applicazione, da parte del giudice di prime cure, del principio dell'onere della prova.
1.1. Il Tribunale di Aosta ha osservato che la D. SRL, oltre ai contratti di finanziamento n. (...) in data 7.04.2008 e n. (...) in data 27.10.2008 (v. docc. n. 2 e 3 allegati al ricorso monitorio) ha prodotto "l'estratto conto completo delle operazioni relative ai due finanziamenti dalla data di stipulazione dei relativi contratti sino alla data di cessione dei crediti da essi nascenti in favore della D. s.r.l., da cui risulta che sono stati applicati in specie interessi corrispettivi e moratori compresi nei limiti fissati con decreti ministeriali 18.03.2008 (per il trimestre aprile-giugno 2008) e 23.06.2008 (per il trimestre luglio-settembre 2008) ex L. n. 108 del 1996, anche tenuto conto della penale, delle commissioni di sollecito e dei costi anche assicurativi del credito" (v. docc. n. 4 e 5 allegati al ricorso monitorio).
Ha pertanto rilevato il primo giudice che "La documentazione così prodotta, non contestata specificamente dalla parte opponente in relazione alle componenti del credito ivi evidenziate, siccome estesa all'intero svolgimento dei rapporti in esame pare esaustiva ai fini della compiuta liquidazione dei crediti esposti, laddove le avverse richieste di documentazione, come già inoltrate anche in sede stragiudiziale all'U. S.p.A. (v. documento n. 14 allegato all'atto di citazione in opposizione), risultano in effetti formulate in termini generici in riferimento ad una massa documentale non individuabile specificamente".
A tale riguardo ha inoltre rilevato come "le istanze di esibizione documentale formulate dall'opponente risultassero in effetti confusamente esposte in relazione ad una pletora di documenti non bene identificabili ("originali delle copie dei contratti..."; "aperture di credito e fideiussione connessi ai conti", "estratti conto mensili e trimestrali"), laddove ex art. 210 c.p.c. è richiesto invece, ai fini dell'ammissibilità dell'istanza, che il Giudice sia posto in grado di valutare la necessità di acquisire i documenti richiesti ai fini del decidere, risultando perciò solo inammissibile l'istanza di esibizione relativa a documenti non compiutamente individuabili".
Dichiarava altresì "inammissibile l'indagine peritale invocata dalla parte opponente per il ricalcolo dell'intero rapporto intercorso tra le parti in relazione ai finanziamenti erogati, non essendo specificamente indicate le poste in discussione ed i motivi di contestazione allegati".
Osservava il giudice di prime cure che l'opponente aveva chiesto l'ammissione di detto mezzo di prova "elencando questioni generiche ed in parte palesemente non conferenti con la natura e qualità dei rapporti in contestazione (cfr. pag. 20 della citazione ove si fa riferimento, fra l'altro a "variazioni di condizioni non concordate", "delta interessi...tra uso piazza e l'interesse legale", "tassi ultrafido"), ovvero comunque enunciate senza riferimento alcuno a specifiche operazioni o fasi della lunga evoluzione dei rapporti in contestazione, non consentendo così l'individuazione delle poste in discussione ai fini di una specifica formulazione dei quesiti di indagine".
Evidenziava il Tribunale di Aosta che, "tenuto conto che la consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di offrire al giudice l'ausilio delle specifiche conoscenze tecnico-scientifiche che si rendono necessarie al fine del decidere, tale mezzo istruttorio - presupponendo che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive richieste - non può essere utilizzato per compiere indagini esplorative dirette all'accertamento di circostanze di fatto, la cui dimostrazione rientri, invece, nell'onere probatorio delle parti", richiamando il consolidato orientamento di legittimità (cfr. Cass civ. Sez. 2, Sentenza n. 212 del 11/01/2006; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 12921 del 23/06/2015).
1.2. L'appellante censura la sentenza di primo grado sia sotto il profilo dell'art. 50 TUB sia sotto il profilo dell'omessa valutazione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e, comunque, per aver leso il diritto di difesa dell'opponente. In particolare, ritiene che l'istanza di cui all'art. 210 c.p.c., contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, fosse specifica, individuabile e soprattutto non correttamente valutata dal giudice di prime cure.
Contesta, poi, la lesione del diritto di difesa, sub specie di inversione dell'onere probatorio, non essendosi tenuto conto del comportamento ostruzionistico della banca che non avrebbe fornito i documenti all'opponente al fine di eseguire una consulenza di parte.
La CTU richiesta, infatti, lungi dall'essere esplorativa rappresenterebbe, ad avviso dell'opponente, l'unico mezzo possibile per dimostrare quanto a livello presuntivo appare già evidente, ovvero un'operazione usuraria in relazione ad interessi e costi non specificamente pattuiti e, se pattuiti, del tutto nulli.
1.3. Le censure sollevate dall'appellante non sono fondate.
È infatti condivisibile la valutazione espressa nella sentenza appellata dal Tribunale di Aosta, che ha ritenuto le contestazioni e le istanze di parte opponente del tutto generiche e come tali inidonee a fondare il richiesto ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e la sollecitata CTU.
A tale riguardo si evidenzia, in primo luogo, la completezza delle produzioni documentali della D. SRL, che comprendono i documenti negoziali e gli estratti riportanti nel dettaglio, per ciascuno dei finanziamenti, oltre alle voci di incasso rate, ogni addebito di spesa previsto dalle condizioni generali di contratto, corredato dei relativi storni se intervenuto l'incasso, nonché gli importi addebitati a titolo di interessi.
Le difese dell'appellante, in gran parte aventi ad oggetto generiche dissertazioni per lo più non pertinenti al caso di specie, non contengono puntuali critiche di quanto affermato dal primo giudice e, segnatamente, non indicano perché i documenti ritenuti dal Tribunale di Aosta completi ed esaurienti al fine della ricostruzione dei rapporti di finanziamento dovrebbero al contrario considerarsi insufficienti (gli estratti conto prodotti vengono definiti "foglietti" o "banali riepiloghi"); né l'appellante ha precisato quale sarebbe la documentazione che ritiene mancante o, comunque, laddove lo ha fatto, ha indicato documenti non pertinenti ai rapporti in discussione, lamentandosi della mancata produzione degli estratti conto mensili e degli estratti conto trimestrali scalari, dai quali si dovrebbero ricavare gli importi della commissione di massimo scoperto, il rispetto della disciplina delle valute, la capitalizzazione degli interessi passivi, verificare se si siano applicati interessi passivi mediante richiami ad uso piazza, et alias, tutte questioni attinenti la disciplina del contratto di conto corrente bancario, laddove nella specie si controverte di contratti di finanziamento.
D'altro canto, già nel giudizio di prime cure l'attuale appellante aveva fatto riferimento a fattispecie non attinenti il caso di specie (contratti di conto corrente - fideiussione - carta di credito - affidamenti bancari) e, condivisibilmente, il Tribunale aveva respinto l'istanza ex art. 210 c.p.c., con cui l'opponente aveva chiesto "di ordinare l'esibizione alla banca degli originali delle copie dei contratti di conto corrente, aperture di credito e fideiussione (non presenti nel caso di specie) connessi ai conti indicati nelle premesse degli atti nonché la produzione degli estratti conto mensili con indicazione della specifica delle operazioni contabilizzate e trimestrali con il conteggio degli interessi scalari mai consegnati all'attore..." (cfr. atto di citazione in opposizione di primo grado).
1.4. Di conseguenza, anche la richiesta di disporre consulenza tecnica d'ufficio non può essere accolta, condividendosi la valutazione negativa del primo giudice.
La consulenza d'ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo essa la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, e pertanto deve avere ad oggetto accertamenti per quanto possibile specifici, poiché un quesito eccessivamente generico conduce ad una indagine meramente esplorativa alla ricerca di elementi, fatti e circostanze non provati, e quindi inammissibile (in questo senso, oltre alle pronunce richiamate nella sentenza appellata, v. Cass. 12.2.2008 n. 3374; Cass. ord. n. 26839/2016).
Nella specie, inoltre, l'indagine peritale è diretta a dimostrare l'applicazione di interessi usurari (v. atto di appello pag. 16), eventualità esclusa dal primo giudice con analitica motivazione (come sopra riportato), che non è stata oggetto di specifica censura da parte dell'appellante.
Il motivo è pertanto infondato e non può essere accolto.
2. Con il secondo motivo d'impugnazione, V.L.R. lamenta che la società appellata avrebbe tenuto, in sede di mediazione, un comportamento ostruzionistico: chiede l'appellante che la Corte ne tenga conto ex artt. 88 e 91 c.p.c. ai fini della liquidazione delle spese di lite, e comunque sostiene che il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare l'improcedibilità della domanda, stante la condotta di adesione solo formale alla procedura di mediazione, indice di malafede ed intesa ad aggirare l'obbligo di cui all'art. 13 D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010.
Nella comparsa conclusionale l'appellante ha inoltre richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 19596 del 18.09.2020 (ove si afferma che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, della pronuncia di improcedibilità e della revoca del decreto ingiuntivo), evidenziando come la D. S.r.l. Unipersonale non abbia introdotto la mediazione pur essendovi tenuta e si sia altresì rifiutata di svolgere una concreta trattativa a seguito dell'introduzione della stessa da parte dell'appellante, violando in tal modo lo spirito della norma, con conseguente improcedibilità del giudizio.
Il motivo è infondato.
2.1. A fronte dell'eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione preventiva obbligatoria, sollevata in primo grado, il Tribunale ha rilevato che lo stesso opponente aveva prodotto il verbale dell'incontro di mediazione tenutosi il 19.09.2017, da cui risultava come detta procedura fosse stata validamente instaurata tra le parti, entrambe presenti alla convocazione dinanzi al mediatore, ed assistite dai rispettivi difensori, sebbene la sola parte opponente avesse dichiarato, in quella sede, di voler entrare nel merito della controversia, mentre la parte opposta aveva dichiarato di non voler aderire all'invito.
2.2. Il Tribunale ha correttamente ritenuto che l'iter della procedura fosse stato idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1 - bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2 - bis del medesimo provvedimento, secondo cui "quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo", a nulla rilevando a tal fine che una delle parti avesse rifiutato, nel corso di detto incontro, di entrare nel merito della procedura di mediazione.
Pertanto, essendo stato effettivamente esperito il procedimento di mediazione, sebbene dal soggetto non gravato da tale onere, non ne può essere conseguita l'improcedibilità della domanda: infatti, la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, nell'individuare il soggetto gravato dell'onere di promuovere la procedura in esame onde evitare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, non esclude che tale iniziativa possa essere intrapresa anche dalla controparte, integrando il tal modo la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1 - bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2 - bis del medesimo provvedimento. Tanto meno, la condotta tenuta dalla società appellata in sede di mediazione può essere valutata negativamente ai fini della liquidazione delle spese di lite, anche in considerazione della inconsistenza delle contestazioni dell'attuale appellante.
3. In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto, con conferma dell'appellata sentenza n. 84/2019 del Tribunale di Aosta.
Consegue, ex art. 91 c.p.c., la condanna dell'appellante al rimborso delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate con riferimento ai valori medi del relativo scaglione previsto dal D.M. n. 55 del 2014 (da Euro 26.001 ad Euro 52.000), dovendosi escludere il compenso per la fase istruttoria (non svolta) e per quella decisionale, non avendo parte appellata depositato gli scritti conclusivi.
Sussistono altresì i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 - quater del D.P.R. n. 115 del 2002 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all'importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione
P.Q.M.
definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 1684/2019 R.G., la Corte d'Appello di Torino, Prima Sezione Civile, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, così decide:
RESPINGE l'appello proposto da L.R.V. avverso la sentenza n. 84/2019 del Tribunale di Aosta, pubblicata il 12 marzo 2019, che integralmente conferma.
CONDANNA parte appellante al rimborso, in favore di D. S.R.L. UNIPERSONALE, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 3.310,00 di cui Euro 1.960,00 per la fase di studio e Euro 1.350,00 per la fase introduttiva, oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA sulle somme imponibili;
DICHIARA la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 - quater del D.P.R. n. 115 del 2002 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all'importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.
Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio della I Sezione Civile in data 12 marzo 2021.
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2021.
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