E’ improcedibile la domanda giudiziale se la convocazione in mediazione inviata ad un indirizzo errato e/o ad una pec non corretta.

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Avv. Carlotta  Calabresi

Tribunale di Benevento, 06.04.2023, sentenza n. 845, Giudice Estensore Antonietta Genovese

A cura del Mediatore Avv. Carlotta Calabresi da Roma.
Letto 392 dal 31/07/2024

Commento:

Il caso in esame riguarda una vertenza in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale l’opponente chiedeva in via preliminare che venisse disposta la mediazione obbligatoria.

In merito, il Tribunale ha così statuito:
  • il finanziamento è materia soggetta all'espletamento della procedura di mediazione obbligatoria, in quanto specificamente individuata dall'art. 5 D.Lgs. 20/2010;
  • la comunicazione di avvio del procedimento di mediazione deve essere portata a conoscenza del diretto interessato “con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione” ex art. 8 D.Lgs. n. 28/2010;
  • nel caso di specie, la notifica effettuata da parte opponente alla controparte contiene l'indicazione errata della sede della società e, pertanto, non appare adeguata al raggiungimento dello scopo;
  • inoltre, l'avviso di convocazione veniva notificato mediante pec ad un indirizzo non corretto, e non associabile, di conseguenza, alla convenuta;
  • non risulta espletata la procedura di mediazione.
Per tali ragioni, il Tribunale ha ritenuto improcedibile la domanda in virtù del mancato espletamento della relativa procedura. *

Testo integrale:

 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI BENEVENTO
 
Il Tribunale di Benevento, in persona del G.U., Dott. Antonietta Genovese, ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
Nella causa civile iscritta al n. 4930 R.G.A.C., anno 2020, avente ad oggetto: contratti bancari, passata in decisione nell'udienza del 09.01.2023, vertente
TRA xxx Opponente
E
xxx Opposta.

Conclusioni: le parti hanno concluso come da verbale di udienza del 09.01.2023, da intendersi qui interamente trascritto xxx  del processo Con atto di citazione notificato il 12.11.2020 xxx  proponeva opposizione avverso il D.I. n. 1120/2020 (R.G. 3674/2020), con cui le veniva ingiunto il pagamento della somma di € 6.900,00, a titolo di rate insolute, da versare in favore della xxx - s.p.a. in scioglimento. A sostegno della propria opposizione, la xxx - asseriva che, in data 27.02.2013, riceveva dalla xxx - la somma di € 8.000,00 in contanti; in pari data sottoscriveva scrittura privata di riconoscimento del debito, impegnandosi alla restituzione di € 16.000,00 entro il 31.01.2017, mediante n. 13 rate garantite da cambiali. Parte opponente deduceva trattarsi di un contratto dissimulato (riconoscimento del debito con scrittura privata) rispetto al contratto realmente voluto dalle parti, cioè il contratto simulato (contratto di finanziamento personale). Dunque chiedeva, in via preliminare, disporre la mediazione obbligatoria; nel merito, dichiarata la nullità del xxx - opposto, formulava domanda riconvenzionale, chiedendo accertare la simulazione del riconoscimento del debito in luogo di un contratto di finanziamento usurario; insisteva affinché fosse accertata e dichiarata l'applicazione di tessi di interessi usurari e la conseguente gratuità della pattuizione degli interessi, ai sensi dell'art. 1815 c.c., condannando la xxx - al risarcimento del danno patrimoniale e non ed alla restituzione della somma di € 1.100,00, illegittimamente versati dalla xxx - oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Si costituiva in giudizio la xxx - s.p.a. impugnando gli avversi motivi di opposizione, chiedendone il rigetto. Venivano concessi i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c. Svolta l'istruttoria, riconosciuta l'inammissibilità e la superfluità delle prove testimoniali articolate, all'udienza del 09.01.2023 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
Motivi della decisione
Occorre soffermarsi sull'eccepita improcedibilità della domanda riconvenzionale.
La domanda ha ad oggetto l'accertamento della simulazione di un riconoscimento del debito ed è volta alla verifica della sussistenza ed efficacia, tra le sole parti, del contratto di finanziamento dissimulato.
 Si osserva che il finanziamento è materia soggetta all'espletamento della procedura di mediazione obbligatoria, in quanto specificamente individuata dall'art. 5 D.Lgs. 20/2010.
La domanda, dunque, risulta improcedibile in virtù del mancato espletamento della relativa procedura. Invero, la comunicazione di avvio del procedimento di mediazione deve essere portata a conoscenza del diretto interessato “con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione” ex art. 8 D.Lgs. n. 28/2010.
Nella fattispecie, la notifica, effettuata da parte opponente alla controparte, contente l'indicazione errata della sede della società (nello specifico, l'indirizzo via del xxx - invece di via xxx - non appare adeguata al raggiungimento dello scopo. L'avviso di convocazione veniva notificato mediante pec ad un indirizzo non corretto, e non associabile, di conseguenza, alla xxx  s.p.a.
Inoltre, è necessario considerare che, anche qualora la procedura di mediazione fosse stata correttamente disposta, la domanda riconvenzionale sarebbe risultata infondata. Ciò che caratterizza la simulazione è il c.d. accordo simulatorio, ossia l'intesa tra i simulanti che il contratto stipulato è puramente fittizio ed inidoneo a produrre gli effetti a cui è preordinato. Nella specie ricorrerebbe un'ipotesi di simulazione relativa in base a cui le parti, mediante accordo interno, avrebbero convenuto che il contratto simulato non avrebbe prodotto tra loro alcun effetto, mentre avrebbe avuto efficacia il contratto dissimulato, cioè un diverso negozio realmente voluto. In diritto, l'art. 1414 comma 2 c.c. stabilisce che “se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato”, subordinando tale efficacia alla sussistenza dei presupposti di validità di quest'ultimo: devono ricorrere i requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge.
Per cui, sul piano probatorio, chi agisce per l'accertamento della simulazione afferma l'esistenza di un patto contrario, ossia l'accordo simulatorio, volto a negare gli effetti del contratto simulato. Pertanto, la parte che allega l'esistenza del contratto dissimulato deve produrre in giudizio una controdichiarazione o comunque un documento che attesti la simulazione e, quindi, l'effettivo accordo intercorso.
La prova dell'accordo simulatorio non può essere fornita mediante testimoni, non trovando applicazione l'art. 2724 c.c., né è possibile ricorrere ad altro mezzo, come le presunzioni, salvo si intenda far valere l'illiceità del contratto dissimulato, trattandosi di prova fornita dalle parti contraenti.
Dunque, volendo ammettere un'analisi nel merito della domanda riconvenzionale, l'opponente non ha prodotto alcuna documentazione (c.d. controdichiarazione) comprovante un patto interno tra le parti, in grado di attestare una distinta volontà tesa alla produzione degli effetti di un contratto di finanziamento. Proprio con riferimento al finanziamento personale, la xxx riconosceva, mediante scrittura privata del 27.02.2013, di essere debitrice della somma di € 16.000,00, portata da rate erogate e non onorate (all.8, fascicolo parte opposta).
La ricognizione di debito non costituisce autonoma fonte di obbligazione, tuttavia, produce un effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, che, determinando un'astrazione processuale, dispensa il destinatario della dichiarazione dall'onere di provare quel rapporto, salvo prova contraria (Cass. civ. ord. n. 24451/2020).
Nel caso di specie, la scrittura privata di ricognizione del debito presuppone un preesistente rapporto di finanziamento personale, di cui non è prodotta relativa documentazione contrattuale. Il rilievo non risulta, in realtà, di poco conto ove si osservi che, ai sensi dell'art. 117 TUB, il difetto di forma scritta è sanzionato con la nullità del contratto. Il punto appare controverso, considerato che la xxx - ad ogni modo, riconosceva di aver ricevuto il prestito di una somma di denaro.
Stante pur sempre l'operatività di un'astrazione processuale nel caso concreto, la questione può essere risolta alla luce della disciplina prevista ai sensi dell'art. 1424 c.c. Infatti, “i contratti di deposito a risparmio stipulati da un soggetto professionalmente dedito all'attività di raccolta del risparmio tra il pubblico ed all'esercizio del credito, ma privo dell'autorizzazione prescritta dall'art. 14 del d.lgs. n. 385 del 1993, sono nulli ai sensi dell'art. 1418, primo comma, cod. civ.; pertanto, i detti contratti possono essere convertiti, ex art. 1424 cod. civ., ove, in presenza dei requisiti di forma e di sostanza degli ordinari contratti di mutuo o di deposito irregolare, risulti accertata l'ipotetica volontà delle parti” (Cass. civ. m. 4760/2018).
Dandone applicazione, dalla questione di fatto, nonché dalla documentazione agli atti, emerge una chiara volontà di entrambe le parti di addivenire alla formulazione di un prestito personale che, alla luce dei rilievi suddetti, non veniva concesso da un istituto autorizzato all'esercizio di attività bancaria, ma da una società esercente un'attività di concessione di finanziamenti e mutui.
Ne consegue che, vigendo, in tal caso, il principio della libertà della forma, non è specificamente richiesta la forma scritta ad substantiam.
Tanto vale a consolidare il pieno valore probante della scrittura privata di riconoscimento del debito, derivante da un finanziamento personale.
In altri termini, la scrittura privata del 27.02.2013 ammette l'individuazione di un'obbligazione preesistente, seppure in mancanza, di fatto, della produzione in giudizio del contratto di finanziamento, di cui non è richiesta la forma scritta, in quanto si tratta di prestito concesso da una società non esercente attività bancaria.
L'opposta, pertanto, si impegnava alla concessione di un prestito personale della somma di € 16.000,00, in favore della xxx xxx  la quale, riconosciutasi debitrice, chiedeva una rateizzazione dell'importo residuo ancora da versare. Tanto chiarito, parte opponente eccepiva, inoltre, l'applicazione, nell'ipotesi concreta, di un tasso di interesse superiore alla soglia usuraria. Deve osservarsi che, stante la mancanza agli atti del contratto, la xxx - non ha fornito alcuna prova alternativa della discrepanza tra xxx - contrattuale e xxx - effettivo. Si ricorda che, sul punto, non è sufficiente la mera contestazione dell'applicazione di tassi superiori a quelli previsto dalla L. n. 108/1996.
Chi ne eccepisce l'esistenza deve provare l'avvenuto superamento dello specifico tasso soglia, fornendo tutti gli elementi utili alla determinazione del tasso, tra cui il decreto ministeriale applicabile al periodo di riferimento e le rilevazioni aventi ad oggetto i tassi soglia vigenti per periodo (Cass. civ. n. 8742/2001; n. 15065/2014).
Colui il quale “contesti il superamento dei tassi soglia ha l'onere di indicare in modo specifico in che termini sarebbe avvenuto tale superamento (…)” (Roma sen. n. 19098/2015).
Nel caso di specie, tale onere di allegazione non è stato adempiuto da parte opposta, la quale si è limitata ad una contestazione del tutto generica, indicando un tasso reale del 31,74% a fronte di un tasso soglia del 19,3625%.
Non è agile comprendere le modalità di calcolo, che risultano approssimative e prive di effettivi riscontri. Il tasso di interesse reale è ricavabile solo sottraendo il tasso di inflazione dal xxx - indici assenti nella scrittura privata e non provati diversamente; così, in alcun modo viene specificato il piano di ammortamento di un prestito offerto ad un determinato tasso, laddove richieda l'indicazione, per ogni rata, della quota capitale rimborsata, della quota di interesse corrisposta e del debito residuo.
Risulta evidente che l'eccezione formulata da parte opposta non possa essere accolta, in mancanza di indicatori determinati e circostanziati in rapporto al decreto ministeriale applicabile al periodo di riferimento.
Concludendo, l'opposizione, come formulata, non può essere accolta. L'opposta risulta ancora debitrice, ad oggi, nei confronti della xxx  s.p.a., della somma di € 6.900,00 a titolo di rate non saldate.
Ne consegue che il decreto ingiuntivo opposto debba essere confermato integralmente.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
 
il Tribunale di Benevento, definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta da xxx avverso il D.I. n. 1120/2020 (R.G. 3674/2020) emesso in favore della xxx s.p.a., così provvede:
1) Rigetta l'opposizione e per l'effetto conferma il D.I. n. 1120/2020 e lo dichiara esecutivo;
2) Condanna l'opponente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 900,00 per la fase di studio; € 700,00 per la fase introduttiva; € 1.600,00 per la fase istruttoria; € 1.700,00 per la fase decisionale; oltre rimborso forfettario spese generali; spese di mediazione pari a € 62,16; IVA e CPA come per legge, da versarsi in favore dell'avv. xxx che si è dichiarato antistatario.

Benevento, il 04.04.2023

Il Giudice Dott.ssa A. Genovese

La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione della dott.ssa xxx addetto all'xxx per il processo
 

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Chi è l'autore
Avv. Carlotta  Calabresi Mediatore Avv. Carlotta Calabresi
Dopo diversi anni di esperienza in studi legali italiani ed internazionali e di ricerca universitaria che coltivo tuttora (Luiss Guido Carli, Università Politecnica delle Marche, Università di Urbino), nel 2010 mi sono avvicinata a questa nuova professione introdotta in Italia grazie alla direttiva UE 52/2008 e ho trovato una strada consona alla mia natura pacifica, sempre alla ricerca della soluzione equilibrata e di buon senso.

In questi 14 anni ho visto cambiare la mentalità di avvocati e...
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