La procedura di mediazione civile e commerciale, istituto giuridico introdotto in Italia con il D.Lgs 28/2010, è una tecnica si risoluzione delle controversie relative a diritti disponili alternativa al processo civile.
La mediazione è definita dal legislatore come "l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” (d.m. Giustizia 4.3.2010 n. 180- art. 1 d.lgs 28/2010 e s.m.).
A tal fine la normativa prevede che il mediatore abbia la possibilità di avvalersi di figure che possiedono specifiche competenze tecniche, tra esperti iscritti negli albi dei Tribunali, per lo svolgimento di una perizia, evitando che a causa di un dubbio inerente questioni tecniche possa sfumare al composizione della controversia e conseguentemente l'accordo.
L'uso delle perizie e della consulenza tecnica è previsto dall'art. 8. comma 4 D.Lgs n.28/2010 che dispone "Quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti".
Poichè in mediazione la volontà delle parti è sovrana il mediatore non può imporre alle medesime la nomina di un consulente tecnico, le parti devono quindi essere concordi nella nomina di un perito. Non solo, le parti devono indicare le caratteristiche dell'esperto da designare e formulare il quesito da sottoporre al medesimo tramite i rispettivi legali.
L'esperto deve essere scelto nell'elenco dei periti del tribunale territorialmente competente, salva la possibilità di derogare tale competenza dietro accordo delle parti. Le parti sono solidalmente responsabili del pagamento del compenso dell'esperto, così come delle spese ed indennità di mediazione.
Il consulente tecnico nel procedimento di mediazione è considerato soggetto terzo ed imparziale come il Mediatore e assume un ruolo peculiare prestando la propria opera in merito al quesito tecnico sottosposto alla sua attenzione.
Il perito, pertanto, poichè terzo, dovrebbe essere considerato tra i soggetti ai quali è imposto il dovere di riservatezza e segreto professionale con inutilizzabilità delle dichiarazioni e valutazioni svolte (ex art. 9-10 D.Lgs n. 28/2010).
Si pone quindi il problema di quale efficacia abbia la perizia, ovvero quale sia l'utilizzabilità nell'eventuale successivo giudizio; dottrina e giurisprudenza sono giunte a varie soluzioni.
Parte della dottrina propone l'inutilizzabilità della relazione salvo diverso accordo delle parti, inserendo le valutazioni del consulente tecnico nel novero delle informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione e pertanto inutilizzabili.
Talchè la prassi degli organismi di mediazione e dell'Organismo di Mediazione 101 Mediatori (che si conforma all'indicazione della giurisprudenza e della buona prassi) è quella di prevedere e specificare nel verbale di conferimento dell'incarico al consulente tecnico se la perizia sarà da ritenersi riservata o producibile in giudizio.
La giurisprudenza in caso di mancanza di tale previsione è orientata a ritenere la perizia non riservata, perchè frutto di una valutazione tecnica di un soggetto terzo elaborata tramite elementi oggettivi (Trib. Roma, XIII sez., ord. del 17.3.2014 dr. Moriconi).
Le ultime e più recenti pronunce giurisprudenziali si orientano verso l'utilizzabilità dell'elaborato tecnico nel successivo giudizio limitando la possibilità di utilizzare solo quanto viene detto o prodotto in mediazione dal consulente tecnico.
Il Tribunale di Roma, sez XIII, con ordinanza del 17 marzo 2014, ha affrontato per la prima volta le criticità connesse all'ammissibilità ed efficacia dell'elaborato tecnico nel successivo giudizio.
Precisamente secondo l'organo giudicante "la relazione redatta dal consulente tecnico nel corso di un procedimento di mediazione, che si concluda senza accordo può essere prodotta nel successivo giudizio ad opera di una delle parti senza violare le regole sulla riservatezza, in virtù di un equilibrato contemperamento fra la citata esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all'interno di tale procedimento. Ne consegue che il Giudice potrà utilizzare tale relazione come prova atipica valutabile secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti più che per fondare la sentenza per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio".
Nell'ordinanza succitata, ad opera del dr. Moriconi del tribunale di Roma inoltre si legge: "ritiene il giudice, alla luce delle precedenti considerazioni ed in un'ottica di equilibrato contemperamento fra l'esigenza, nei limiti in cui è normata, di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all'interno del procedimento, di poter dichiarare legittima ed ammissibile la produzione nella causa alla quale pertiene la mediazione, dell'elaborato del consulente tecnico esterno. Limitatamente, ove occorra rilevarlo, agli aspetti ed ai contenuti che siano strettamente corrispondenti al compito accertativo che gli sia stato affidato".
Tale provvedimento ha limitato l'inammissibilità alle dichiarazioni e informazioni che le parti abbiano fornito all'inteno del procedimento di mediazione (a chicchessia dei soggetti presenti nel procedimento) ritenendo invece ammissibile e producibile la cosulenza nel giudizio, depurata da tali informazioni che, se presenti, devono essere stralciate.
Ribadisce il Giudice "nessuna norma del decreto legislativo 28/2010 fa divieto dell'utilizzo nella causa della relazione dell'esperto, fermo restando il generale obbligo di risevatezza".
Nella medesima ordinanza il Giudice ha specificato che l'elaborato non può essere parificato ad una CTU ma ad una prova atipica perchè non disposta, diretta e controllata dal giudice e perchè l'esperto in mediazione non è ausiliario del giudice. Pertanto il Giudice potrà utilizzare la perizia meno frequentemente per fondarvi la sentenza, più spesso per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio.
Va segnalata un’altra Ordinanza del 13 marzo 2015 Tribunale di Parma, dr.ssa A. Chiari, nella quale il Giudice va ancora oltre, rilevando che "la circostanza che la perizia disposta dal mediatore sia o meno rituale non inificia l’attendibilità dell’esame condotto dal consulente, il quale veniva a ciò incaricato non dalla parte ma da un terzo estraneo alla lite quale è l’Organismo di Mediazione“. Nel caso in esame la perizia era stata disposta dall’organismo di mediazione in contumacia di una parte, quindi in mancanza di contraddittorio. Malgrado ciò il Giudice l’ha ritenuta utilizzabile, evidenziandone il valore probatorio.
Il fatto che il perito sia stato incaricato da un soggetto terzo, imparziale, estraneo alla lite quale il mediatore è stato ritenuto dal Giudice elemento sufficiente a garantirne l’attendibilità dell‘elaborato, la terzietà e l’imparzialità del perito e la sua equidistanza dalle parti.
Anche in questo caso la dr.ssa Chiari ha utilizzato l’elaborato come prova atipica "valutandolo secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti“ per trarne argomenti ed elementi utili al fine di disporre un sequestro conservativo.
Va ancora oltre il Tribunale di Roma, ordinanza del 9 aprile 2015, il dr. Moriconi nel confermare che "la mediazione può essere validamente svolta anche senza la presenza della parte convocata“ ed in merito alla "utilizzabilità della perizia svolta in mediazione“ precisa “la possibilità che la relazione, ove l’accordo in mediazione non sia stato raggiunto, possa essere validamente prodotta nella causa da una delle parti, è ammessa sia nel caso in cui le parti abbiano preventivamente, all’atto della richiesta al mediatore di una nomina di un esperto, acconsentito a tale utilizzo (che sarà in questo caso tout court), e sia in caso di silenzio delle parti su questo punto, ma alle condizioni, per gli effetti e con i limiti che la giurisprudenza ha elaborato al riguardo“ (cfr. Ord.17.3.2014 Tribunale Civile di Roma giudice Moriconi).
Il Giudice prosegue specificando che "non vi sono valide ragioni per escludere la possibilità che anche in assenza (per mancanza di adesione e partecipazione) della parte convocata, possa essere disposta una consulenza da parte del mediatore richiestone dal solo istante presente“ poichè "la mancata presenza della parte convocata non può di per sè costituire impedimento all’espletamento di un’attività espressamente prevista come fattibile in mediazione“ (quando la parte convenuta è stata regolarmente convocata ed il contraddittorio garantito).
Il Giudice evidenzia nuovamente come la nomina del perito da parte del mediatore ne garantisca terzietà ed imparzialità "l’espletamento della consulenza avviene mediante la scelta dell’esperto ad opera dell’organismo di mediazione e specificamente del mediatore, il che non rende equiparabile la consulenza in mediazione alla consulenza di parte nella quale il rapporto fra l’esperto e la parte è evidentemente quello di un incarico commissionato dal cliente al professionista non certo l’obiettivo di accertare tout court la verità dei fatti“.
L’organo giudicante evidenzia un’altra caratteristica particolare del procedimento di mediazione, che "in presenza di un accertamento tecnico ben effettuato, da parte di un professionista iscritto nell’albo dei CTU del tribunale, il mediatore e la parte presente possono studiare e porre in essere ulteriori attività dirette a riattivare il dialogo con la parte assente, ad esempio con l’invio alla medesima della relazione, con l’invito a esaminare il contenuto e a partecipare ad un incontro, all’uopo fissato, per discutere se e quali possibilità possano trarsi da questo nuovo scenario“
Da ultimo ma non per ultimo va segnalata l’ordinanza del 16 luglio 2015, sempre sez. XIII, nella quale il Giudice, dr. Moriconi, propone alle parti di svolgere una mediazione volontaria, suggerendo di richiedere, in quella sede, una consulenza tecnica.
Il Giudice, nel ragionare con i legali delle parti, sull’opportunità di svolgere una mediazione segnalava le seguenti circostanze: "-La possibilità di nomina di un consulente nel procedimento di mediazione è prevista dalla legge, -. Anche nel caso di mancato accordo, la consulenza in mediazione ed in particolare la relazione dell’esperto elaborata e depositata in quel procedimento non è un atto privo di utilità successive, potendo essere prodotto ed utilizzato nella causa che segue alle condizioni, nei limiti e per gli effetti che la giurisprudenza ha elaborato, -. Le parti potranno sottoporre al consulente, di comune accordo, mediante la fattiva presenza e collaborazione del mediatore, i quesiti che meglio rispondano agli interessi coinvolti nella lite; -. I costi della consulenza in mediazione, che le parti sopporteranno in pari misura, anche tenuto conto delle modeste indennità di mediazione previste dalle norme, sono senz’altro più vantaggiosi (e prevedibili, attesa la possibilità di previa interlocuzione con l’organismo, di cui è impensabile una corrispondente in sede giudiziale) rispetto a quelli della causa; -. I temi di svolgimento e conclusione del percorso di mediazione (neppure soggetta a sospensione feriale) sono più brevi, disponbibili dalle parti emeno formali di quelli del procedimento giudiziale; -. -. La possibilità, least but non last, che il consulente in mediazione, compensato in ogni caso a forfait per il suo lavoro, secondo le usuali convenzioni che i migliori organismi di mediazione intrattengono con i consulenti, possa operare realmente ai fini conciliativi, sviluppando un’utile sinergia con il mediatore“.
Pertanto nuovamente il Giudice assimila la relazione peritale della mediazione alla consulenza tecnica resa in altro giudizio, ma l'utilizzabilità opera se sia stato rispettato il principio del contraddittorio fra le parti del giudizio (coincidenti con quelle di mediazione), vi sia il consenso sulle dichiarazioni delle parti e se vi sia stato rispetto dei quesiti formulati.
Le ordinanze in esame hanno creato un indirizzo giurisprudenziale che ammette anche la consulenza contumaciale e la sua utilizzabilità nel successivo eventuale giudizio.
Nella consulenza disposta nella mediazione il perito dovrà omettere di riferire le informazioni acquisite dalle parti nel corso del procedimento di mediazione, che, se non omesse, devono essere stralciate dal giudice.
Alcuni tipi di elaborati tecnici contengono la sola indicazione di dati tecnici ed oggettivi, senza dichiarazioni delle parti e pertanto mantengono per intero la loro validità. Questo tipo di relazioni possono essere utilizzate nel giudizio venendo liberamente valutate dal giudice.
Altri tipi di elaborati tecnici contengono oltre alla parte oggettiva anche una parte soggettiva inerente dichiarazioni fornite dalla parte periziata (nella perizia medico-legale il soggetto riferisce la sintomatologia soggettiva), tali perizie non possono non contenere le dichiarazioni della parte pertanto potranno essere utilizzate dal giudice, previo stralcio delle parti contenenti le dichiarazioni, saranno liberamente valutate ma con meno valenza perchè mutilate di una componente essenziale. In tali casi il giudice pur valutando la perizia dovrà disporre una CTU in giudizio.
La giurisprudenza richiamata evidenzia la convenienza a partecipare al procedimento di mediazione che viene elevato e parificato agli altri giudizi con il vantaggio per le parti di affrontare prevedibili e minori costi rispetto a quelli della causa, di sottoporre al consulente i quesiti che meglio rispondano agli interessi coinvolti nella lite e di ridurre i tempi di per la soluzione della controversia.
Il consulente ed il mediatore in mediazione operano realmente ai fini conciliativi poichè la sinergia fra i due facilita le parti nel raggiungimento di un accordo soddisfacente per entrambi.
La mediazione è definita dal legislatore come "l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa” (d.m. Giustizia 4.3.2010 n. 180- art. 1 d.lgs 28/2010 e s.m.).
A tal fine la normativa prevede che il mediatore abbia la possibilità di avvalersi di figure che possiedono specifiche competenze tecniche, tra esperti iscritti negli albi dei Tribunali, per lo svolgimento di una perizia, evitando che a causa di un dubbio inerente questioni tecniche possa sfumare al composizione della controversia e conseguentemente l'accordo.
L'uso delle perizie e della consulenza tecnica è previsto dall'art. 8. comma 4 D.Lgs n.28/2010 che dispone "Quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti".
Poichè in mediazione la volontà delle parti è sovrana il mediatore non può imporre alle medesime la nomina di un consulente tecnico, le parti devono quindi essere concordi nella nomina di un perito. Non solo, le parti devono indicare le caratteristiche dell'esperto da designare e formulare il quesito da sottoporre al medesimo tramite i rispettivi legali.
L'esperto deve essere scelto nell'elenco dei periti del tribunale territorialmente competente, salva la possibilità di derogare tale competenza dietro accordo delle parti. Le parti sono solidalmente responsabili del pagamento del compenso dell'esperto, così come delle spese ed indennità di mediazione.
Il consulente tecnico nel procedimento di mediazione è considerato soggetto terzo ed imparziale come il Mediatore e assume un ruolo peculiare prestando la propria opera in merito al quesito tecnico sottosposto alla sua attenzione.
Il perito, pertanto, poichè terzo, dovrebbe essere considerato tra i soggetti ai quali è imposto il dovere di riservatezza e segreto professionale con inutilizzabilità delle dichiarazioni e valutazioni svolte (ex art. 9-10 D.Lgs n. 28/2010).
Si pone quindi il problema di quale efficacia abbia la perizia, ovvero quale sia l'utilizzabilità nell'eventuale successivo giudizio; dottrina e giurisprudenza sono giunte a varie soluzioni.
Parte della dottrina propone l'inutilizzabilità della relazione salvo diverso accordo delle parti, inserendo le valutazioni del consulente tecnico nel novero delle informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione e pertanto inutilizzabili.
Talchè la prassi degli organismi di mediazione e dell'Organismo di Mediazione 101 Mediatori (che si conforma all'indicazione della giurisprudenza e della buona prassi) è quella di prevedere e specificare nel verbale di conferimento dell'incarico al consulente tecnico se la perizia sarà da ritenersi riservata o producibile in giudizio.
La giurisprudenza in caso di mancanza di tale previsione è orientata a ritenere la perizia non riservata, perchè frutto di una valutazione tecnica di un soggetto terzo elaborata tramite elementi oggettivi (Trib. Roma, XIII sez., ord. del 17.3.2014 dr. Moriconi).
Le ultime e più recenti pronunce giurisprudenziali si orientano verso l'utilizzabilità dell'elaborato tecnico nel successivo giudizio limitando la possibilità di utilizzare solo quanto viene detto o prodotto in mediazione dal consulente tecnico.
Il Tribunale di Roma, sez XIII, con ordinanza del 17 marzo 2014, ha affrontato per la prima volta le criticità connesse all'ammissibilità ed efficacia dell'elaborato tecnico nel successivo giudizio.
Precisamente secondo l'organo giudicante "la relazione redatta dal consulente tecnico nel corso di un procedimento di mediazione, che si concluda senza accordo può essere prodotta nel successivo giudizio ad opera di una delle parti senza violare le regole sulla riservatezza, in virtù di un equilibrato contemperamento fra la citata esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all'interno di tale procedimento. Ne consegue che il Giudice potrà utilizzare tale relazione come prova atipica valutabile secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti più che per fondare la sentenza per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio".
Nell'ordinanza succitata, ad opera del dr. Moriconi del tribunale di Roma inoltre si legge: "ritiene il giudice, alla luce delle precedenti considerazioni ed in un'ottica di equilibrato contemperamento fra l'esigenza, nei limiti in cui è normata, di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all'interno del procedimento, di poter dichiarare legittima ed ammissibile la produzione nella causa alla quale pertiene la mediazione, dell'elaborato del consulente tecnico esterno. Limitatamente, ove occorra rilevarlo, agli aspetti ed ai contenuti che siano strettamente corrispondenti al compito accertativo che gli sia stato affidato".
Tale provvedimento ha limitato l'inammissibilità alle dichiarazioni e informazioni che le parti abbiano fornito all'inteno del procedimento di mediazione (a chicchessia dei soggetti presenti nel procedimento) ritenendo invece ammissibile e producibile la cosulenza nel giudizio, depurata da tali informazioni che, se presenti, devono essere stralciate.
Ribadisce il Giudice "nessuna norma del decreto legislativo 28/2010 fa divieto dell'utilizzo nella causa della relazione dell'esperto, fermo restando il generale obbligo di risevatezza".
Nella medesima ordinanza il Giudice ha specificato che l'elaborato non può essere parificato ad una CTU ma ad una prova atipica perchè non disposta, diretta e controllata dal giudice e perchè l'esperto in mediazione non è ausiliario del giudice. Pertanto il Giudice potrà utilizzare la perizia meno frequentemente per fondarvi la sentenza, più spesso per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio.
Va segnalata un’altra Ordinanza del 13 marzo 2015 Tribunale di Parma, dr.ssa A. Chiari, nella quale il Giudice va ancora oltre, rilevando che "la circostanza che la perizia disposta dal mediatore sia o meno rituale non inificia l’attendibilità dell’esame condotto dal consulente, il quale veniva a ciò incaricato non dalla parte ma da un terzo estraneo alla lite quale è l’Organismo di Mediazione“. Nel caso in esame la perizia era stata disposta dall’organismo di mediazione in contumacia di una parte, quindi in mancanza di contraddittorio. Malgrado ciò il Giudice l’ha ritenuta utilizzabile, evidenziandone il valore probatorio.
Il fatto che il perito sia stato incaricato da un soggetto terzo, imparziale, estraneo alla lite quale il mediatore è stato ritenuto dal Giudice elemento sufficiente a garantirne l’attendibilità dell‘elaborato, la terzietà e l’imparzialità del perito e la sua equidistanza dalle parti.
Anche in questo caso la dr.ssa Chiari ha utilizzato l’elaborato come prova atipica "valutandolo secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti“ per trarne argomenti ed elementi utili al fine di disporre un sequestro conservativo.
Va ancora oltre il Tribunale di Roma, ordinanza del 9 aprile 2015, il dr. Moriconi nel confermare che "la mediazione può essere validamente svolta anche senza la presenza della parte convocata“ ed in merito alla "utilizzabilità della perizia svolta in mediazione“ precisa “la possibilità che la relazione, ove l’accordo in mediazione non sia stato raggiunto, possa essere validamente prodotta nella causa da una delle parti, è ammessa sia nel caso in cui le parti abbiano preventivamente, all’atto della richiesta al mediatore di una nomina di un esperto, acconsentito a tale utilizzo (che sarà in questo caso tout court), e sia in caso di silenzio delle parti su questo punto, ma alle condizioni, per gli effetti e con i limiti che la giurisprudenza ha elaborato al riguardo“ (cfr. Ord.17.3.2014 Tribunale Civile di Roma giudice Moriconi).
Il Giudice prosegue specificando che "non vi sono valide ragioni per escludere la possibilità che anche in assenza (per mancanza di adesione e partecipazione) della parte convocata, possa essere disposta una consulenza da parte del mediatore richiestone dal solo istante presente“ poichè "la mancata presenza della parte convocata non può di per sè costituire impedimento all’espletamento di un’attività espressamente prevista come fattibile in mediazione“ (quando la parte convenuta è stata regolarmente convocata ed il contraddittorio garantito).
Il Giudice evidenzia nuovamente come la nomina del perito da parte del mediatore ne garantisca terzietà ed imparzialità "l’espletamento della consulenza avviene mediante la scelta dell’esperto ad opera dell’organismo di mediazione e specificamente del mediatore, il che non rende equiparabile la consulenza in mediazione alla consulenza di parte nella quale il rapporto fra l’esperto e la parte è evidentemente quello di un incarico commissionato dal cliente al professionista non certo l’obiettivo di accertare tout court la verità dei fatti“.
L’organo giudicante evidenzia un’altra caratteristica particolare del procedimento di mediazione, che "in presenza di un accertamento tecnico ben effettuato, da parte di un professionista iscritto nell’albo dei CTU del tribunale, il mediatore e la parte presente possono studiare e porre in essere ulteriori attività dirette a riattivare il dialogo con la parte assente, ad esempio con l’invio alla medesima della relazione, con l’invito a esaminare il contenuto e a partecipare ad un incontro, all’uopo fissato, per discutere se e quali possibilità possano trarsi da questo nuovo scenario“
Da ultimo ma non per ultimo va segnalata l’ordinanza del 16 luglio 2015, sempre sez. XIII, nella quale il Giudice, dr. Moriconi, propone alle parti di svolgere una mediazione volontaria, suggerendo di richiedere, in quella sede, una consulenza tecnica.
Il Giudice, nel ragionare con i legali delle parti, sull’opportunità di svolgere una mediazione segnalava le seguenti circostanze: "-La possibilità di nomina di un consulente nel procedimento di mediazione è prevista dalla legge, -. Anche nel caso di mancato accordo, la consulenza in mediazione ed in particolare la relazione dell’esperto elaborata e depositata in quel procedimento non è un atto privo di utilità successive, potendo essere prodotto ed utilizzato nella causa che segue alle condizioni, nei limiti e per gli effetti che la giurisprudenza ha elaborato, -. Le parti potranno sottoporre al consulente, di comune accordo, mediante la fattiva presenza e collaborazione del mediatore, i quesiti che meglio rispondano agli interessi coinvolti nella lite; -. I costi della consulenza in mediazione, che le parti sopporteranno in pari misura, anche tenuto conto delle modeste indennità di mediazione previste dalle norme, sono senz’altro più vantaggiosi (e prevedibili, attesa la possibilità di previa interlocuzione con l’organismo, di cui è impensabile una corrispondente in sede giudiziale) rispetto a quelli della causa; -. I temi di svolgimento e conclusione del percorso di mediazione (neppure soggetta a sospensione feriale) sono più brevi, disponbibili dalle parti emeno formali di quelli del procedimento giudiziale; -. -. La possibilità, least but non last, che il consulente in mediazione, compensato in ogni caso a forfait per il suo lavoro, secondo le usuali convenzioni che i migliori organismi di mediazione intrattengono con i consulenti, possa operare realmente ai fini conciliativi, sviluppando un’utile sinergia con il mediatore“.
Pertanto nuovamente il Giudice assimila la relazione peritale della mediazione alla consulenza tecnica resa in altro giudizio, ma l'utilizzabilità opera se sia stato rispettato il principio del contraddittorio fra le parti del giudizio (coincidenti con quelle di mediazione), vi sia il consenso sulle dichiarazioni delle parti e se vi sia stato rispetto dei quesiti formulati.
Le ordinanze in esame hanno creato un indirizzo giurisprudenziale che ammette anche la consulenza contumaciale e la sua utilizzabilità nel successivo eventuale giudizio.
Nella consulenza disposta nella mediazione il perito dovrà omettere di riferire le informazioni acquisite dalle parti nel corso del procedimento di mediazione, che, se non omesse, devono essere stralciate dal giudice.
Alcuni tipi di elaborati tecnici contengono la sola indicazione di dati tecnici ed oggettivi, senza dichiarazioni delle parti e pertanto mantengono per intero la loro validità. Questo tipo di relazioni possono essere utilizzate nel giudizio venendo liberamente valutate dal giudice.
Altri tipi di elaborati tecnici contengono oltre alla parte oggettiva anche una parte soggettiva inerente dichiarazioni fornite dalla parte periziata (nella perizia medico-legale il soggetto riferisce la sintomatologia soggettiva), tali perizie non possono non contenere le dichiarazioni della parte pertanto potranno essere utilizzate dal giudice, previo stralcio delle parti contenenti le dichiarazioni, saranno liberamente valutate ma con meno valenza perchè mutilate di una componente essenziale. In tali casi il giudice pur valutando la perizia dovrà disporre una CTU in giudizio.
La giurisprudenza richiamata evidenzia la convenienza a partecipare al procedimento di mediazione che viene elevato e parificato agli altri giudizi con il vantaggio per le parti di affrontare prevedibili e minori costi rispetto a quelli della causa, di sottoporre al consulente i quesiti che meglio rispondano agli interessi coinvolti nella lite e di ridurre i tempi di per la soluzione della controversia.
Il consulente ed il mediatore in mediazione operano realmente ai fini conciliativi poichè la sinergia fra i due facilita le parti nel raggiungimento di un accordo soddisfacente per entrambi.