Dal conflitto all'accordo in mediazione: il mutamento dei punti di vista delle parti

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Quanto ci fa paura il conflitto? E' davvero utile la mediazione o basta il buon senso per giungere ad un accordo tra le parti? Quando si è certi di avere pienamente ragione, è possibile riuscire a comprendere il punto di vista altrui e addirittura arrivare a cambiare la propria prospettiva? Cosa accade in mediazione? La mediazione è, sotto questo aspetto, un contesto strutturato in cui ciascuno dei soggetti coinvolti ha un proprio tempo ed un proprio spazio di parola, caratterizzato da un flusso circolare di informazioni che consente al mediatore di comprendere i reali interessi e i veri obiettivi di ciascuna parte, di accentuare l'enfasi sui punti in comune e di "traghettarle" alla ricerca di soluzioni che possano essere tendenzialmente soddisfacenti i fini e gli obiettivi di tutte le pa

A cura del Mediatore Avv. Emanuela Palamà da Lecce. Letto 3720 volte dal 19/02/2018


Il presente contributo cerca di dare una risposta a tali domande, muovendo dal concetto di "conflitto" nella lingua italiana che, a differenza di altre lingue, è inteso per lo più in un'accezione negativa piuttosto che in quella positiva di opportunità di confronto, di superamento del problema, di cambiamento.
Si prosegue con un'analisi in ordine a ciò che origina il conflitto: posizioni, interessi, bisogni, valori e principi, i quali, unitamente alle percezioni e alle emozioni di ciascuna parte, costituiscono il portato di ognuno dei confliggenti ed il materiale con cui e su cui lavora il mediatore.
Pensare di poter cambiare il proprio punto di vista può sembrare difficile finché si rimane arroccati sulle proprie posizioni, soprattutto quando il conflitto si inasprisce. E' tuttavia possibile! Una buona dose di buon senso è certamente utile ma non basta, poiché bisogna fare i conti con le esperienze passate, le percezioni e gli aspetti emotivi e non tangibili di ogni parte.
In mediazione, la negoziazione viene agevolata dal mediatore attraverso il ricorso ad alcune tecniche. In particolare, attraverso la tecnica del "reframing" e la formulazione di domande aperte, che portano gli interlocutori a dare una risposta più compiuta ed articolata e non limitata ad un criptico  "si" o "no", è possibile sollecitare una migliore comprensione delle reciproche posizioni, dei punti di vista di ciascuna delle parti, dei bisogni e delle motivazioni sottostanti alle loro richieste, stimolando l'empatia (dal greco "empatheia", che significa "sentirsi dentro l'altro"), ossia la capacità di mettersi nei panni dell'altro, di accogliere anche il suo punto di vista, di esplorare una diversa prospettiva e di individuare un'area comune di interessi che costituirà l'oggetto della negoziazione in vista del futuro accordo.
Il conflitto: scontro o anche opportunità di cambiamento?
Consultando il Vocabolario della lingua italiana dell'Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani, si legge, in corrispondenza della parola "conflitto": "Combattimento, guerra, scontro di eserciti, urto, contrasto o opposizione".
Da un punto di vista semantico, appare evidente che il termine italiano "conflitto" richiami il concetto di "guerra", a differenza della lingua inglese che distingue tra "war" e "conflict", inteso quest'ultimo come grave disaccordo rispetto a questioni importanti.
Se nella lingua italiana, dunque, il termine "conflitto" è inteso per lo più in un'accezione negativa, evocando i concetti di distruzione, guerra, morte, nella lingua cinese, invece, è inteso come pericolo, ma anche come opportunità e si avvicina al nostro concetto di "crisi", nella sua etimologia di derivazione greca, che richiama il concetto di "scelta". La crisi non è, dunque, un evento totalmente negativo, bensì un momento di transizione che può essere anche opportunità di crescita: indica un’evoluzione, un cambiamento. Nell’idea di crisi sono, quindi, incluse la nozione di "problema" e quella di "superamento del problema".
Cosa entra in conflitto? In altri termini, cosa porta le parti a litigare?
"I conflitti sono situazioni nelle quali due o più persone entrano in opposizione o disaccordo perché reciproci interessi, posizioni, bisogni, desideri, valori sono incompatibili, o sono percepiti come incompatibili, dove giocano un ruolo molto importante le emozioni e i sentimenti, e dove la relazione tra le parti in conflitto può uscirne rafforzata o deteriorata in funzione di come si sviluppi il processo di risoluzione del conflitto" ( TORREGO SEIJO J. C., Vinco, vinci, La Meridiana, 2003, p.31).
Dunque, nel conflitto entrano in gioco: le posizioni, ossia le pretese, le richieste vantate, ciò che le parti apparentemente reclamano, senza essere quasi sempre davvero consapevoli dei bisogni e delle motivazioni sottostanti; gli interessi, ossia i benefici che i soggetti intendono raggiungere nel conflitto, ciò che spinge realmente le parti ad avanzare le proprie pretese e richieste; i bisogni, che rappresentano il fondamento motivazionale dell'agire umano, tradizionalmente classificati da Maslow secondo una piramide che parte dai bisogni fisiologici, necessari alla sopravvivenza (sonno, cibo, acqua...) ai bisogni di sicurezza e protezione, ai bisogni di appartenenza, amicizia, affetto, ai bisogni di stima, reciproco rispetto e riconoscimento, di prestigio e di successo, per arrivare, infine, ai bisogni di realizzazione di sè, delle proprie aspettative; i valori e i principi, ossia l'insieme degli elementi culturali ed ideologici che servono ad argomentare ed a giustificare i comportamenti dei soggetti in conflitto. Spesso i conflitti di valori si traducono in conflitti di regole e conflitti di potere: ciascuna delle parti in contrasto cerca in modo più o meno consapevole di far prevalere e di imporre il proprio punto di vista all'altro, in quanto motivato dai propri valori e principi.
In altri termini, nel conflitto entrano in gioco elementi c.d. tangibili (di immediata percezione) ed aspetti c.d. intangibili, ossia le motivazioni psicologiche che possono influenzare direttamente o indirettamente le parti coinvolte nella negoziazione.
Quanto più si inasprisce il conflitto tanto più le percezioni si distorcono: ognuno finisce per vedere ed accogliere le cose unicamente attraverso il filtro del proprio punto di vista sul conflitto. Di conseguenza, ciascuno tende a pensare che ogni persona e/o situazione sia o a suo favore o a suo sfavore. Quanto più è teso il rapporto tra le parti coinvolte, tanto più sale il livello delle emozioni negative: ansia, rabbia, frustrazione, disagio, disprezzo. Ciò porta ad una comunicazione recriminatoria, distruttiva, talvolta anche offensiva. Le parti si irrigidiscono sulle loro posizioni: ognuna difende strenuamente il proprio punto di vista, senza manifestare alcuna disponibilità ad accogliere la multidimensionalità e la multidirezionalità di una data situazione, evento o questione. La cognizione razionale si abbassa di fronte ad un'escalation più o meno accentuata dell'emotività, che ha come effetto, la polarizzazione delle posizioni delle parti.
Come si gestisce e si supera un conflitto? Può bastare una buona dose di buon senso per giungere ad un accordo?
Le esperienze passate, le percezioni basate su generalizzazioni e distorsioni della realtà, gli aspetti emotivi e motivazionali di ciascuna parte arroccata sulla propria posizione possono rendere ardua l'impresa di trovare un accordo e di consentire a ciascuna parte di raggiungere in modo soddisfacente i propri obiettivi.
La mediazione è, sotto questo aspetto, un contesto strutturato in cui ciascuno dei soggetti coinvolti ha un proprio tempo ed un proprio spazio di parola, caratterizzato da un flusso circolare di informazioni che consente al mediatore di comprendere i reali interessi e i veri obiettivi di ciascuna parte, di accentuare l'enfasi sui punti in comune e di "traghettarle" alla ricerca di soluzioni che possano essere tendenzialmente soddisfacenti i fini e gli obiettivi di tutte le parti coinvolte.
Significativa la definizione di "mediazione" che dà J. Morineau, fondatrice del modello di mediazione umanistica, nella sua opera "Lo  spirito della mediazione": la mediazione accoglie il disordine. È un momento, un luogo, in cui è possibile esprimere le nostre differenze e riconoscere quelle degli altri. È un incontro nel quale si scopre che i nostri conflitti non sono necessariamente distruttivi, ma possono essere anche generatori di un nuovo rapporto.
Così intesa, la mediazione crea valore, poiché muovendo da bisogni e interessi reciprocamente individuati dalle stesse parti, attiva un processo negoziale costruttivo, attraverso il quale si perviene ad una soluzione che supera le contrapposte posizioni (IO-TU), in quanto fondata su un'area comune di interessi (NOI) e, soprattutto, voluta e condivisa da entrambe le parti.
In tale contesto strutturato fondamentale diventa, dunque, la raccolta e lo scambio delle informazioni che le parti danno.
Il mediatore sa bene che tali informazioni, tuttavia, saranno fornite da ciascuna parte secondo il filtro delle proprie percezioni, e quindi saranno influenzate o dal ricorso a stereotipi e, dunque da generalizzazioni, (per esempio: "tutte le donne sono un pericolo alla guida"; "tutti gli uomini sono insensibili";) o dalla c.d. percezione selettiva, cosa che avviene quando si selezionano informazioni che confermano o rinforzano una propria convinzione, scartando le informazioni che non la confermano e che dunque precludono l'accoglimento di un diverso punto di vista; o dalle c.d. proiezioni, cosa che si verifica quando una persona attribuisce ad altri le proprie caratteristiche e/o i propri sentimenti non accettati, per proteggere la propria visione di sé, di vedersi come una persona apprezzabile e coerente (è il classico caso del c.d. conflitto di attribuzione, che nasconde, in realtà, un conflitto interno della parte che mette in atto la proiezione, che il mediatore deve saper cogliere).
Possibile cambiare il proprio punto di vista?
Il mediatore è consapevole pure di come funzioniamo quando raccogliamo informazioni e riceviamo percezioni dalla realtà che ci circonda: ciascuno di noi riconduce ad un "frame", letteralmente ad una "cornice" costruita sulla base delle proprie esperienze e dei propri vissuti, gli eventi, le situazioni, le informazioni e gli accadimenti della vita, in modo che essi abbiano un significato conforme al senso che siamo soliti attribuirvi e in virtù del quale compiamo o evitiamo determinate azioni. In altri termini, il framing è il modo attraverso il quale mettiamo a fuoco, modelliamo e organizziamo il mondo che ci circonda, dando un senso ad una realtà complessa e definendola in termini che hanno senso per noi. Così ad esempio, due persone che entrano nella stessa stanza piena di gente percepiscono tale situazione in modi differenti, l'una (estroversa) come una splendida festa, l'altra (introversa) come una massa di gente ostile che la mette a disagio.
Nel contesto strutturato della mediazione si dà spazio all'ascolto di realtà molteplici, all'accoglimento di quelle che possiamo definire parzialità multidirezionali, onde individuare ed enfatizzare un'area di interesse comune in cui convogliare i desideri di entrambe le parti.
I frame, infatti, sono potenzialmente malleabili e possono essere ridefiniti (attraverso il c.d. "reframing") in funzione delle informazioni e delle comunicazioni emerse durante il processo negoziale.
Il termine “reframing”, dall’inglese “rincorniciare” o “ristrutturare”, è una tecnica, utilizzata dal mediatore, che comprende una serie di operazioni quali il riformulare, il semplice riassumere, il riassumere modificando l’ordine degli elementi o tralasciando parte di questi, l’esprimere il concetto con una metafora. Si tratta di far circolare la comunicazione tra il mediatore e le parti attraverso la ripetizione, da parte del mediatore, di quanto affermato da ciascuna delle parti al fine di controllare se ha ben capito, dimostrando alle stesse la sua volontà di accoglierle, di capire e di capirle.
Naturalmente il mediatore non riassume tutto ciò che le parti  riferiscono, ma si concentra sulle informazioni utili, ignorando quelle che non lo sono, come le semplici chiacchiere o le affermazioni dettate dallo stato di emotività e gli insulti. Il mediatore ha il compito di rendere chiaro alle parti ciò che è importante per ciascuno di essi, accogliendo la loro emotività senza soffermarsi ad analizzarla, conducendoli verso i loro bisogni personali contenuti nelle informazioni relative al problema e alle sue soluzioni.
Lo scopo della mediazione, infatti, è quello di aiutare le parti a formulare accordi, non quello di arrivare a sapere chi ha avuto torto o ragione rispetto alla questione prospettata. A tal fine, l’abilità del mediatore consiste nel riformulare in positivo ciò che le parti dicono di non volere e porre alle parti domande su quello che vorrebbero in futuro.
Facciamo un esempio:
Una parte racconta: "Quando il signor Tizio ha lasciato l'appartamento che gli avevo dato in affitto, mi veniva da piangere. Non lo riconoscevo più! Mobili distrutti, porte ammalorate, muri sporchi, alcune piastrelle rotte, la cucina un disastro! L'unica cosa buona che ha fatto è che mi ha cambiato la caldaia e che mi ha pagato sempre l'affitto. Ma ho avuto dei danni, che Tizio mi deve risarcire!"; l'altra parte replica: "Sono 20 anni che vivo in quella casa; non era messa bene già all'epoca in cui l'ho presa in affitto, essendo una casa di vecchia costruzione; è già tanto che a mie spese ho cambiato la caldaia, che già dopo 5 anni si era completamente usurata! Cosa pretendeva il Sig. Caio, che gli ristrutturassi a mie spese tutta la casa? E' lui che deve risarcirmi!"
Reframing: "Dunque  signor Caio, se ho ben compreso, ha dato in affitto una casa al Sig. Tizio circa 20 anni fa, durante i quali i pagamenti dei canoni sono stati sempre regolari e il Sig. Tizio ha anche cambiato a sue spese la caldaia, che si era rotta dopo soltanto 5 anni. Mi sembra di capire, inoltre, che secondo il Sig. Tizio  i mobili, le porte e le piastrelle non erano già in buone condizioni quando ha preso la casa in affitto e, perciò, dopo 20 anni si sono rovinate per il tempo e non per incuria da parte sua. D'altro canto, mi pare che lei, signor Caio, abbia apprezzato che il sig. Tizio abbia cambiato a sue spese la caldaia non più funzionante e che nulla ha da dire in merito ai pagamenti mensili dell'affitto da parte sua, che sono stati sempre regolari. Oggi, intanto, si ritrova con una caldaia funzionante: e questo è un dato di fatto. Ora, secondo lei, cosa avrebbe potuto fare il Sig. Tizio per restituirle la casa nelle stesse condizioni in cui gliel'ha affittata vent'anni addietro?".
Attraverso la tecnica del reframing e la formulazione di domande aperte, che portano gli interlocutori a dare una risposta più compiuta ed articolata e non limitata ad un criptico  "si" o "no", è possibile sollecitare una migliore comprensione delle reciproche posizioni, dei punti di vista di ciascuna delle parti, dei bisogni e delle motivazioni sottostanti alle loro richieste, stimolando l'empatia (dal greco "empatheia", che significa "sentirsi dentro l'altro"), ossia la capacità di mettersi nei panni dell'altro, di accogliere anche il suo punto di vista, di esplorare una diversa prospettiva.
Non è facile abbandonare il proprio punto di vista, cambiarlo, ma è possibile farlo laddove si individua  un'area comune di interesse rispetto alla quale si generano soluzioni alternative, attraverso il c.d. "brainstorming", letteralmente "tempesta di idee, di cervelli", uno strumento che stimola la creatività delle parti e la capacità propositiva di idee alternative e/o complementari, che vengono poi sviluppate e rielaborate in possibili soluzioni del problema.
L'accordo sarà quindi raggiunto sulla base di quella che apparirà come la migliore soluzione possibile per soddisfare tutte le parti e i reciproci interessi in gioco, una soluzione che non implica rinuncia di qualcuno a qualcosa e, dunque, un compromesso, ma, piuttosto, il superamento della rigida contrapposizione "IO-TU" per rispondere all'interesse del "NOI"... E per raggiungere questo auspicabile risultato forse il buon senso, da solo, non basta! 

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Chi è l'autore
Avv. Emanuela  Palamà Mediatore Avv. Emanuela Palamà
Credo fortemente nella mediazione quale strumento per la gestione costruttiva dei conflitti in ogni ambito del vivere civile e, dunque, con funzione compositiva e negoziale delle liti.

Ritengo che la mediazione sia una grande opportunità, offerta alle parti in lite, di ascoltarsi reciprocamente e trovare da sè soluzioni tendenzialmente soddisfacenti i bisogni di tutte, in una logica reciprocamente vincente.

Laureata in giurisprudenza a pieni voti presso l'Università del Salento, diplomat...
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