Riflessioni sulla necessità di una presenza “consapevole” delle parti in mediazione

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Avv. Martina Pontoni

Brevi considerazioni su come far comprendere in concreto alle parti quel ruolo da assolute protagoniste che la legge riserva loro nell'ambito della mediazione per poterla sfruttare appieno.

A cura del Mediatore Avv. Martina Pontoni da Torino.
Letto 1972 dal 16/04/2019

Ogni qual volta si affronta il problema della presenza personale delle parti in mediazione si tende a considerarlo dal punto di vista prettamente “processuale” inteso come presenza fisica in relazione all'eventuale necessità, in caso di assenza, di valida procura notarile. L'ottica in pratica, è sempre quella, “processualistica”, del corretto avvio della mediazione e del perfezionarsi della condizione di procedibilità nel caso in cui si debba poi avviare la causa ordinaria davanti al giudice.
Dando una lettura veloce della giurisprudenza sul punto si può notare come tutte le pronunce affrontino essenzialmente solo questo aspetto del problema: la necessità della mera presenza fisica al fine di redigere il verbale dell'incontro (sia esso positivo o negativo) e la sua validità all'interno dell'eventuale successivo procedimento giudiziale.
La questione viene presa in considerazione molto meno, per nulla al momento a livello giurisprudenziale, da un punto di vista più pratico: la presenza delle parti come “partecipazione attiva”, al fine di far riuscire la mediazione.
E perché ciò accada detta presenza, oltre che essere prettamente fisica, deve anche essere, appunto, “consapevole”.
I sostenitori dell'istituto della mediazione insistono, giustamente, su questo aspetto, caratteristica principale che differenzia la mediazione rispetto al giudizio ordinario davanti al giudice, precisando che le parti sono le uniche e vere protagoniste.
Infatti i mediatori sono chiamati, nel discorso introduttivo fatto durante il primo incontro, ad enfatizzare questo aspetto, come enorme vantaggio e grande opportunità per le parti.
In astratto tutto ciò appare assolutamente corretto, semplice, a alquanto banale.
Passando però dalla teoria alla pratica, analizzando il comportamento concreto delle parti nelle singole mediazioni molto spesso pare che le stesse non vivano questo “essere protagoniste” come opportunità, non comprendendone forse la reale portata e sprecando, in concreto, un'occasione.
Certamente ascoltano attentamente il discorso introduttivo sulle caratteristiche dell'istituto, ma forse non sempre comprendono appieno il significato e l'opportunità che si presenta loro davanti.
A volte, quasi intimoriti, preferiscono di gran lunga lasciar parlare il proprio legale, forse per evitare di “dire cosa sbagliate”; altre volte si presentano, distaccati e assenti, quasi in attesa di avere quel verbale negativo che permetterà all'avvocato di procedere con la causa civile.
Un tale atteggiamento non è certamente positivo e non permette all'istituto della mediazione di mostrare tutte le sue potenzialità. La mancata collaborazione delle parti rende l'incontro di mediazione  totalmente inutile trasformandolo in una perdita di tempo per tutti, soprattutto per le parti stesse. 
Nella pratica le persone raramente si presentano in mediazione consapevoli dell'opportunità che l'istituto sta offrendo loro.
Raramente comprendono appieno che possono davvero esprimersi liberamente con il mediatore per far conoscere tutti i propri bisogni ed interessi nella relazione con la controparte. Ciò, è sempre utile ricordare, anche ampliando gli argomenti rispetto a quelli inizialmente demandati al mediatore. Quest'ultimo profilo, a ben vedere, rappresenta un aspetto determinante per le parti, permettendo loro, con un'unica mediazione, di porre fine a molteplici controversie che, davanti al giudice ordinario si tradurrebbero in molteplici cause diverse.
Raramente le parti comprendono la portata dell'affermazione che la mediazione rappresenta per loro, con riferimento alla controversia, l'ultima vera possibilità per esprimere, dalla loro viva voce, la propria opinione e descrivere la situazione dal loro punto di vista. Dopo di che l'unica alternativa rimarrà parlare tramite avvocato delegando la soluzione del problema a terze persone.
La sopra descritta carenza di consapevolezza è un aspetto piuttosto frequente che, lungi dall'essere causato dai mediatori o dalle parti stesse, deve comunque essere preso in considerazione e limitato.
Forse i pochi minuti iniziali del primo incontro che vengono dedicati alla presentazione dell'istituto non sono sufficienti a far sorgere detta consapevolezza nelle parti. C'è anche da considerare che per la maggior parte delle persone il partecipare ad una mediazione non è un'esperienza abituale, è quindi normale che si sentano nervose e non a proprio agio.
Ciò comporta, da un lato, che saranno sicuramente meno recettive alle informazioni fornite dal mediatore in quella sede, anche se quest'ultimo farà di tutto, ovviamente, per andare loro incontro; dall'altro lato, per essere più tranquille, tenderanno a lasciar parlare in proprio legale.
Così facendo si rischia che la mediazione diventi, inevitabilmente, un qualcosa di totalmente inutile.
La soluzione certamente non può essere trovata in un discorso introduttivo più lungo, ampio ed articolato, perché, proprio per gli aspetti emotivi sopra esposti si rischierebbe di perdere l'attenzione delle parti.
L'idea, per fare in modo che la mediazione possa sfruttare tutte le sue potenzialità, sarebbe più quella di rendere l'istituto più familiare alla “gente comune”, ai non-tecnici del mestiere giuridico. Per ottenere ciò è importante far sentire le parti “protagoniste” nel corso di ogni singolo incontro, pur ovviamente salvaguardando il ruolo, determinante degli avvocati che le assistono, ed anzi con la loro preziosa collaborazione.
E' importante fornire alle parti quella dimestichezza con l'istituto che la faccia preferire fin da subito rispetto al giudizio davanti al Giudice e che, nel caso concreto, permetta alle parti di presentarsi al primo incontro con la serenità di sapere, bene o male, a cosa stanno andando incontro e conoscere cosa verrà loro richiesto.
Far comprendere che la mediazione nulla ha anche vedere con quella rigidità, quel rigore e quei formalismi che, nell'immaginario collettivo  permeano tutto il procedimento avanti al giudice.
In pratica a mio avviso quella che può essere definita l'informativa per le parti in mediazione, per essere veramente efficace, dovrebbe essere graduale e cominciare ben prima che la parte si trovi nella necessità di ricorrere all'istituto della mediazione.
In altre parole, quando si promuove l'istituto non bisognerebbe mai  dimenticarsi, oltre ad esporre tutti gli aspetti tecnici, di rivolgersi alla gente comune che sarà fruitrice dell'istituto per farle capire concretamente di cosa si tratta.
Bisognerebbe quindi insistere sul carattere informale dello svolgimento degli incontri, sulla possibilità degli incontri separati, sulla totale riservatezza, sia per quanto emerge durante gli incontri congiunti sia, nei confronti della controparte, per quanto emerge durante quelli separati. Si può dire infatti che l'intero procedimento di mediazione viene svolto in un “ambiente protetto” coperto da assoluto e totale segreto su tutto ciò che viene detto da chiunque venga detto. E' importante quindi che le parti si sentano totalmente libere di esprimersi senza temere alcun tipo di conseguenza.
Sarebbe necessario far comprendere bene la figura del mediatore, che  nulla impone e nulla giudica, ma è semplicemente un tecnico che cercherà di trovare un punto di incontro tra le parti, senza assolutamente forzare alcunché.
Sarebbe importante sottolineare che la parte avrà sempre, durante tutta la mediazione, il totale controllo sull'esito della stessa: una volta entrati in mediazione e fatti i tentativi che si intendono fare ognuno può decidere di rinunciare e chiedere un verbale negativo. Mai nessun mediatore potrà imporre di restare in mediazione e men che meno di sottoscrivere un accordo che non soddisfi una delle parti.
Quest'ultimo tra l'altro è un altro importante punto di forza rispetto al giudizio davanti al giudice il quale, indipendentemente dalla volontà delle parti, terminerà con una sentenza che molto probabilmente non soddisferà una delle parti e spesso nessuna delle due, ma sicuramente sarà, salvo le varie impugnazioni, vincolante per tutti.
Concludendo le mie considerazioni, gli innegabili vantaggi delle mediazione per le parti si riassumono nel totale controllo che le stesse possono avere sui contenuti e sul raggiungimento dell'accordo nonché nella libertà di addivenire o meno all'accordo stesso. Tutto ciò, è importante ribadirlo, nel massimo rispetto alla riservatezza di tutte le parti presenti.
Facendo leva su questi aspetti si può far nascere nella gente comune la consapevolezza delle reali potenzialità della mediazione, le quali si possono concretizzare solamente con una partecipazione attiva e, appunto, consapevole delle parti stesse, queste ultime si presenterebbero già pronte e più disponibili al dialogo.
Ciò tra l'altro avrebbe, come conseguenza inevitabile un immediato aumento, per lo meno potenziale, delle mediazioni chiuse positivamente con il raggiungimento di un accordo.
Ritengo comunque che, trattandosi di istituto ancora relativamente giovane, col tempo e con una presentazione più ad hoc, le persone  acquisiranno quella dimestichezza che al momento ancora manca.

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Chi è l'autore
Avv. Martina Pontoni Mediatore Avv. Martina Pontoni
Sono avvocato civilista, iscritta all'Albo di Torino dal 2005. Dal 2015 sono iscritta anche alla lista dei difensori ammessi al Gratuito Patrocinio. Della mediazione mi affascina la possibilità che da due posizioni distanti, alle volte opposte, si arrivi ad una area di "comunicazione" in cui tentare di costruire, insieme, un accordo, arrivando ad un punto comune. Per questo motivo mi sono avvicinata a questo mondo e ho deciso di diventare mediatrice.
Le materie di cui mi occupo di più sono il d...
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