I limiti all’attività del mediatore alla luce del nuovo D.M. 180/2010.

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Il regolamento ministeriale emanato lo scorso 4 agosto n.139 - recante modifiche al precedente decreto 180/2010 -, ha introdotto alcune condizioni limitative per l'esercizio della professione di mediatore ex d.lgs. 28/2010.
Gli obblighi e i divieti introdotti dalla nuova normativa si affiancano, in parte, ai limiti già espressi nel codice deontologico forense, modificato nel 2011 proprio a seguito dell’introduzione della figura del mediatore civile.
In tema di conflitto di interessi e di incompatibilità, il nuovo art.14 bis d.m. 180/2010 prevede che non può essere esercitata la funzione di mediatore quando:
  1. il mediatore è iscritto o è socio o titolare di una carica presso lo stesso organismo nel quale è parte o assiste, ovvero rappresenta una parte in qualità di avvocato. Tale divieto si applica anche nei confronti dei professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali;
  2. il mediatore assiste una parte con la quale ha avuto rapporti professionali nei due anni precedenti la mediazione, oppure nello stesso periodo quella parte è stata assistita da un professionista collega del mediatore che svolge attività negli stessi studi o comunque sia stato socio professionale (analogamente, si v. art. 55 bis cod. deont.);
  3. il mediatore svolge le sue funzioni in presenza di cause ostative di cui all’art. 815 comma 1 n. 2-6 c.p.c., quali:
  • se egli stesso, o un ente, associazione o società di cui sia amministratore, ha interesse nella causa;
  • se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti o di alcuno dei difensori:
  • se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori;
  • se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l'indipendenza; inoltre se è tutore o curatore di una delle parti;
  • se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone
Inoltre, a garanzia della imparzialità del mediatore, è prevista una condizione di incompatibilità ad assumere le funzioni di avvocato per il mediatore che intende intrattenere rapporti professionali con una delle parti del procedimento di mediazione, se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali.

Sotto il profilo deontologico, l’art. 55 bis del codice di auto condotta forense prevede come principio generale, l’obbligo per il mediatore di rispettare la normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui dette previsioni non contrastino con quelle del codice (si veda l'art. 4 bis, d.lgs. 28/2010 che obbliga i mediatori all'aggiornamento professionale).
Inoltre, viene specificato ben oltre la previsione normativa del decreto 180/2010, che il mediatore non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza (ed in ciò si spiega la rilevanza deontologica della causa ostativa di cui al n. 1, comma 1, dell’art. 815 c.p.c., che il D.M. 180 non ha previsto.).
Considerato il principio generale secondo cui il mediatore deve “rispettare la normativa in materia”, appare evidente che la lettera b, comma 3 dell’art. 55 bis, dovrà essere riletto alla luce del nuovo art.14 bis, comma 3 del D.M. 180, (il mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento, a prescindere dall’oggetto della materia).
Infine, anche se non previsto dal D.M. 180, costituisce un illecito disciplinare svolgere la mediazione presso gli uffici o la sede ove è esercitata l’attività forense.
 
Il confronto tra le due normative e le differenze evidenziate.
 
Art. 55 bis, Codice Deontologico Forense Art. 16 bis, DM 180/2010
L’avvocato che svolga la funzione di mediatore deve rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui dette previsioni non contrastino con quelle del presente codice.
 
 
 
Non è previsto
I comma. L’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza.
 
 
 
Non è previsto
 
 
 
 
Non è previsto
I comma. Il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali.
 
II comma. Non può assumere la funzione di mediatore l’avvocato:
a) che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti;
b) quando una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che eserciti negli stessi locali.
In ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione dell’incarico di mediatore la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 815, primo comma, del codice di procedura civile.
 
II comma. Non può assumere la funzione di mediatore colui il quale ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti è assistita o è stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato le professione negli stessi locali; in ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione di incarico la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 815, primo comma, numeri da 2 a 6, del codice di procedura civile.
III comma. L’avvocato che ha svolto l’incarico di mediatore non può intrattenere rapporti
professionali con una delle parti:
a) se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento;
b) se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del procedimento stesso.
Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino negli stessi
locali.
 
III comma. Chi ha svolto l’incarico di mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento.
Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali
IV comma. E’ fatto divieto all’avvocato consentire che l’organismo di mediazione abbia sede, a qualsiasi titolo, presso il suo studio o che quest’ultimo abbia sede presso l’organismo di mediazione.
 
Non è previsto
 
 







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