La Corte d'Appello di Napoli non ritiene avverata la condizione di procedibilità in presenza di diverse anomalie nel verbale di mediazione tra cui il difetto di rappresentanza del difensore senza procura sostanziale ad hoc. L’onere che condiziona la domanda di appello grava sulla parte che agisce vale a dire sulla parte appellante

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Avv. Sabine  Chiarella

Corte Appello Napoli, Sez VII, 31.01.2022 n. 360, estensore Marinaro

A cura del Mediatore Avv. Sabine Chiarella da Sassari.
Letto 1586 dal 08/03/2022

Commento:
La Corte di Appello di Napoli si è pronunciata sul tema della rappresentanza sostanziale delle parti in mediazione e ha adottato una linea molto stringente condannando tutte le parti alla sanzione ex art. 8.
 
Con ricorso monitorio la banca X chiedeva al Tribunale di Benevento la concessione di una ingiunzione di pagamento nei confronti della società Y quale debitrice principale, nonché di W e Z quali garanti, ritenendoli inadempienti rispetto ad un finanziamento. Il Tribunale emetteva il decreto ingiuntivo autorizzando la provvisoria esecuzione. Gli ingiunti proponevano tempestiva opposizione e i garanti aderivano ai motivi di opposizione chiedendo la revoca del decreto opposto. All’esito dell’istruttoria l’opposizione veniva rigettata e le spese compensate mentre i garanti venivano condannati al pagamento delle spese.
 
Contro tale sentenza veniva proposto gravame. La Corte d’appello disponeva la mediazione
e successivamente rilevava questioni attinenti alla ritualità della mediazione, invitando le parti a interloquire sul punto con il deposito di note scritte.
 
La Corte esamina il tema della procedibilità della domanda giudiziale alla luce del principio espresso dalla S.C. con la sentenza n. 8473/2019 sulla partecipazione personale alla procedura di mediazione e sulla modalità attraverso le quali conferire la rappresentanza, ed evidenziava questioni potenzialmente rilevanti circa la procedibilità della domanda e le sanzioni per la ingiustificata partecipazione all’incontro di mediazione.
 
La questione sollevata dal Collegio trae origine dall’incertezza giurisprudenziale relativa alla questione della partecipazione delle parti, personalmente e/o per tramite di rappresentante, al procedimento di mediazione ed agli effetti dell’eventuale mancato avveramento della condizione, definitivamente superata con l’intervento della Suprema Corte a S.U. con la sentenza 18/9/2020, n. 19596.
La Corte esamina il verbale dell’unico incontro di mediazione svolto e nota una serie di anomalie:
dall’esame del verbale del primo (ed unico) incontro di mediazione con esito negativo prodotto dalla parte appellante principale si rileva che:

  • il mediatore dà dato atto della “regolarità della notifica a mezzo pec alle parti invitate” senza indicare indirizzi p.e.c. e data;
  • la società risulta “rapp.ta e difesa dall’avv. --- – presente e riconosciuto …senza ulteriori indicazioni o precisazioni;
  • tutte le altre parti risultano assenti;
  • il mediatore non ha certificato l’autografia delle sottoscrizioni apposte dall’unica persona presente;
  • il verbale non risulta depositato presso la segreteria dell’Organismo di mediazione degli Avvocati di Benevento.
La Corte, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. III, Sent., 27/03/2019, n. 8473; Cass. civ. Sez. III, Sent., 05/07/2019, n. 18068; Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035) e quella della stessa Corte d’appello (App. Napoli, sent. 29 settembre 2020, n. 3227) sul tema della procura sostanziale, ha affermato che la condizione del dialogo tale da consentire la risoluzione alternativa della controversia non può ritenersi soddisfatta dal conferimento della procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata e non può mai ritenersi “la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di compiere ogni più ampio potere processuale.
 
Nella medesima direzione, con indicazioni ulteriormente restrittive, si muove la recente riforma della mediazione in quanto il legislatore delegante ha indicato tra i princìpi e criteri direttivi per il Governo delegato quello di “prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipano al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia” (art. 1, comma 4, lett. f, L. 26 novembre 2021, n. 206).
 
Secondo la Corte l’onere che condiziona la domanda di appello grava sulla parte che agisce e, quindi, sulla parte appellante (principale e incidentale).
Il mancato esperimento mediazione in seguito all’ordine del giudice integra una forma di inattività, sanzionata con l'improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell’ipotesi di cui all’art. 348 c.p.c. In sostanza, l’esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell’appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.) della sentenza di primo grado.
 
Con riguardo al giudizio di appello la sanzione dell’improcedibilità attiene all’impugnazione (e, per ciò stesso sia all’appello principale sia a quello incidentale) e che ogni mediazione disposta ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 non consente alcun meccanismo di sanatoria una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).
 
Nel caso di specie, nonostante la mediazione sia stata tempestivamente avviata e completata entro l’udienza di rinvio, non può ritenersi che la stessa sia stata correttamente esperita. Non erano state convocate tutte le parti, il delegato è risultato privo di una procura sostanziale ad hoc, pertanto la condizione di procedibilità non è avverata né per l’appello principale né per l’incidentale e tale improcedibilità non è sanabile disponendo nuovamente la mediazione. L’altro appellante non convocato subisce le conseguenze dell’improcedibilità.
Le giustificazioni addotte dalle parti non sono considerate valide dalla Corte che quindi condanna la banca e gli appellanti al versamento della somma ex art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 28/2010 per l’ingiustificata mancata partecipazione alla procedura di mediazione.
Considerata la condotta tenuta da tutte le parti rispetto alla mediazione disposta dalla Corte, essa ha ritenuto sufficienti le ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello.°
 

Testo integrale:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
SEZIONE CIVILE SETTIMA

composta dai magistrati:

dott. Michele Magliulo Presidente

dott.ssa Lucia Minauro Consigliere

dott. Marco Marinaro Giudice aus. rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile n. 4580/2013 R.G., di appello contro la sentenza n. 1440/2012 depositata dal Tribunale di Benevento – Sezione Civile – il 24 settembre 2012, che ha definito il giudizio rubricato al n. 3756/2005 R.G.,

tra

(…) S.r.l. (partita IVA (…)), in persona dell’A.U. Sig. (…), con sede a Baselice (BN) alla via (…), e (…) (C.F. (…)), in proprio, nato il (…) ed ivi residente alla via (…), entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Le.Pa. (C.F. (…)) e dell’avv. Cl.Pa. (C.F. (…)), elettivamente domiciliati in Napoli, al Centro Direzionale Isola E/5, presso l’avv. Sa.Va. (Studio Legale (…)), fax n. (…), p.e.c.: (…); (…);

(appellanti)

e la (…) (C.F. (…)), società cooperativa, con sede in S. Marco dei Cavoti (BN) alla piazza (…) n. 16, già (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Ro. (C.F. (…)) e dall’avv. An.Ro. (C.F. (…)), elettivamente domiciliata presso il loro studio in San Marco dei Cavoti (BN) alla via (…)

(appellata)

(…) (C.F. (…)), nato il (…) a Baselice (BN) ed ivi residente alla via (…), rappresentato e difeso dall’avv. Er.Pa. (C.F. (…)), con domicilio eletto in Napoli alla via (…), presso lo studio dell’avv. Ma.Ba., fax n. (…), p.e.c.: (…).

(appellato-appellante incidentale)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso monitorio del 30 maggio 2005 la (…) s.c. a r.l. chiedeva al Tribunale di Benevento la concessione di una ingiunzione di pagamento nei confronti della (…) S.r.l., quale debitrice principale, nonché di (…) e (…) quali garanti, ritenendoli inadempienti rispetto ad un finanziamento di Euro 95.429,00 oltre interessi, concesso in data 2 aprile 2003. Il Tribunale emetteva il D.I. n. 572/05 autorizzando la provvisoria esecuzione ex art. 642 c.p.c..

Gli ingiunti proponevano tempestiva opposizione eccependo: la illegittimità ed illiceità della pretesa creditoria poiché viziata da anatocismo di carattere usurario, per aver cumulato agli interessi già compresi nelle rate non scadute, ulteriori interessi di mora al tasso del 9,50% con decorrenza 31/03/2005 al soddisfo, anziché detrarre dalle rate non scadute la quota interessi; la inesistenza/nullità del mutuo non essendovi stata alcuna erogazione di danaro, ma il semplice consolidamento di un debito riveniente da un’apertura di credito in c/c concessa il 03/02/1997; l’illegittima applicazione di interessi anatocistici trimestrali già sul c/c 10000304, oltre a commissioni di massimo scoperto.

Pertanto, gli opponenti chiedevano la sospensione della provvisoria esecuzione, la revoca dell’opposto decreto, la rideterminazione del saldo dare/avere epurato di interessi anatocistici e c.m.s., con integrale esclusione degli interessi ex art. 1815 c.c. stante il carattere usurario di quelli promessi o applicati, condanna dell’opposta alla restituzione dell’indebito oggettivo, anche previa compensazione. Anche il garante (…) aderiva ai motivi di opposizione e chiedeva la revoca del titolo opposto

Si costituiva la banca opposta che chiedeva il rigetto dell’opposizione con la conferma del decreto ingiuntivo.

All’esito dell’istruttoria e dell’attività peritale disposta dal tribunale, con la sentenza impugnata veniva rigettata l’opposizione ed al contempo veniva accolta la domanda della società opponente accertando il saldo reale del conto corrente 10000304 nell’importo di Euro 12.539,40 alla data del 18 marzo 2005 con la compensazione delle spese di lite tra le dette parti; i garanti opponenti venivano condannati invece al pagamento delle spese processuali in favore della banca opposta; le spese di C.T.U. venivano definitivamente poste a carico della banca opposta.

Con atto di appello del 30 ottobre 2013, la (…) S.r.l. e (…) proponevano gravame contro la sentenza di primo grado chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo, la dichiarazione di nullità del mutuo, la inesistenza della fideiussione e di alcun valido vincolo di garanzia per (…) con la parziale compensazione dei reciproci crediti derivanti dall’accoglimento dell’appello.

Si costituiva la banca appellata chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza censurata; in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda degli appellanti, chiedeva di accertare e dichiarare il quantum di cui all’esposizione debitoria e per l’effetto, condannare gli appellanti al pagamento della minor somma risultante dall’accertamento giudiziale, maggiorata dagli interessi convenzionali dalla data del primo inadempimento, sino all’effettivo soddisfo.

Con comparsa del 30 gennaio 2014 si costituiva altresì (…) che proponeva appello incidentale; più precisamente, chiedeva l’accoglimento dell’appello principale con la dichiarazione di nullità del mutuo e la inesistenza della fideiussione e di alcun valido vincolo di garanzia dei suoi confronti.

All’esito dell’udienza del 23 gennaio 2020, la Corte disponeva la mediazione ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 fissando l’udienza di rinvio per la data del 28 maggio 2020 (poi differita d’ufficio all’11 marzo 2021).

Con ordinanza depositata il 20 luglio 2022 (resa a scioglimento della riserva formulata all’udienza dell’11 marzo 2021), la Corte nel rimettere la causa sul ruolo rilevava questioni attinenti alla ritualità mediazione e invitava le parti a interloquire sul punto, con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 22 ottobre 2020 (differita poi d’ufficio al 27 maggio 2021).

Con ordinanza depositata il 24 settembre 2021 (resa a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 27 maggio 2021), la Corte nel rimettere la causa sul ruolo rilevava questioni attinenti alla ritualità mediazione e invitava le parti a interloquire sul punto, con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 25 novembre 2021.

All’esito della trattazione scritta dell’udienza del 25 novembre 2021 la Corte si riservava la decisione.

Motivi della decisione

  1. – La parte appellante affida la sua impugnazione ad alcuni motivi di impugnazione che mirano alla riforma integrale della sentenza di primo grado.
  2. – In via preliminare, occorre esaminare la questione attinente alla procedibilità della domanda giudiziale in esito alla disposta mediazione ex art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010.
  3. – Con ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 23 gennaio 2020 la Corte disponeva la mediazione fissando l’udienza di rinvio per la data del 22 ottobre 2020 (poi differita d’ufficio al 27 maggio 2021).

3.1. – Con ordinanza depositata il 24 settembre 2021 (resa a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 27 maggio 2021), preso atto del verbale negativo di mediazione depositato dalla società appellante il 14 luglio 2021, la Corte – nel rimettere la causa sul ruolo – alla luce del principio espresso dalla S.C. con la sentenza n. 8473/2019 sulla partecipazione personale alla procedura di mediazione e alle modalità attraverso le quali conferire la rappresentanza, evidenziava questioni potenzialmente rilevanti circa la procedibilità della domanda e le sanzioni per la ingiustificata partecipazione all’incontro di mediazione; per cui invitava le parti a interloquire sul punto con termine per il deposito di note scritte fino a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio fissata per il 25 novembre 2021.

3.1.1. – Con le note depositate il 17 novembre 2021, la società (…) S.r.l. e (…) (parte appellante principale) hanno precisato che: “Parte appellante (opponente nel giudizio di I) ha tempestivamente attivato il procedimento di mediazione delegato dall’adito Collegio, ex art. 5 c. 2 D.Lgs. n. 28/2010, con provvedimento del 23/1/2020 e partecipato, in data 14/7/2020, al primo incontro fissato avanti all’organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Benevento.

La partecipazione dell’appellante è avvenuta ritualmente per il tramite del sottoscritto procuratore munito di apposita procura acquista al fascicolo di mediazione n. 51/2020.

Il tentativo si è concluso con esito negativo, vista l’assenza della banca appellata e dell’appellante incidentale, come da Verbale depositato telematicamente in data 14/7/2020.

La questione sollevata dal Collegio trae origine dall’incertezza giurisprudenziale relativa alla questione della partecipazione delle parti, personalmente e/o per tramite di rappresentante, al procedimento di mediazione ed agli effetti dell’eventuale mancato avveramento della condizione.

Incertezza definitivamente superata con l’intervento della Suprema Corte a S.U. con la sentenza 18/9/2020, n. 19596.

L’appellante, in questa sede, ritiene opportuno evidenziare tre aspetti relativi alla questione in esame:

– L’anteriorità dell’introduzione del giudizio di opposizione a D.I. n. 572/05 rispetto al D. Lgs. n. 28/2010;

– La posteriorità dell’intervento risolutivo della Suprema Corte rispetto alla mediazione introdotta dall’appellante;

– Gli effetti della declaratoria di improcedibilità della domanda per mancato effettivo esperimento del tentativo di mediazione nei giudizi di opposizione a D.I.”.

Nelle conclusioni, sia pur in via gradata, “i concludenti, nella denegata e non creduta ipotesi di declaratoria di improcedibilità dell’appello per mancato esperimento del tentativo di mediazione, chiedono che l’adito Collegio, in applicazione dell’insegnamento reso dalla S.C. a SS.UU. con sent. 19596/2020 ed in riforma della sentenza gravata, dichiarino la improcedibilità della opposizione a D.I. e la revoca del D.I. opposto.

In estremo subordine, considerata l’incertezza della giurisprudenza in punto di partecipazione personale o/ a mezzo procuratore della parte in mediazione, superata solo in un momento successivo alla introduzione della mediazione in esame, i concludenti chiedono termine per procedere ad un nuovo tentativo di mediazione”.

3.1.2. – Con le note depositate il 14 ottobre 2021, (…) ha precisato che “solo a causa di una gravissima malattia (ad oggi è ancora allettato ed in fin di vita!), (…) non ha potuto partecipare alla mediazione né rilasciare apposita delega al sottoscritto difensore. Solo per questo non ha partecipato alla mediazione”.

3.1.3. – Con le note depositate il 19 novembre 2021, la banca appellata, ha dedotto che la mancata partecipazione al procedimento di mediazione “è dipesa unicamente da un errore di valutazione e comunicazione con la cessionaria degli obblighi ed oneri a carico delle stesse, stante l’avvenuta cessione del credito già in data 19.12.2013, di cui ampiamente argomentato negli scritti difensivi. Difatti, l’invito dell’O.D.M. veniva trasmesso in buona fede dalla banca appellata – che al momento della ricezione dello stesso non era ancora costituita nel presente giudizio – alla società cessionaria nella erronea consapevolezza che avrebbero gestito direttamente la richiesta. Purtroppo questo non è avvenuto.

Tenendo conto, inoltre, dell’anteriorità del presente giudizio (iniziato con la notifica del DI. sin nell’anno 2005) alla normativa che ha introdotto la mediazione obbligatoria delegata: il D.lgs. n. 28/2010 dispone che “Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi successivamente iniziati”, nonché in considerazione della mancata adesione anche dell’appellato/appellante incidentale, si chiede, per tutte queste ragioni di non procedere all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 8 comma 4bis D.lgs 282010, potendosi ritenere in questo caso giustificata l’assenza dell’appellata”.

3.2. – Dall’esame del verbale del primo (ed unico) incontro di mediazione con esito negativo prodotto dalla parte appellante principale si rileva quanto segue:

  1. a) l’istanza di mediazione è stata depositata il 30 gennaio 2020 dalla (…) S.r.l. assistita dall’avv. (…);
  2. b) il primo (ed unico) incontro di mediazione si è svolto in presenza personale il 14 luglio 2020;
  3. c) il mediatore ha dato atto della “regolarità della notifica a mezzo pec alle parti invitate” della convocazione dell’incontro (ma non è dato evincersi a quali indirizzi p.e.c. ed in quale data);
  4. d) la (…) S.r.l. risulta “rapp.ta e difesa dall’avv. (…) – presente e riconosciuto …”, senza ulteriori indicazioni o precisazioni;
  5. e) tutte le altre parti ((…), (…), (…)) risultano assenti;
  6. f) il mediatore non ha certificato l’autografia delle sottoscrizioni apposte dall’unica persona presente (avv. (…)) ex art. 11, comma 4, D.lgs. 28/2010;
  7. g) il verbale non risulta depositato presso la segreteria dell’Organismo di mediazione (Ordine degli Avvocati di Benevento) ex art. 11, comma 5, D.lgs. 28/2010.

3.3. – Al riguardo, la Suprema Corte – in tema di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda – ha avuto modo di indicare alcune soluzioni interpretative alle quali il Collegio intende aderire.

3.4. – In primo luogo, la Cassazione ha ben evidenziato come dalla lettura sistematica della disciplina della mediazione emerge che “il successo dell’attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l’acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali” (Cass. civ. Sez. III, Sent., 27/03/2019, n. 8473; in termini, Cass. civ. Sez. III, Sent., 05/07/2019, n. 18068).

In questa prospettiva, “il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti”; in particolare, all’art. 8 D.lgs. 28/2010 è stato previsto espressamente che “al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati”. E “la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.1. – Tuttavia, secondo la S.C., “la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri” e “non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.2. – Sul punto la Cassazione chiarisce poi che “allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, …). Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.3. – A ciò consegue che, “sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale.

Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.4. – In conclusione, “la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell’avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista” (Cass. 8473/2019, cit.).

3.5.5. – Si deve poi rilevare che nello stesso senso si è già espressa questa Corte, che con riferimento alla procura sostanziale ha ribadito che “la ratio è da rinvenirsi nel fatto che l’attività di mediazione è finalizzata a verificare se sia possibile instaurare tra le parti – innanzi al mediatore – un dialogo tale da consentire in quella sede la risoluzione alternativa della controversia. Ebbene tale condizione non può ritenersi soddisfatta dal conferimento della procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata (neppure se ivi vi sia il riferimento dell’informazione alla parte dello svolgimento del procedimento di mediazione), posto che la procura processuale conferisce al difensore il potere di rappresentanza in giudizio della parte ma non gli conferisce la facoltà di sostituirsi ad esso in una attività esterna al processo – quale è appunto il procedimento di mediazione” (in una causa in materia di locazione in cui la Corte ha ritenuto inidonea una procura generale – di alcuni anni antecedenti l’insorgenza della lite – che consentiva la gestione ed anche la vendita di un immobile; App. Napoli, sent. 29 settembre 2020, n. 3227).

Appare chiaro dunque che non può mai ritenersi “la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di compiere ogni più ampio potere processuale” (App. Napoli, sent. 3227/2020, cit.), considerato che “l’attivazione della mediazione delegata non costituisce peraltro attività giurisdizionale”, trattandosi di una “parentesi non giurisdizionale all’interno del processo” (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).

3.5.6. – Nella medesima direzione, con indicazioni ulteriormente restrittive, si muove la recente riforma della mediazione in quanto il legislatore delegante ha indicato tra i princìpi e criteri direttivi per il Governo delegato quello di “prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipano al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia” (art. 1, comma 4, lett. f, L. 26 novembre 2021, n. 206).

3.6. – Occorre poi ricordare che le Sezioni Unite civili hanno chiarito che la parte onerata della presentazione della domanda di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, nei casi di opposizione a decreto ingiuntivo, è il creditore opposto per la assorbente considerazione che essa è “condizione di procedibilità della domanda giudiziale” che è quella sostanziale del ricorrente in monitorio (Cass. civ. Sez. Unite, 18/09/2020, n. 19596; in senso conforme, Cass. civ. Sez. III Ord., 08/01/2021, n. 159).

3.6.1. – Tuttavia, passando ad esaminare la norma che disciplina la mediazione demandata dal giudice, secondo quanto disposto dall’art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010, “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello” e, ad avviso del Collegio, in tale sede la domanda proposta è quella di impugnazione della sentenza di prime cure per cui l’onere che condiziona la medesima domanda non può non gravare sulla parte che agisce e, quindi, sulla parte appellante (principale e incidentale).

Invero, il mancato esperimento mediazione in seguito all’ordine del giudice integra, comunque, una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell’ipotesi di cui all’art. 348 c.p.c. In sostanza, l’esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell’appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.) della sentenza di primo grado.

3.6.2. – Tale prospettiva è coerente con il profilo dell’appello delineato dalle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum iudicium), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). Ne consegue che l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 08/02/2013, n. 3033; Cass. civ. Sez. III Sent., 09/06/2016, n. 11797; Cass. civ. Sez. II Ord., 03/09/2018, n. 21557).

3.6.3. – Sulla base dei citati princìpi, è stato precisato da questa Corte in una precedente occasione come debba gravare sullo stesso soggetto l’ulteriore (e in un certo senso implicito) onere di porre in essere tutte le attività finalizzate a rendere esigibile dal giudice dell’impugnazione quella valutazione di merito delle critiche mosse alla sentenza di primo grado (App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 28 febbraio 2019, n. 1189), sebbene la procedura di mediazione in appello non integri “una automatica condizione di procedibilità”, ma una “facoltà del giudice di creare tale condizione” (Cass. civ. Sez. III, 30/10/2018, n. 27433; Cass. civ. Sez. III, 13/12/2019, n. 32797).

3.6.4. – Per cui deve ritenersi che con riguardo al giudizio di appello la sanzione dell’improcedibilità attenga all’impugnazione (e, per ciò stesso sia all’appello principale sia a quello incidentale) e che ogni mediazione disposta ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.lgs. 28/2010 non consenta alcun meccanismo di sanatoria una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

3.7. – Più recentemente la Cassazione è intervenuta per dirimere un contrasto insorto nella giurisprudenza di merito in ordine alla natura del termine di avvio della mediazione (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).

Nel caso sottoposto all’esame della S.C. il giudice aveva discrezionalmente disposto l’avvio delle parti in mediazione fissando l’udienza successiva ed assegnando il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di avvio del procedimento di mediazione.

3.7.1. – Secondo quanto puntualmente osservato dalla S.C., al fine di stabilire se si sia verificata o meno la condizione di procedibilità della domanda giudiziale, deve aversi riguardo alla specifica prescrizione di legge secondo la quale “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda” (D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, seconda parte del primo periodo) e ancora “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo” (D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2-bis).

3.7.2. – Per cui sicuramente deve ritenersi più coerente “con la sistematica interpretazione delle disposizioni sulla mediazione e con la finalità della mediazione demandata dal giudice in corso di causa privilegiare la verifica dell’effettivo esperimento della mediazione” (Cass. 40035/2021, cit.).

Verifica che “deve svolgersi all’udienza fissata dal giudice con il provvedimento con cui aveva disposto l’invio delle parti in mediazione”; per cui se all’udienza di rinvio “risulta che vi sia stato il primo incontro dinanzi al mediatore conclusosi senza l’accordo (D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2-bis), il giudice non potrà che accertare l’avveramento della condizione di procedibilità e proseguire il giudizio” (Cass. 40035/2021, cit.).

3.7.3. – In questa prospettiva, “la norma raggiunge lo scopo cui è rivolta e cioè favorire, ove possibile ed in termini effettivi, forme alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante la composizione amichevole delle liti ed al contempo conferma il carattere di extrema ratio che il legislatore della mediazione riconosce, in prospettiva deflattiva, alla tutela giurisdizionale”.

Peraltro, questa lettura interpretativa “risulta altresì conforme al principio della ragionevole durata del processo, perché la verifica all’udienza fissata D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2, è già ricompresa nell’intervallo temporale delimitato dalla previsione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 7, a mente del quale “Il periodo di cui all’art. 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2″” (Cass. 40035/2021, cit.).

3.7.4. – Nel contesto delineato dalla S.C., ne consegue che “ove l’udienza di verifica sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 6, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest’ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura previsto per legge”.

Pertanto, “ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 2 e 2-bis, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento, entro l’udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l’accordo, e non già l’avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che dispone la mediazione” (Cass. 40035/2021, cit.).

3.8. – Nel caso in esame, come si è già rilevato, la mediazione è stata disposta all’esito dell’udienza del 23 gennaio 2020 con la fissazione dell’udienza di rinvio al 22 ottobre 2020, la mediazione è stata avviata tempestivamente 30 gennaio 2020 e il primo (ed unico) incontro si è svolto con esito negativo il 14 luglio 2020.

3.9. – Tuttavia, nonostante la mediazione sia stata tempestivamente avviata e completata entro l’udienza di rinvio, non può ritenersi che la stessa sia stata correttamente esperita.

3.9.1. – Più precisamente la mediazione è stata avviata (soltanto) dalla (…) S.r.l. e non (anche) da (…) (che non è stato nemmeno invitato a partecipare) e, tantomeno, da (…).

Ma la (…) S.r.l. ha avviato la mediazione e poi non ha partecipato alla mediazione con il suo legale rappresentante (che peraltro viene indicato nella persona proprio di (…)) in quanto la presenza dell’avvocato (…) (procuratore costituito nel giudizio di appello) non può essere ritenuta sufficiente poiché il delegato è risultato privo di una procura sostanziale ad hoc.

Sul punto le difese proposte dalla società appellante appaiono del tutto infondate e ciò che emerge chiaro dal verbale (non contraddetto dalle deduzioni contenute nelle note) è che ha partecipato il solo avvocato costituito in giudizio probabilmente confidando nei poteri contenuti nella procura alle liti. Ciò che è palese è che non vi è alcuna evidenza nel verbale di mediazione e tantomeno in sede processuale del rilascio di una procura che possa essere ritenuta idonea secondo le puntuali indicazioni della Cassazione.

Con specifico riguardo alle difese contenute nelle note del 17 novembre 2021, si deve ribadire che appare del tutto ininfluente la sentenza n. 19596/2020 delle Sezioni Unite della Cassazione posto che nel giudizio di appello l’onere grava sulla parte che impugna la sentenza di primo grado con le conseguenze sopra descritte. Inoltre, la disciplina contenuta nel comma 2 dell’art. 5, D.lgs. 28/2010 – nella versione risultante dalla sostituzione operata dall’art. 84, comma 1, lett. c), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, applicabile a tutti processi pendenti alla data di entrata in vigore del 21 settembre 2013 – è sicuramente applicabile all’odierno processo introdotto con atto di appello datato 30 ottobre 2013 ed iscritto a ruolo l’11 novembre 2013.

3.9.2. – Invero, nella prospettiva indicata dalla S.C. (Cass. 8473/2019, cit.) emerge nella fattispecie la mancata partecipazione al primo incontro di mediazione della (…) S.r.l. a mezzo del suo legale rappresentante o di altro soggetto dallo stesso delegato mediante il rilascio di una idonea procura ad negotia che abbia autorizzato il rappresentante ad agire e partecipare in nome e per conto del medesimo all’incontro di mediazione, con chiara specificazione dei poteri e dei limiti, il cui documento risulti essere stato depositato agli atti dell’organismo entro la data indicata (14 luglio 2020), per cui non può ritenersi ritualmente, validamente e legittimamente esperito il procedimento di mediazione, con il conseguente omesso avveramento della condizione di procedibilità con riguardo all’appello principale.

Peraltro, l’assenza in mediazione delle parti invitate, non può condurre a diverse soluzioni. Infatti, nel solco dell’insegnamento di legittimità deve ritenersi che – essendo stata accertata la mancata partecipazione della parte personalmente al procedimento di mediazione e risultando altresì che il difensore per essa presente fosse ragionevolmente munito della sola procura alle liti conferita per il processo, con la conseguenza che lo stesso non può considerarsi validamente delegato a partecipare in sostituzione della parte alle attività di mediazione – “la condizione di procedibilità rappresentata dall’esperimento del procedimento di mediazione (concluso senza accordo) deve considerarsi non avverata” (Cass. civ. Sez. III, Sent., 05/07/2019, n. 18068; nella fattispecie esaminata la Cassazione ha cassato la sentenza d’appello – e deciso nel merito dichiarando l’improcedibilità della domanda – che aveva ritenuto che la mancata comparizione personale della parte onerata non comportasse di per sé l’improcedibilità dell’azione giudiziale se accompagnata anche dalla mancata comparizione dell’altra parte).

3.9.3. – D’altronde, l’altro appellante ((…)) non ha dato avvio alla procedura (e non è stato nemmeno invitata a parteciparvi) per cui subisce le medesime conseguenze della improcedibilità dell’appello principale.

3.9.4. – La parte appellante incidentale ((…)) – pur essendone egualmente onerata – non soltanto non ha avviato la mediazione, ma non ha nemmeno preso parte alla mediazione avviata dall’appellante principale. Nessuna indicazione nel verbale di mediazione e tantomeno alcuna evidenza processuale emerge circa le ragioni di tale condotta.

A tal fine, non possono valere le giustificazioni pur tardivamente addotte dal procuratore costituito nelle note depositate per la trattazione dell’udienza cartolare dalle quali si evince un grave stato di salute di (…). Invero, sua difesa ben avrebbe potuto (o, meglio, dovuto) allegare e comprovare tale situazione di oggettiva impossibilità con una certificazione medica da trasmettere tempestivamente all’organismo di mediazione (depositandola poi nel corso del processo) al fine di richiedere un differimento del primo incontro o alternativamente partecipando con idonea procura alla procedura (ovvero assistendo altro rappresentante all’uopo incaricato dalla parte). A tale condotta, quindi, consegue inevitabilmente la improcedibilità dell’appello incidentale.

3.9.5. – Peraltro, si è già precisato che, in ogni caso, non è possibile disporre alcuna sanatoria secondo quanto richiesto dalla società appellante proprio alla luce di quanto statuito dal comma 2 dell’art. 5 D.lgs. 28/2010 (diversamente da quanto previsto dal comma 1-bis) una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

Per cui la improcedibilità maturata non può essere in alcun modo superata disponendo nuovamente la mediazione.

3.9.6. – Quanto alla posizione della banca appellata, occorre rilevare che la stessa risulta del tutto assente e silente all’incontro di mediazione del 14 luglio 2021 e sino alla redazione delle note sollecitate della Corte.

In quelle note la banca ha addotto motivazioni che non possono in alcun modo essere ritenute idonee a giustificare l’assenza in mediazione in quanto esprimono soltanto problematiche attinenti all’organizzazione interna e per ciò stesso assolutamente prive di rilevanza.

Per cui occorre condannare la banca al versamento ex art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 28/2010 per l’ingiustificata mancata partecipazione alla procedura di mediazione disposta dalla Corte (“Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”).

Non può dunque ritenersi idonea anche la procura in base alla quale la parte appellata ha partecipato alla mediazione e le conseguenze della ingiustificata assenza alla quale deve essere equiparata la irrituale partecipazione consistono nella condanna alla sanzione di cui all’art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 28/2010.

  1. – Alla luce di quanto sopra esposto, l’appello proposto dalla (…) S.r.l. e da (…) deve essere dichiarato improcedibile, come deve essere dichiarato improcedibile l’appello incidentale formulato da (…); mentre la banca appellata deve essere condannata al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
  2. – Considerata la condotta tenuta da tutte le parti rispetto alla mediazione disposta dalla Corte, sussistono sufficienti ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

5.1. – Considerato che l’atto di appello è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013 come anche la proposizione dell’appello incidentale è successiva a tale date, la parte appellante principale e quella incidentale sono tenute al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la proposizione dell’appello: v. art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012 n. 228, applicabile (art. 1, comma 18) ai procedimenti iniziati trenta giorni dopo l’entrata in vigore della legge 228

(quindi a partire dal 31 gennaio 2013), vale a dire alle impugnazioni proposte dopo tale data (secondo la pacifica interpretazione della norma da parte della Corte di Cassazione: cfr. Cass. 14515/2015, Cass. 13636/2015, Cass. 6280/2015).

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla (…) S.r.l. e da (…) e sull’appello incidentale proposto da (…) avverso la sentenza n. 1440/2012 del Tribunale di Benevento nei confronti della (…) ed iscritto al numero R.G. 4580/2013, così decide:

a) dichiara improcedibile l’appello principale proposto dalla (…) S.r.l. e (…);

b) dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto da (…);

c) compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado di giudizio;

d) condanna la (…), società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (ai sensi dell’art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 28/2010);

e) dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell’appellante principale (…), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello versato per l’appello, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115;

f) dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte dell’appellante incidentale (…), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello versato per l’appello, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Così deciso in Napoli il 21 dicembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2022.

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Chi è l'autore
Avv. Sabine  Chiarella Mediatore Avv. Sabine Chiarella
“Ciò che è opposto si concilia, dalle cose in contrasto nasce l'armonia più bella, e tutto si genera per via di contesa.” Eraclito

Anni prima di conseguire il titolo di avvocato (anno 2008), mi sono approcciata alla mediazione, materia a me affina; infatti nel 2004, ho frequentato il master universitario in mediazione e tecniche alternative di risoluzione delle controversie.
La mia formazione è proseguita con un corso di aggiornamento presso l'organismo 101 mediatori oltreché specializzarmi...
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