Non si evita la sanzione ex art. 8, comma 4-bis, D.Lgs. n. 28/2010 semplicemente adducendo l’infondatezza della pretesa dell’istante

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Dott.ssa Marina Gracola

Corte d’appello di Firenze, Sez. 4, 11.05.2023, sentenza n. 1011, presidente relatore Dania Mori

A cura del Mediatore Dott.ssa Marina Gracola da Pisa.
Letto 360 dal 16/08/2023

Commento:

In una controversia assicurativa in tema di responsabilità sanitaria, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva condannato l'appellante compagnia di assicurazione a manlevare, in virtù di una polizza stipulata "inter partes", l'appellata Azienda ospedaliera da quanto dalla stessa corrisposto in esecuzione di una sentenza di condanna del Tribunale di Cosenza agli eredi del sig. X deceduto in seguito ad un intervento chirurgico (importo complessivo Euro 930.060,49).
La sentenza del Tribunale di Firenze viene confermata anche nella parte in cui aveva irrogato alla compagnia di assicurazione la sanzione della condanna al versamento, in favore dell'Erario, della somma, pari all'importo del contributo unificato dovuto per il giudizio, in conseguenza della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione (nella specie Euro 1686,00).
Esaminando il sesto motivo di appello, la Corte di Firenze ha riaffermato che in tema di mediazione obbligatoria, ai fini dell'irrogazione da parte del giudice della sanzione pecuniaria prevista dall'articolo 8, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010 in caso di mancata partecipazione al procedimento senza giustificato motivo, non integra circostanza esimente la condotta della parte non ottemperante che si sia limitata a rappresentare le ragioni dell'infondatezza delle pretese avanzate da controparte, dovendo al contrario la stessa presentarsi di fronte al mediatore e solo in quella sede manifestare la mancata disponibilità alla mediazione adducendo le sue ragioni. Non può essere giustificata la mancata partecipazione al procedimento di mediazione obbligatorio per legge sol perché si ritiene di avere ragione e si ipotizza perciò di vincere la causa; in ogni caso nella vicenda tale atteggiamento della compagnia di assicurazione si è rivelato in concreto assolutamente errato, alla luce dell'esito del giudizio.°

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE
QUARTA SEZIONE CIVILE
La Corte, composta dai magistrati:
  • Dania Mori - Presidente rel.
  • Giulia Conte - Consigliere
  • Paola Caporali - Consigliere
Nella causa civile n. 604/20 RG, promossa da:
(...) spa, rappresentata e difesa dall'avv.(...)
APPELLANTE
contro
(...) in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti (...) e (...) APPELLATA
Avverso la sentenza n. 203/2020 emessa in data 22.01.2020 dal Tribunale di Firenze ha emesso la seguente
SENTENZA
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.(...) nel settembre del 2003 veniva ricoverato presso l'ospedale di Cosenza per accertamenti diagnostici, soffrendo di dolori alle gambe che durante il cammino gli davano un senso di pesantezza; i sanitari consigliavano un intervento neurochirurgico e (...) in data 15.11.03 si ricoverava all'ospedale di (...) a (...) ove gli veniva diagnosticata una "malformazione occipito- cervicale con risalita del dente dell'epistrofeo e interposizione di tessuto patologico tra il dente e l'arco di C1 " e in data 19.11.03 veniva sottoposto ad intervento chirurgico. Durante l'operazione si verificava ima bradicardia per alcuni minuti, prevedibile in conseguenza delle pregresse patologie cardiache, all'esito della quale si verificava un arresto cardiaco e poi (...) coma, senza più riprendersi fino al decesso, che avveniva in data 25.12.04. Gli eredi di (...) (coniuge figli) citavano quindi in giudizio di fronte al Tribunale di Cosenza sia (...) di quella città, sia (...) chiedendo il risarcimento di tutti i danni conseguenti alla morte del congiunto in ragione della responsabilità sanitaria di entrambe le strutture, dovuta alla negligenza ed imperizia dei media ivi operanti.
(...) si costituiva in giudizio a ministero dell'avvocato (...) nominato dalla sua compagnia di assicurazione per la responsabilità civile (all'epoca (...) spa, poi (...) spa) ai sensi dell'art. 7 della polizza inter partes, e chiedeva il rigetto della domanda.
Il Tribunale istruiva la causa con CTU ed all'esito, con sentenza n. 276/2016, rigettava la domanda verso l'Azienda S.C. ma la accoglieva nei confronti (...) con la seguente motivazione: "il ctu... è pervenuto alla conclusione che, seppure non vi fu errore nell'indicazione dell'intervento
chirurgico, dettato dalla patologia connotata dalla compressione midollare, dalla rapida ingravescenza sintomatologica e dalla potenziale evoluzione peggiorativa del quadro clinico, né nella scelta tecnica dell'intervento chirurgico, di altissima chirurgia e di alto rischio, né nell'approccio tattico, tuttavia in difetto di adeguato riscontro documentale non è dato sapere
quali manovre gli anestesisti ed i chirurghi abbiano effettuato allorquando si verificò l'insorgenza della bradicardia sino all'arresto cardiaco intraoperatorio, così da poter individuare quale azione od omissione medica abbia determinato la stimolazione della funzione cardiaca e valutare in termini di efficacia e tempestività la condotta dei sanitari nell'eseguire le manovre rianimatorie, per cui deve ritenersi la responsabilità dei sanitari per non avere dimostrato di aver fatto di tutto per evitare l'instaurarsi della bradicardia e, comunque, per non aver posto in essere azioni successive all'arresto cardiaco idonee a garantire una adeguata perfusione cerebrale in un soggetto in cui la possibilità di efficace soccorso era molto elevata
Il Tribunale di Cosenza quindi condannava la (...) al pagamento, in favore di ciascuno dei 4 attori, della somma di Euro 57.420,00 pro quota nella qualità di eredi e di Euro 170.000,00 iure proprio oltre interessi legali, nonché al pagamento delle spese processuali e delle spese di CTU.
  1. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) (di seguito (...) conveniva in giudizio (...) spa di fronte al Tribunale di Firenze chiedendo di accertare e dichiarare l'operatività del contratto di assicurazione stipulato inter partes ed affermare il diritto (...) ad essere manlevata dalla società (...) spa e, per l'effetto, condannare la compagnia a risarcirla di quanto essa era stata obbligata a pagare agli eredi del sig.(...) in esecuzione della sentenza n. 276/2016 del Tribunale di Cosenza e corrispondere alla (...) la somma di Euro 930.060,49, o la diversa minore somma determinata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal di del pagamento al saldo.
A sostegno della propria domanda l'attrice esponeva:
  • che nel giudizio risarcitorio instaurato dinanzi al Tribunale di Cosenza dagli eredi del sig.(...) la compagnia di assicurazione (...) aveva assunto la gestione della controversia come previsto dalla polizza, incaricando quale difensore (...) un difensore di propria fiducia nella persona dell 'avv.to(...)
  • che l'azienda (...) aveva trasmesso tutta la documentazione sanitaria, ivi inclusa quella richiesta dal CTU incaricato nel giudizio risarcitorio, relativa alla "cartella/scheda anestesiologica pre- operatoria" e alla "cartella anestesiologica intra-operatoria";
  • che l'avvocato della assicurazione aveva rappresentato che nella documentazione inviata (...) non vi era traccia della scheda anestesiologica richiesta dal CTU e tale scheda era quindi stata tempestivamente inoltrata una seconda volta dall'azienda (...), in riscontro alla richiesta del legale;
  • che il CTU riteneva non idonea la documentazione prodotta (...) a provare che la bradicardia e l'arresto cardiaco intraoperatorio, che avevano cagionato lo stato di coma vegetativo e il successivo exitus del paziente, non fossero imputabili ad azioni o omissioni mediche ed il Tribunale di Cosenza, facendo propri i risultati della CTU, accoglieva la domanda risarcitoria, ritenendo che (...) convenuta non avesse adempiuto al proprio onere probatorio;
  • che la compagnia di assicurazione aveva rifiutato di manlevare (...) contestando la mancata trasmissione di documentazione sanitaria decisiva;
  • che in realtà (...) aveva trasmesso più volte tutta la documentazione sanitaria riferibile al sinistro e richiesta dal CTU, la quale evidentemente non era stata prodotta in giudizio per negligenza della assicurazione e del legale incaricato (in particolare l'avvocato (...) aveva omesso di depositare in giudizio 91 pagine della cartella clinica della U.O. Anestesia e Rianimazione), con conseguente responsabilità per mala gestio della compagnia assicuratrice.
Si costituiva in giudizio la compagnia di assicurazione contestando la ricostruzione dei fatti così come indicata dall'attrice nel proprio atto di citazione ed insisteva nel rigetto della domanda; in particolare la convenuta assumeva che l'azienda (...), nonostante fosse stata più volte sollecitata dal difensore incaricato dalla compagnia a seguito dell'assunzione diretta della gestione della controversia, ometteva di trasmettere la documentazione richiesta dal CTU incaricato nel giudizio dinanzi al Tribunale di Cosenza ed in particolare la scheda anestesiologica pre-operatoria;
omissione determinante ai fini dell'esito del giudizio, che avrebbe potuto determinare l'estraneità dei sanitari (...) alla determinazione del sinistro. A riprova di tali circostanze veniva prodotto lo scambio di comunicazioni intercorso tra l'azienda (...), la compagnia di assicurazione, difensore incaricato, CTU e CTP.
Il Tribunale di Firenze, istruita la causa solo in via documentale, con la sentenza n. 203/2020 resa inter partes e pubblicata il 22 gennaio 2020, accoglieva la domanda di parte attrice e così statuiva: "definitivamente pronunciando, assorbita ogni altra eccezione deduzione e domanda, così provvede: - condanna la (...) Spa al versamento, in favore dell'Erario, della somma di Euro 1.686,00, pari all'importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio in conseguenza della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione. - accoglie la domanda attrice e, per l'effetto, condanna la (...) Spa a manlevare parte attrice in virtù della polizza n. (...) da guanto corrisposto dalla in esecuzione della sentenza n. 276/2016 emessa dal Tribunale di Cosenza e, per l'effetto a corrisponderle l'importo complessivo di Euro 930.060,49 oltre interessi dal di del pagamento al saldo; - le spese processuali sostenute da parte attrice sono poste a carico di parte convenuta e sono liquidate in Euro 27.804,00 a titolo di compenso professionale, oltre le spese vive documentate (contributo unificato, bolli e spese di notifica), oneri di legge e rimborso forfettario del 15%".
  1. Ha proposto appello (...) spa con sei motivi, chiedendo la riforma della sentenza e concludendo come indicato in epigrafe.
Nello specifico la compagnia di assicurazione ha impugnato la sentenza resa dal primo Giudice: a) nella parte in cui il Tribunale non tiene conto che ciò che la compagnia di assicurazione ha contestato all'Azienda (...) è la violazione del fondamentale dovere di collaborazione a carico dell'assicurata sancito dalle condizioni di assicurazione, di cui costituiscono specifica declinazione gli obblighi di avviso e di salvataggio di cui agli artt. 1913 e 1914 cod. civ., con le conseguenze indicate all'art. 1915 cod. civ., in caso di violazione;
  1. nella parte in cui viene esclusa l'applicabilità al caso di specie dell'art. 1914 cod. civ.;
  2. nella parte in cui il primo Giudice non considera che la contestazione della violazione del dovere di collaborazione configura un'eccezione di inadempimento, con conseguente obbligo della parte attrice di provare il proprio adempimento;
  3. nella parte in cui il Tribunale ha completamente omesso di tenere conto delle effettive risultanze documentali ulteriormente suffragate dall'ambiguo e contraddittorio contegno anche processuale tenuto dall'Azienda;
  4. per la mancata considerazione che la violazione consapevole del dovere di collaborazione da parte dell'assicurata comporta per legge la decadenza del diritto all'indennizzo anche a prescindere dalla prova della sussistenza di un danno risarcibile; danno comunque nel caso di specie sicuramente sussistente, tenuto conto dell'esito dell'azione maratona promossa dai terzi danneggiati;
  1. nella parte i cui il primo Giudice ha applicato a carico della compagnia di assicurazione la sanzione prevista dall'art. 8, comma 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 per non avere partecipato al procedimento di mediazione avviato ante causam (...) senza giustificato motivo.
  1. Si è costituita in appello (...) che preliminarmente ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis c.p.c.; nel merito l'appellata ha contestato tutte le argomentazioni di controparte ed ha concluso chiedendo il rigetto dell'impugnazione con conferma della sentenza impugnata.
  2. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 17 gennaio 2023, svoltasi con trattazione scritta, con concessione alle parti dei termini di legge per comparse conclusionali e repliche ai sensi dell'art. 190 c.p.c..
  3. E'infondata la preliminare eccezione di rito di inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis c.p.c., essendo superata dalla circostanza che il presente processo è già pervenuto alla fase decisoria, segno evidente che l'appello non era manifestamente infondato, tanto da poterlo dichiarare tale in limine litis, mediante una semplice ordinanza di inammissibilità per tale causa.
  4. Passando al merito occorre preliminarmente precisare che, come espressamente riconosciuto da parte appellante (cfr. pagg. 7/8 appello), il Tribunale ha motivato l'accoglimento della domanda come segue:
  1. non può trovare applicazione nel caso di specie l'art. 1914 c.c. invocato dalla convenuta, in
quanto la condotta omissiva contestata all'assicurata è intervenuta dopo che il danno si era integralmente verificato a seguito del decesso del paziente e, pertanto, non era più attuale alcun obbligo di salvataggio in capo all'assiemato. Al più, la Compagnia avrebbe titolo al risarcimento del danno derivante dalla mancata collaborazione dell'assicurata, ove esso fosse stato provato;
  1. non ha trovato adeguato riscontro probatorio (e deve pertanto valutarsi come indimostrata) la circostanza allegata dalla convenuta secondo la quale la struttura sanitaria avrebbe omesso di consegnare tutta la documentazione sanitaria in suo possesso ed in particolare le 91 pagine della cartella della U.O. Anestesia e Rianimazione;
  2. tenuto conto del fatto che non è in contestazione che l'evento dannoso sia ricompreso nella copertura e che la Compagnia abbia assunto la gestione della lite, si deve concludere che l'assicurata parte attrice abbia diritto ad essere manlevata dell'importo complessivo di Euro 930.060,49, che la (...) è stata condannata a versare agli eredi del sig.(...) anche per spese legali dei medesimi, importo che non è stato contestato in sé dalla controparte ed il cui pagamento effettivo trova riscontro documentale.
  1. Ciò premesso possono essere esaminati congiuntamente, perché strettamente connessi, il primo e il secondo motivo di appello.
Con il primo motivo la compagnia si duole che il primo giudice non solo non ha applicato alla fattispecie l'art. 1914 c.c. in tema di obbligo di salvataggio a carico dell'assicurato (con conseguente perdita del diritto all'indennità ai sensi dell'art. 1915 c.c.), ma non ha neppure inquadrato correttamente la difesa svolta in giudizio dalla compagnia, che aveva anzitutto inteso contestare all'assicurata la reiterata e consapevole violazione del suo dovere di collaborazione nella gestione della domanda risarcitoria che era stata avanzata giudizialmente dai terzi danneggiati, dovere che connota, nell'ambito del più generale dovere di lealtà e correttezza nell'esecuzione del contratto, anche il contratto inter partes, come si evince dall'art. 7 delle condizioni di assicurazione, che testualmente prevede: "la difesa contro le pretese e le azioni dei danneggiati spetta esclusivamente alla Società, la quale agisce in qualsiasi sede o modo in nome dell'Assicurato, che è tenuto a prestarle la sua collaborazione"; tale dovere era stato violato nel momento in cui l'assicurata non aveva trasmesso al difensore un documento ritenuto decisivo dal CTU ai fini dell'accertamento della responsabilità della Azienda (...), in quanto l'assicurato deve mettere l'assicuratore nelle condizioni di gestire correttamente il sinistro acquisendo ogni informazione utile e tutta la documentazione pertinente, per essere in grado di deliberare in merito alla domanda risarcitoria e decidere se resistere in giudizio, oppure addivenire ad una soluzione bonaria della controversia insorta tra l'assicurato e il terzo danneggiato.
Con il secondo motivo di appello viene impugnata la seguente parte della sentenza di primo grado:
"L'obbligo di salvataggio è quindi evidentemente riferibile solo a comportamenti in grado di elidere o diminuire l 'entità del danno prodotto in capo al danneggiato e riguarda quei danni che l'assicurato può ancora evitare (in quanto non si sono ancora verificati) e quindi, nel caso di responsabilità professionale medica e/o sanitaria, i danni che possono ancora essere evitati dopo che il medico e/o il personale della struttura sanitaria si sia accorto dell'errore commesso. Pleonastico appare dunque sottolineare che, proprio nell'ambito della responsabilità professionale medica e/o sanitaria e laddove si sia verificato il decesso del paziente (come nella fattispecie per cui è causa), il medico e/o il personale della struttura sanitaria nulla possono più fare per evitare i danni che si sono prodotti (factum infectum fieri nequit) e la compagnia assicuratrice deve quindi rimborsare all'assicurato (sia pur nei limiti del massimale) tutto quanto costui deve pagare al danneggiato, non potendo trovare dunque concreta applicazione l'art. 1914 c.c.".
L'appellante censura tali argomentazioni e dunque la mancata applicazione nel caso di specie dell'art. 1914 c.c. (il cui primo comma sancisce che "L'assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno") sostenendo che il Tribunale, pur confermando in termini generali che l'obbligo di salvataggio trova applicazione anche nell'assicurazione della responsabilità civile, erroneamente non ha poi tenuto conto del fatto che il rischio garantito da tale tipologia di assicurazione (cd assicurazione di patrimonio) è costituito dalle conseguenze economiche dell'obbligazione risarcitoria a carico dell'assicurato e non dal danno subito dal terzo danneggiato; ciò comporta, con riferimento all'obbligo di salvataggio, che l'assicurato è tenuto a collaborare con l'assicuratore per evitare che la sua obbligazione risarcitoria possa aggravarsi con una gestione inadeguata della controversia insorta con il terzo danneggiato, omettendo di prestare la collaborazione prevista dalle condizioni di polizza.
Osserva la Corte, esaminando il secondo motivo, che le argomentazioni di parte appellante sono sicuramente condivisibili: quando la norma prevede che "L'assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno " all'evidenza si riferisce, una volta applicata detta norma al contratto di assicurazione per la responsabilità civile, non al (lamio inteso come evento lesivo primario (ossia, in questo caso, morte, o lesioni personali, o danneggiamenti a cose e animali), ma al danno inteso come conseguenza risarcitoria derivante da tale evento, appunto perché l'oggetto dell'assicurazione (e quindi il rischio assicurato) a norma dell'art. 1 della polizza consiste in ogni somma che l'Azienda (...) assicurata deve corrispondere come responsabile civile, a titolo di risarcimento danni per fatti involontariamente cagionati a terzi, per morte, o lesioni personali, o danneggiamenti a cose e animali.
Di conseguenza, nonostante che nella fattispecie si discutesse di un caso di responsabilità sanitaria per morte del paziente, fatto ovviamente non più evitabile una volta accaduto, ciò non escludeva, di per sé, la possibilità di applicare al caso di specie l'art. 1914 c.c. (e la correlativa sanzione della violazione dell'obbligo di salvataggio prevista dall'art. 1915 c.c.), in quanto il fatto storico che parte convenuta addebitava a parte attrice (l'avere (...) omesso di trasmettere al difensore nominato dalla compagnia, avvocato (...) tutta la documentazione sanitaria in suo possesso e, in particolare, la cartella della U.O. Anestesia e Rianimazione), indubbiamente connota, sul piano astratto, una condotta idonea a cagionare il danno - una volta dimostrato che tale documentazione non consegnata aveva in concreto influito in modo determinante sulla decisione del giudice - essendo il danno nella specie costituito dalla sopravvenuta condanna in giudizio (...) parte del Tribunale di Cosenza.
Del resto lo stesso giudice appellato ha evidenziato, a pag. 4 della sentenza, che in linea di principio l'obbligo di salvataggio è ormai ritenuto applicabile (cfr. Cass. n. 83/04) anche ai casi di assicurazione della responsabilità civile (quantomeno con riferimento all'obbligo di non aggravamento) e se un tempo veniva tradizionalmente riferito (principalmente in ragione della sua genesi avvenuta nell'ambito dell'assicurazione contro i danni) all'attività materiale e concreta di salvataggio del bene assicurato, "oggi è ritenuto dal prevalente indirizzo giurisprudenziale comprensivo di tutti "gli interventi che, inserendosi nel processo causale, risultano idonei ad impedire la produzione (in tutto o in parte) o il completamento del danno" (vedi Cass. Civ., sez. III, 28.1.2005, n. 1749)".
Sono parimenti condivisibili le argomentazioni contenute nel primo motivo di appello secondo cui l'assicurato deve trasmettere all'assicuratore, che ha assunto a nonna di polizza la gestione della lite pendente con il danneggiato, tutta la documentazione in suo possesso, sicuramente necessaria perché il difensore possa apprestare la migliore difesa (ed anche perché la compagnia possa valutare eventualmente l'alternativa di abbandonare la causa e transigere la lite con il danneggiato in via stragiudiziale).
Ciò nonostante, l'astratta fondatezza dei primi due motivi di appello non conduce ad alcun risultato utile per parte appellante, come emerge dall'esame dei due successivi motivi di appello.
 
  1. Con il terzo motivo l'appellante, dopo aver ribadito che l'assicurata, nonostante fosse stata informata dall'avv.to (...) che il CTU aveva necessità di esaminare documentazione sanitaria ulteriore rispetto a quella che gli era stata fornita, aveva perseverato nel trasmettere al difensore sempre la medesima documentazione senza fornire alcun chiarimento in risposta alle perplessità manifestate dal consulente tecnico di parte, dal consulente d'ufficio e dal difensore (così avendo violato dolosamente l'obbligo di collaborazione con la compagnia espressamente sancito nelle condizioni della polizza), sostiene che il Tribunale avrebbe anche errato nella individuazione degli oneri probatori facenti capo a ciascuna parte processuale: "In particolare, il Tribunale afferma che la Compagnia non avrebbe provato la mancata trasmissione della documentazione da parte dell'Azienda e che, al contrario, l'attrice avrebbe provato di aver inviato tutta la documentazione in suo possesso. Tuttavia, il primo Giudice non considera che, in caso di eccezione di inadempimento
  • ipotesi cui va evidentemente ricondotta la contestazione della violazione del dovere di collaborazione dell'assicurato - il debitore può limitarsi a allegare l'altrui inadempimento mentre la controparte "al fine di neutralizzare l'eccezione, ha l'onere di provare il proprio adempimento" (Cass. n. 8736/2014" (sic a pag. 16 appello).
Il motivo è infondato: contrariamente a quanto ritenuto dall'appellante, (...) ha agito in giudizio sulla base della polizza per responsabilità civile verso terzi, sicuramente valida ed efficace tra le parti, invocando il suo diritto ad essere manlevata dalla compagnia di quanto aveva dovuto corrispondere agli eredi (...) base della sentenza n. 276/2016 del Tribunale di Cosenza; orbene, rispetto a tale domanda attorea l'allegazione difensiva di parte convenuta di violazione dell'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. o, più in generale, del dovere di collaborazione con l'assicuratore sancito anche dalla polizza - violazione quest'ultima che secondo parte appellante dovrebbe con dune alla medesima conseguenza della perdita del diritto all'indennizzo prevista dall'art. 1915 cod. civ. - costituiscono all'evidenza fatti impeditivi del diritto fatto valere in giudizio dall'attrice; di conseguenza, applicati nella fattispecie i principi generali di cui all'art. 2697 c.c., si deve ritenere che l'attrice avesse solo l'onere probatorio di provare il fatto costitutivo del diritto invocato (ossia l'esistenza e la validità della polizza) e che spettasse a parte convenuta dimostrare i fatti impeditivi che, a suo parere, paralizzavano il predetto diritto.
Il Giudice appellato pertanto, nel dire che spettava a parte convenuta dimostrare la circostanza allegata secondo la quale la struttura sanitaria avrebbe omesso di consegnare tutta la documentazione sanitaria in suo possesso, ha fatto buon governo dei principi sull'onere della prova.
  1. Con il quarto motivo di appello la compagnia sostiene che la decisione appellata sarebbe del tutto incongrua e carente anche in relazione alla valutazione delle emergenze documentali e della condotta tenuta dalle parti.
In particolare la documentazione in atti avrebbe dimostrato:
"(i) che il CTU ha reiteratamente chiesto uno specifico documento e segnatamente la scheda anestesiologica preoperatoria; (ii) che tale documento è stato reiteratamente chiesto dalla Compagnia all'Azienda; (iii) che l'Azienda non lo ha mai fornito, limitandosi a inoltrare sempre la medesima documentazione, senza fornire alcun chiarimento in merito all'esistenza o meno della scheda anestesiologica, benché espressamente sollecitata sul punto; (iv) che l'atteggiamento inerte e ambiguo dell'assicurata è perdurato anche nel corso del primo grado di giudizio, avendo l'Azienda assunto atteggiamenti contraddittori in merito all'effettiva esistenza della documentazione" (sic a pag. 18 appello).
Il motivo è infondato, nella misura in cui parte appellante ritiene di ritenere dimostrato, sulla base dei fatti così come appena indicati dalla parte stessa, un comportamento di controparte contrario a buona fede e correttezza, o addirittura di violazione dell'obbligo di salvataggio ex art. 1914 c.c., essendo invece emerso dai documenti depositati in causa che, al massimo, si è verificato un fraintendimento tra le parti circa l'esistenza di documentazione sanitaria presso (...) ulteriore rispetto a quella sin dall'inizio fornita alla compagnia di assicurazione per apprestare la difesa in giudizio della struttura sanitaria.
Invero i fatti come ricostruibili documentalmente sono i seguenti:
  1. in data 9.1.13 l'avv.to (...) inviava un fax alla compagnia di assicurazione comunicando che in sede di operazioni peritali era emersa la necessità di acquisire "la scheda anestesiologica preoperatoria del paziente nonché la cartella anestesiologica intraoperatoria e i protocolli operativi", che risultava indispensabile per chiarire se il de cuius fosse stato sottoposto ad intervento chirurgico in condizioni di rischio operatorio, in quanto cardiopatico (vedi doc. n. 2 del fascicolo di primo grado convenuta);
  2. la compagnia, con lettera del 9 gennaio 2013, inviava nuovamente la documentazione in suo possesso e invitava il difensore a prendere direttamente contatto con rassicurata, qualora mancasse la documentazione richiesta dal CTU, coordinandosi con il CTP Dott.(...) (vedi doc. n.3);
  3. in data 19.11.13 l'avv.(...) trasmetteva al C.T.P. dott.(...) la predetta documentazione; seguiva in data 29.1.13 la mail del suddetto C.T.P. che rilevava la mancanza della scheda anestesiologica espressamente richiesta dal CTU e ribadiva come la stessa fosse necessaria per verificare se il danneggiato fosse state operato senza valutare il rischio intraoperatorio, in quanto cardiopatico (vedi docc. nn. 4 e 5);
  4. l'avv.to (...) quindi inviava in data 1.2.13 un fax alla Azienda (...) (e p.c. al CTU e alla compagnia), richiedendo di nuovo l'invio della scheda anestesiologica preoperatoria e della cartella anestesiologica intra operatori a, con protocolli operativi (vedi doc. n. 6);
  5. l'Azienda rispondeva con e-mail in data 8 febbraio 2013 (vedi doc. 7), comunicando di trasmettere "copia della sotto elencata documentazione:
  • scheda anestesiologica preoperatoria del paziente con valutazione cardiologica del 19.11.03 e del 20.11.03, da tener presente che il sig.(...) ha eseguito gli esami preoperatori durante il ricovero (ricovero del 15.11.03 e intervento eseguito il 19.11.03);
  • protocollo chirurgico e registro di sala operatoria.
Si rileva che tale documentazione è comunque presente nella cartella clinica inviata in copia conforme in data 13.4.07 alla Spett. le (...)
Al fine di procedere alla trasmissione dei documenti attinenti a quanto richiesto, La invitiamo a volerci chiarire cosa si intende per "protocolli operativi";
  1. l'avv.to (...) inoltrava quindi la documentazione al C.T.P. dott.(...) il 13 febbraio 2013 segnalando che secondo la (...) essa sarebbe stata già ricompresa nella copia della cartella clinica consegnata al ctp brevi manu e chiedendo di chiarire cosa intenda il CTU per "protocolli operativi", "atteso che la (...) sostiene di disporre solo del protocollo chirurgico n. (...) e che non esistono altri protocolli o regolamenti interni nella struttura sanitaria convenuta" (vedi doc. n. 8);
  2. rispondeva il dott.(...) con mail del 22.2.13 confermando che "l Ulteriore documentazione che mi avete fornito è sovrapponibile a quella già in precedenza esaminata. Sarebbe utile a questo punto chiedere alla Direzione Sanitaria del (...) quali sono le procedure standard preoperatorie eseguite dagli anestesisti presso codesto nosocomio e dove esse vengono riportate; ciò in quanto potrebbe esserci utile per giustificare l'assenza della visita anestesiologica preoperatoria nella cartella clinica" (vedi doc. 10);
(viii) in data 26.2.13 l'avv.to(...) girava via fax all'Azienda (...) la predetta mail del ctp, invitandola a "dare pronto riscontro al quesito posto dal dott. (...) (vedi doc. n. 11).
(ix) A questo punto non vi erano ulteriori risposte dalla Azienda (...) nonostante diversi solleciti dell'avv.to (...) (inviati in data 8.3.13, 8.4.13, 8.5.13, 1.7.13: vedi doc. 12, 13, 14, 16), fino alla comunicazione via fax del 4.7.13, con cui rispondeva all'avvocato: "come richiesto, si trasmette copia della scheda onestesiologica contenuta nella documentazione sanitaria già in Vs possesso".
Dallo scambio di comunicazioni che precede a parere della Corte non emerge un comportamento dell'Azienda (...) contrario a buona fede e correttezza, o addirittura di violazione del l'obbligo di salvataggio ex art. 1914 c.c., ma solo un evidente fraintendimento tra le parti, avendo il difensore ritenuto, sulla base di quanto gli veniva rappresentato dal suo ctp e dal CTU, che esistesse ulteriore documentazione sanitaria rispetto a quella inizialmente trasmessa, ed avendo la (...) risposto fin dalla sua prima comunicazione dell'8.2.13 che quanto le veniva richiesto (e nuovamente veniva ritrasmesso) faceva già parte della documentazione inizialmente fornita alla compagnia di assicurazione ("Si rileva che tale documentazione è comunque presente nella cartella clinica inviata in copia conforme in data 13.4.07 alla Spett. le (...) pertanto già da questa risposta di parte attrice risultava implicitamente la conclusione che la (...) non disponeva di altra documentazione sanitaria riguardante il paziente (...) (e del resto, perché mai la (...) non avrebbe dovuto
trasmetterla all'avvocato, se davvero esistente?); anche dalla mail del ctp dott. (...) del 22.2.13 emerge con chiarezza che la documentazione trasmessagli in un secondo momento era perfettamente "sovrapponibile a quella già in precedenza esaminata".
A parere della Corte risulta quindi condivisibile l'affermazione del primo giudice che "Risulta documentato come in data 82.2013 l'odierna attrice provvedeva ad inoltrare la scheda anestesiologica preoperatoria del sig.(...) il protocollo chirurgico e il registro di sala operatoria, ribadendo che copia conforme dell'intera cartella clinica era stata inviata al broker con raccomandata del 13.4.2007 e che quindi, implicitamente, null'altra documentazione era in proprio possesso" (vedi a pag. 5 sentenza).
Né si può imputare all'Azienda (...) un comportamento ambiguo in quanto, nel puntualizzare appunto che essa ritrasmetteva nel febbraio del 2013, su richiesta del difensore, solo ciò che aveva già trasmesso alla compagnia sin dal 2007, l'Azienda chiaramente faceva capire di non essere in possesso di altra documentazione sanitaria riguardante il paziente (...) tale conclusione era poi ulteriormente desumibile dall'ultima comunicazione via fax dell'Azienda (...) del 4.7.13.
Il motivo di appello risulta quindi infondato.
  1. Con il quinto motivo di appello si sostiene che il primo giudice avrebbe omesso di considerare "che, in caso di violazione dolosa del dovere di collaborazione in capo all'assicurato e comunque in caso di eccezione di inadempimento, non occorre la prova da parte dell'assicuratore del danno e, dunque, venendo al caso di specie, del carattere decisivo del documento mai trasmesso ai fini dell'esito del giudizio" e si aggiunge che su questa problematica il giudice di primo grado avrebbe completamente omesso di pronunciarsi.
Osserva la Corte che in effetti la mancata presa di posizione del giudice appellato sulla problematica in esame è conseguenza evidente della circostanza che essa è rimasta assorbita, una volta ritenuto non provato in giudizio che l'Azienda (...) non avesse trasmesso alla compagnia di assicurazione (o all'avvocato (...) la documentazione clinica di (...) di cui era effettivamente in possesso.
Essendo fondata tale decisione del primo giudice, la questione viene dunque esaminata qui solo per completezza ed il motivo di appello risulta infondato.
Discende dai principi generali, essendo il contratto di assicurazione un contratto aleatorio, che l'assicurato non può dolosamente con la propria condotta dar vita al rischio assicurato (come per es. accadrebbe nel caso in cui il contraente la polizza per incendio o danneggiamento, incendiasse o danneggiasse volontariamente il bene dopo averlo assicurato contro tali eventi); del resto anche dall'art. 1914 c.c., secondo cui " L'assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare o diminuire il danno", si ricava implicitamente, a contrariis, il principio che l'assicurato non può creare lui stesso con il suo comportamento il rischio che ha già assicurato.
In questo senso, dunque, se anche fosse stato provato in giudizio - cosa che va esclusa per quanto detto in ordine al precedente motivo di appello - che (...) non avesse trasmesso dolosamente alla compagnia di assicurazione un importante documento sanitario inerente il paziente (...) così come sostenuto da parte appellante, non per questo si potrebbe automaticamente ritenere l'assicurata decaduta dal diritto all'indennizzo ex art. 1915 c.c., occorrendo a tale scopo dimostrare che il documento predetto, se prodotto in giudizio, sarebbe risultato determinante ai fini dell'esito della lite, dimostrando la mancanza di colpa dei medici della struttura sanitaria convenuta in giudizio dagli eredi del de cuius.
Ora non solo nessuna prova in questo senso è stata fornita dalla compagnia di assicurazione, come detto tenuta a dimostrare l'esistenza di fatti impeditivi del diritto all'indennizzo spettante alla (...) sulla base della polizza, ma addirittura dalla stessa sentenza del Tribunale di Cosenza si rilevano elementi presuntivi di segno contrario: difatti la mancanza della più volte menzionata scheda anestesiologica preoperatoria non pare avere influito in modo determinante sulla decisione di condanna del giudice cosentino, trattandosi di documentazione indispensabile per chiarire se il de cuius fosse stato sottoposto ad intervento chirurgico in condizioni di rischio operatorio in quanto soggetto cardiopatico, ma invece il Tribunale ha condannato la struttura sanitaria di (...) non per questa ragione, ma per la mancanza di prova di una condotta adeguata dei medici a risolvere la problematica della bradicardia sopravvenuta nel corso dell'intervento chirurgico: "in difetto di adeguato riscontro documentale non è dato sapere quali manovre gli anestesisti ed i chirurghi abbiano effettuato allorquando si verificò l'insorgenza della bradicardia sino all'arresto cardiaco intraoperatorio, così da poter individuare quale azione od omissione medica abbia determinato la stimolazione della finzione cardiaca e valutare in termini di efficacia e tempestività la condotta dei sanitari nell'eseguire le manovre rianimatorie, per cui deve ritenersi la responsabilità dei sanitari per non avere dimostrato di aver fatto di tutto per evitare l'instaurarsi della bradicardia e, comunque, per non aver posto in essere azioni successive all'arresto cardiaco idonee a garantire una adeguata perfusione cerebrale in un soggetto in cui la possibilità di efficace soccorso era
motto elevata".
Sempre con il quinto motivo di appello la compagnia appellante sostiene che "è evidente che nel caso in cui fosse stata correttamente e integralmente informata, la Compagnia avrebbe potuto valutare eventuali definizioni transattive della controversia, con concrete possibilità di risparmio rispetto alla condanna milionaria emessa dal Tribunale di Cosenza", ma anche sotto questo diverso profilo il motivo di appello è infondato: non solo, come già detto, non risulta che (...) abbia violato il dovere di corretta informativa nei confronti della controparte, la quale dal tenore delle risposte dell'ente pubblico era perfettamente in grado di capire che non vi era nessuna ulteriore documentazione clinica che poteva essere utilmente prodotta in giudizio, ma anche a voler opinare diversamente, nessun principio di prova è stato offerto in merito alla concreta ed effettiva possibilità che la compagnia di assicurazione avrebbe tentato la strada della transazione con la controparte e che quest'ultima sarebbe poi andata effettivamente a buon fine (per una somma inferiore a quella oggetto di condanna).
 
  1. Con il sesto e ultimo motivo di appello si impugna la sentenza nella parte in cui il primo giudice ha applicato a carico della compagnia di assicurazione la sanzione prevista dall'art. art. 8, comma 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010 per non avere partecipato al procedimento di mediazione avviato ante causam (...) senza giustificato motivo; l'appellante sostiene che la condanna inflitta sarebbe del tutto arbitraria, in quanto il giustificato motivo sussisteva, tenuto conto che (...) aveva provveduto a rappresentare a controparte che non sussistevano "i presupposti per una definizione transattiva della controversia", sulla scorta delle ragioni illustrate nel presente appello e chiaramente rappresentate all'Azienda (...) prima che instaurasse il presente giudizio.
Il motivo è infondato in quanto, in linea di principio, non può essere giustificata la mancata partecipazione al procedimento di mediazione obbligatorio per legge sol perché si ritiene di avere ragione e si ipotizza perciò di vincere la causa, dovendo invece la parte comunque presentarsi di fronte al mediatore ed in quella sede manifestare semmai la mancata disponibilità alla mediazione; in ogni caso nella presente vicenda tale atteggiamento della compagnia di assicurazione si è rivelato in concreto assolutamente errato, alla luce dell'esito del presente giudizio.
In definitiva l'appello deve essere integralmente rigettato e confermata la sentenza appellata, la cui motivazione va integrata mediante la presente sentenza.
  1. In conseguenza del rigetto dell'appello parte appellante va con dalmata al pagamento delle spese processuali in applicazione del principio di soccombenza, spese che si liquidano come da dispositivo, sulla base dei parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 così come aggiornati al D.M. n. 147 del 2022, in relazione al valore della lite, con esclusione della fase istruttoria non espletata.
Il rigetto dell'appello comporta altresì a carico di parte appellante l'obbligo di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228.
In ultimo si evidenzia che parte appellante è rimasta (...) spa sino all'esito del presente giudizio (del resto così la parte viene indicata nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica
depositate dall'avv.to (...) nonostante che parte appellata abbia sostenuto nelle sue note di trattazione scritta depositate in data 16.1.23 che "la società (...) è stata acquisita dal gruppo (...) e ha cambiato nome in (...) come riscontrabile sul sito web della compagnia (all. c e d proseguendo la numerazione della comparsa di costituzione)": difatti entrambe le predette circostanze avrebbero dovuto essere dimostrate mediante la produzione degli atti giuridici in questione e non solo mediante la comunicazione al pubblico di essi che è stata effettuata via internet.
P.Q.M.
la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa eccezione disattesa e respinta, così statuisce:
  1. respinge l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata n. 203/20 del Tribunale di Firenze;
  2. condanna l'appellante (...) spa a rimborsare a parte appellata le spese di lite, che vengono liquidate in complessivi Euro 24.000,00 per compensi di avvocato, da maggiorare del 15%per rimborso forfetario spese, oltre IVA e CPA come per legge;
  3. dichiara che sussistono a carico dell'appellante i presupposti dell'obbligo di versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228.
Così deciso in Firenze il 28 aprile 2023. Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2023.
 

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Chi è l'autore
Dott.ssa Marina Gracola Mediatore Dott.ssa Marina Gracola
Ho intrapreso gli studi giuridici per un innato senso della giustizia che pensavo trovasse il suo sbocco naturale nell'applicazione in senso stretto della regola, del diritto.
Negli anni di praticantato in uno studio che si occupa prevalentemente di diritto della famiglia e di problematiche legate alla locazione, mi sono scontrata con la realtà delle situazioni, con i problemi e i bisogni concreti delle persone vere ed ho “scoperto” che la stretta applicazione della norma e della procedura da ...
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