I Buoni Fruttiferi Postali: si può e si deve ambire a risolvere in Mediazione con Poste Italiane!

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Serve puntare i riflettori sull'argomento per contribuire ad aumentare la sensibilizzazione nei confronti dell’Istituto della Mediazione ed attribuire in capo agli “assenti ingiustificati” le responsabilità dei costi aggiuntivi che le parti sopportano per partecipare al tentativo obbligatorio.

A cura del Mediatore Avv. Simona Guido da Lecce. Letto 9053 volte dal 18/06/2019


Come è noto, il d.lgs. n. 28/2010 istituisce un procedimento obbligatorio di mediazione: chi intende esercitare un’azione in giudizio in certe aree del diritto deve necessariamente prima esperire un tentativo di conciliazione.
L’iniziativa del legislatore italiano trova il suo fondamento nella normativa comunitaria: la Comunità Europea ha difatti adottato, nel 2008, una direttiva concernente la mediazione. Tale direttiva, a dire il vero, non prevede affatto l’obbligatorietà della mediazione. L’art. 5, par. 1, direttiva n. 52/2008 stabilisce una mera facoltà in capo al giudice di dare corso a un tentativo di conciliazione: l’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. Il tentativo di conciliazione, come delineato dalla indicata direttiva, è facoltativo e, soprattutto, presuppone che una causa sia già stata instaurata.
Completamente diverso è l’approccio che è stato seguito dal nostro legislatore, il quale ha previsto – in certe materie – l’obbligatorietà della preventiva mediazione, il cui esperimento costituisce condizione di procedibilità dell’azione giudiziale. Il legislatore italiano è andato dunque al di là di quanto impone il diritto comunitario. L’obbligatorietà adottata dal legislatore italiano legislativa risulta peraltro coperta da legittimazione comunitaria, in quanto la direttiva lascia il legislatore nazionale libero di rendere il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché non venga impedito alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario (art. 5, par. 2, dir. n. 52/2008).
La disciplina adottata dal legislatore risponde alla esigenza di “deflazionare” la giustizia statale. Tutte le volte che la conciliazione riesce si evita l’avvio di un processo, eliminando così i costi e i tempi che esso comporta. Dei procedimenti di mediazione efficienti beneficiano ovviamente anche le parti in causa, realizzando una risoluzione delle controversie veloce e poco costosa. Peraltro l’accordo raggiunto in esito alla mediazione è altamente probabile sia poi rispettato dalle parti, poiché è il frutto delle volontà dispositive delle stesse.
Considerate le su esposte premesse generali, in molti avranno già avuto notizia del contenzioso aperto con Poste Italiane da risparmiatori che hanno investito i propri danari in Buoni Fruttiferi Postali e dell’annosa questione della corretta determinazione del tasso di interesse applicabile ai detti buoni.
Molti risparmiatori hanno adito l’Autorità Giudiziaria poichè - ritenendo di aver acquistato, a partire dal 1984, dei buoni postali fruttiferi ordinari come forma di risparmio e accantonamento per la propria vecchiaia e che rappresentassero delle forme di investimento sicure in quanto a capitale e rendimento garantiti - si sono ritrovati dinanzi a tutt’altra realtà alla scadenza del titolo. La questione è esplosa quando i primi risparmiatori, portando all’incasso i titoli, apprendevano di non poter incassare le somme calcolate prendendo a riferimento la stampigliatura insistente sul buono, in quanto Poste Italiane riconosceva loro somme decisamente inferiori, determinate in base ad una modifica in peius del tasso di interesse, disposta con D.M. successivo alla emissione dei titoli stessi.
Da ultimo sulla materia si è pronunciata la Cassazione a Sezioni Unite.
Ad avviso del Supremo Consesso (sentenza n. 3963/19 depositata l'11 gennaio) la variazione del tasso di interesse, disposta unilateralmente dalla Pubblica Amministrazione, secondo la disciplina applicabile ratione temporis, attribuiva sostanzialmente al titolare del buono il diritto al recesso e tutelava il suo affidamento sull'effettività del diritto a percepire gli interessi indicati dal titolo.
Il caso esaminato dagli Ermellini è quello di un risparmiatore che aveva acquistato dei buoni postali fruttiferi negli anni 1982 e 1983. Tali buoni erano stati presentati all'incasso solo nel dicembre del 2004 e l'ufficio postale pagatore, applicando una modifica in pejus del tasso di interessi, disposta con D.M. del Tesoro in data 13 giugno 1986, aveva erogato 32mila euro, somma nettamente inferiore a quella di 70mila euro calcolata sulla base della originaria tabella stampigliata sui titoli.
Le sezioni Unite hanno respinto il ricorso del risparmiatore, precisando che al rapporto dedotto in lite, insorto negli anni 1982-1983, si applica il testo dell'art. 173 del codice postale (come novellato dall'art. 1 d.l. n. 460/1974 e convertito in l. n. 588/1974) a mente del quale:
a) era consentito alla pubblica amministrazione variare il tasso di interesse, relativo ai buoni già emessi, con decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale.
b) I buoni soggetti alla variazione del tasso di interesse dovevano considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse.
c) A fronte della variazione del tasso di interesse era consentita al titolare la scelta di chiedere la riscossione dei buoni, ottenendo gli interessi corrispondenti al tasso originariamente fissato, ovvero quella di non recedere dall'investimento che avrebbe da quel momento prodotto gli interessi di cui al decreto di variazione, salvo il diritto del risparmiatore di ottenere la corresponsione degli interessi originariamente fissati per il periodo precedente alla variazione.
Hanno chiarito, ancora, che la modalità di comunicazione all'interessato della intervenuta nuova prescrizione ministeriale circa l'ammontare dei tassi di interesse dei buoni fruttiferi postali, è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Resta, in ogni caso, una materia dibattuta, e i “risparmiatori traditi” spesso optano per chiedere le somme con un decreto ingiuntivo; finora i magistrati hanno accolto le richieste monitorie poichè  “dai documenti prodotti il credito risulta certo, liquido ed esigibile”. Poste Italiane ha poi 40 gg per opporre il D.I.; in altri casi, invece, scelgono di adire l’A.G. con una citazione, al fine di poter avanzare anche una richiesta di risarcimento danni.
Pare fuor di dubbio che sia obbligatorio il tentativo di risoluzione della lite in mediazione, sia per le Poste Italiane in caso di loro opposizione a D.I., che per il risparmiatore “attore” nel caso che opti per il giudizio ordinario.
La materia de qua, infatti, deve essere ricondotta tra i “contratti assicurativi, bancari e finanziari” ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n.28/2010.
Nonostante ciò spesso Poste Italiane non aderiscono all’invito di recarsi in mediazione.
Se l’invito non viene seguito da una adesione della parte invitata, purtroppo rimane un costo privo di beneficio rispetto alla ratio voluta dal legislatore con l’introduzione della obbligatorietà.
Se Poste italiane decidesse, come linea generale, di aderire agli incontri in mediazione questo permetterebbe un margine di trattativa molto ampio ed una valutazione caso per caso con una rilevante riduzione dei costi per le parti in contenzioso. E’ necessario, quindi, da un lato, per noi mediatori continuare a monitorare la giurisprudenza in materia in modo da avere un quadro più chiaro entro cui ricercare insieme alle parti un accordo, dall’altro lato sarebbe necessario che Poste Italiane aderisse agli incontri con l’intento di addivenire fattivamente ad una soluzione stragiudiziale della vicenda.
Non è certo facile proporre una soluzione per far sì che l’Istituto nazionale decida di intervenire fattivamente agli incontri di mediazione, ma puntare i riflettori sull’argomento potrà certamente contribuire ad aumentare la sensibilizzazione nei confronti dell’Istituto della Mediazione ed, al contempo, attribuire in capo agli “assenti ingiustificati” le responsabilità dei costi aggiuntivi che le parti sopportano per partecipare al tentativo obbligatorio.
Vietato abbassare la guardia quindi!

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Chi è l'autore
Avv. Simona  Guido Mediatore Avv. Simona Guido
Mi sono laureata presso l’Università di Bologna nel 1993; sono avvocato dal 1996, abilitata al patrocinio presso Cassazione e Corti Superiori; sono Mediatore Familiare dal 2011. Mi sono sempre occupata della formazione degli avvocati mediante l’organizzazione di corsi per la Formazione continua fin dal 2019 per conto di AFL (Associazione Forense Lecce), della quale mi sono pregiata di esserne Segretario generale dal 2015 al 2019 e di seguito in qualità di Consigliere dell'Ordine Avvocati Lecce,...
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