Il rifiuto della parte invitata a farsi assistere da un avvocato.

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Avv. Federico Vaudano

Legittimità ed eventuali conseguenze del rifiuto della parte invitata di avvalersi dell’assistenza di un avvocato nell’ambito delle mediazioni obbligatorie ai sensi dell’art. 5, comma 1bis, D. Lgs. 28/2010.

A cura del Mediatore Avv. Federico Vaudano da Padova.
Letto 3102 dal 13/12/2022

Pur essendo un’ipotesi non molto frequente, può capitare che la parte invitata a partecipare ad un procedimento di mediazione che abbia ad oggetto una delle materie di cui all’art. art. 5, comma 1bis, D.L.gs 28/2010, e quindi, sia obbligatoria ai fini dell’eventuale e successivo incardinamento giudiziale della vertenza, decida di partecipare al primo incontro e, pur manifestando l’intenzione di dare avvio al procedimento, esprima tuttavia la volontà di non essere assistita da un avvocato.
Occorre dunque interrogarsi se tale scelta sia legittima e se e quali conseguenze possa comportare tale decisione sia nell’ambito del procedimento di mediazione stesso sia nell’eventuale procedimento giudiziale.
Il tema coinvolge la dibattuta questione della necessarietà della assistenza legale in mediazione, rispetto alla quale il complessivo impianto normativo del D.Lgs. n. 28/2010 non offre risposte chiare ed univoche, prestandosi ad interpretazioni contrastanti.
 
1. Dato normativo di riferimento
 
Esaminando la richiamata normativa, così come modificata dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, viene in rilievo, innanzitutto, il disposto dell’art. 5, comma 1 bis, il quale stabilisce che: «Chi intende esercitare in giudizio un’azione [...] è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione [...]».
Inoltre Il successivo art. 8, comma 1, parte seconda, prevede che: «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato [...]».
Infine, il medesimo art. 8, comma 1, parte terza, precisa che: «Il mediatore [...] invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede allo svolgimento».
Tuttavia, il successivo art. 12 stabilisce che «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo […]. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico [...] In tutti gli altri casi l'accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico».
Apparentemente, quindi, il quadro normativo risulta contraddittorio, in quanto, mentre da un lato sembra stabilire (agli artt. 5 e 8) un obbligo di assistenza del difensore, dall’altro prevede chiaramente (all’art. 12) due tipologie di accordo a seconda che tutte le parti siano (“Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato”) o non siano (“In tutti gli altri casi”) assistite da un difensore, con differenti modalità per l’acquisto dell’efficacia esecutiva.
 
2. Le valutazioni della giurisprudenza
Dall’esame delle - non molte - pronunce della giurisprudenza che hanno avuto modo di approfondire la presente problematica, si possono ravvisare due diversi orientamenti.
 
Un primo orientamento (tra cui T.A.R. Lazio 26.01.2015, n. 1421; Trib. Torino 30.03.2016, n. 1770, e, da ultimo, Trib. Vasto 9.04.2018) ritiene che la formulazione letterale delle disposizioni di cui agli artt. 5, comma 1 bis, e 8, comma 1, sia chiara nell'imporre alle parti l'obbligo di essere assistite, per tutta la durata della procedura di mediazione, da un avvocato e che, pertanto, l'unico plausibile significato che può essere attribuito al primo periodo dell'art. 12, che prefigura ipotesi di mediazioni in cui taluna delle parti non sia assistita da un avvocato, è quello per cui tale disposizione faccia riferimento ai soli casi di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 28 2010, vale a dire alle mediazioni attivate su base volontaria, nelle quali l'esperimento del procedimento non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
In particolare, secondo il Tribunale di Vasto, questa chiave di lettura valorizza gli elementi di differenziazione delle due forme di mediazione: 

  • quella obbligatoria, in cui la previsione della assistenza legale obbligatoria è funzionalmente correlata alla necessità di fornire alle parti il supporto di una adeguata consulenza professionale per il corretto compimento di valutazioni e scelte dal cui esercizio possono derivare rilevanti conseguenze sul piano della effettività della tutela dei diritti dei soggetti protagonisti, prima fra tutte il rischio della declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale; 
  • e quella volontaria, il cui tratto distintivo risiede nella centralità del ruolo dell'autodeterminazione delle parti.
Si sostiene, inoltre, che questa interpretazione sarebbe maggiormente rispettosa della ratio sottesa alla novella del D.L. n. 69/2013 che, nel riformare la disciplina della mediazione, introducendo l'obbligo dell'assistenza dell'avvocato durante l'intera procedura di mediazione, ha inteso attribuire una nuova centralità al ruolo del professionista forense, il cui compito è quello di accompagnare il proprio cliente nella procedura tutelando sia le sue pretese che i suoi interessi.
            Tale Interpretazione, infine, non viene neppure ritenuta incompatibile con le norme di diritto comunitario (con particolare riferimento alla nota sentenza n. 457 del 14.06.2017 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea), dal momento che il procedimento mediatorio non comporterebbe costi ingenti per le parti poiché i compensi dovuti al professionista sono di gran lunga inferiori rispetto ai compensi previsti per i giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale di primo grado.
            Secondo questo orientamento, dunque, la condotta della parte che si reca personalmente al primo incontro di mediazione, rifiutandosi di farsi assistere da un avvocato e pretendendo di partecipare autonomamente agli incontri di mediazione, è illegittima perché assunta in violazione dell'obbligo di assistenza legale per tutta la durata della procedura di mediazione ed espone la parte che decide di presenziare da sola alla procedura di mediazione al rischio di subire le conseguenze sanzionatorie previste dal D.Lgs. n. 28/2010 sia sul piano economico che processuale.
Qualora, quindi, il rifiuto della assistenza legale proviene dalla parte istante, dovrebbe ritenersi che la condizione di procedibilità della domanda giudiziale non si sia avverata.
Se, invece, il rifiuto proviene dalla parte invitata, non potendosene dedurre l'improcedibilità della domanda giudiziale della parte istante, si verificherebbe un presupposto per l'irrogazione - anche nel corso del giudizio - della sanzione pecuniaria, oltre che un fattore da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, c.p.c.
 
            Un secondo orientamento (tra cui, da ultimo, Corte d’Appello di Venezia sentenza del 10.12.2020, n. 3527) ritiene invece che l’assistenza legale nell’ambito delle procedure di mediazione è consentita (e quindi possibile), ma non obbligatoria.
Nello specifico, tale orientamento evidenzia che, seppure sia vero che nel decreto viene menzionata l’assistenza dell’avvocato agli articoli 5, comma 1-bis e 8, comma, 1 del D.L.gs 28/2010, ciò avviene senza che mai essa sia qualificata come necessaria (essendo peraltro citata in un inciso tra due virgole), ovvero obbligatoria, e senza che nessuna conseguenza o sanzione sia prevista per il caso in cui una delle parti non sia assistita dall’avvocato.
Tale interpretazione armonizzerebbe le suddette disposizioni con il contenuto dell’art. 12, il quale regola compiutamente il caso in cui le parti siano tutte assistite dall’avvocato e il caso in cui invece ciò non avvenga, a dimostrazione del fatto che l’assistenza legale in mediazione è prevista ai soli fini dell’efficacia esecutiva ma non è necessaria, supplendo, nel caso le parti non siano assistite dall’avvocato, il decreto di omologa del Presidente del Tribunale.
Viene inoltre sottolineato che nessuna norma, d’altra parte, attribuisce al responsabile dell’Organismo, né tantomeno al mediatore designato, alcun potere di far cessare il procedimento di mediazione nel caso in cui una o più parti della mediazione non siano legalmente assistite, e che nemmeno la controparte può opporsi allo svolgimento del procedimento di mediazione qualora l’altra sia determinata a non farsi assistere nella procedura di mediazione da un avvocato.
Se il legislatore avesse voluto inserire nel D.L.gs 28/2010 la presenza dell’avvocato quale necessaria, ne avrebbe certamente previsto l’obbligatorietà, prevedendo una sanzione per il caso in cui ciò non avvenisse. O quantomeno avrebbe imposto al mediatore di interrompere o sospendere il procedimento nei casi in cui una o più parti ritenessero superflua l’assistenza legale. E avrebbe certamente previsto delle norme che sancissero un comportamento specifico da parte del responsabile dell’organismo di mediazione per i casi in cui una parte si fosse presentata senza avvocato alla mediazione.
Da ultimo tale interpretazione viene ritenuta maggiormente conforme alla disciplina europea e, in particolare, alla direttiva 2013/11/UE, laddove:
- l’articolo 8, lettera b), stabilisce che «le parti hanno accesso alla procedura senza essere obbligate a ricorrere a un avvocato o a un consulente legale ...»;
- l’articolo 9, comma 1, lettera b), dispone che «le parti siano informate del fatto che non sono obbligate a ricorrere a un avvocato o a un consulente legale, ma possono chiedere un parere indipendente, o essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura».
Verrebbe inoltre rispettato il dettato della Corte di Giustizia (sentenza n. 457 del 14.06.2017) che prevede, tra i requisiti che rendono la procedura di mediazione quale condizione di procedibilità, l’economicità della stessa, non potendo essere addossati costi ingenti alle parti.
L’assistenza legale obbligatoria comporterebbe invece un costo aggiuntivo considerato che, da una parte, tali costi si aggiungerebbero alle somme da corrispondere all’Organismo di mediazione e, in caso di insuccesso della mediazione, anche e soprattutto ai noti costi ingenti dei procedimenti giudiziali e, da altra parte, che in mediazione non può essere ammesso il gratuito patrocinio.
Di conseguenza, il rifiuto della parte di farsi assistere da un avvocato risulterebbe legittimo e non comporterebbe alcuna conseguenza ai fini dell’effettiva ed efficace partecipazione al procedimento di mediazione, non rilevando ai fini dell’avveramento della condizione di procedibilità e non essendo presupposto per l’applicazione delle sanzioni pecuniaria previste dall'art. 8, comma 4 bis, D.Lgs. n. 28/2010.
 
3. Conclusioni 
 
Dall’esame dei due orientamenti, in considerazione della più stringente attinenza al dato letterale del D.Lgs. n. 28/2010 ed ai principi sanciti a livello europea, appare maggiormente condivisibile (a mio personale avviso) la tesi che sostiene la non necessarietà dell’assistenza legale nei procedimenti di mediazione obbligatoria.
Tuttavia, ritengo opportuno sottolineare che tale interpretazione non mette in dubbio l’indiscutibile opportunità ed utilità della presenza dell’avvocato in mediazione, sia per la sua capacità di governare l’oggetto della controversia e di raffrontarsi con cognizione di causa con le tesi avversarie, comprendendone preventivamente i punti di maggiore persuasività e di minor forza, sia per sua capacità di governare le tecniche negoziali.
Poiché, però, il rifiuto di una sola delle parti di farsi accompagnare da un avvocato crea un’innegabile situazione di asimmetria, è plausibile ipotizzare che in capo al mediatore sorga il dovere tanto di informare la parte dell’opportunità ed utilità di usufruire dell’assistenza di un legale, quanto di operare una maggiore vigilanza - nei limiti consentiti dal proprio ruolo - su eventuali tentativi di approfittamento o di abuso ad opera dell’altra parte. 
 

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Chi è l'autore
Avv. Federico Vaudano Mediatore Avv. Federico Vaudano
Avvocato del Foro di Padova, svolgo la professione forense e di consulente legale per privati e aziende.
Mi occupo principalmente di diritto civile, con particolare attenzione per i diritti reali, le obbligazioni e contratti, la responsabilità civile e le procedure concorsuali, materie che ho approfondito conseguendo un Master in “Giurista d’Impresa” e in “Contrattualistica d’Impresa”.
Sono per natura propenso a sedare i conflitti e a raggiungere soluzioni conciliative e ritengo che la mediazi...
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