L'assistenza e la rappresentanza in mediazione

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Avv. Donato  Mele Mongiò

Mandato all'assistenza e procura alla rappresentanza in mediazione costituiscono due istituti profondamente diversi tra loro per natura e finalità: il primo conferisce all'avvocato il potere di assistere la parte in mediazione; la seconda attribuisce al rappre-sentante tutti i diritti sostanziali del rappresentato al fine di sostituirlo nella mediazione e nell'eventuale accordo. Tant'è che, come più volte statuito dalla giurisprudenza, ove sia lo stesso avvocato a rappresentare la parte in mediazione, costui dovrà essere munito sia del mandato all'as-sistenza che della procura sostanziale alla rappresentanza.

A cura del Mediatore Avv. Donato Mele Mongiò da Lecce.
Letto 564 dal 26/02/2024


IL MANDATO

Il mandato professionale in generale.
Trattasi di negozio bilaterale (cd. "contratto di patrocinio") per il quale non è prescritta la forma scritta, sicché ben può essere conferito verbalmente per l'assistenza stragiudiziale.
Tale principio deve ritenersi applicabile anche all'incarico di assistere la parte in mediazione, trattandosi attività non giurisdizionale (C. 40035/2021).
 
Mandato alle liti e forma.
Diverso invece il caso del mandato alle liti, che è il negozio unilaterale con il quale la parte investe il difensore del potere di rappresentarla in giudizio.
Esso deve essere conferito, ai sensi dell'art. 83 c.p.c., con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, salvo che non sia apposto in calce o a margine degli atti di natura processuale (citazione, ricorso, comparsa di risposta, etc.), nel qual caso l'autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. 
Tra l'elenco degli atti per i quali la procura può essere conferita in calce o a margine e autenticata dall'avvocato è ricompreso il precetto e ciò può essere considerato una deroga al principio che tale possibilità sia limitata agli atti processuali, a seconda che al precetto stesso venga attribuita natura stragiudiziale quale atto preliminare all'esecuzione (come da giurisprudenza pressoché unanime) o giudiziale (come dalla maggior parte della dottrina), assimilandone la funzione a quella della citazione, cioè di un atto introduttivo di un processo. Tesi quest'ultima avvalorata dall'art. 2943 che, nell'elencare gli atti introduttivi di un giudizio idonei ad interrompere la prescrizione, annovera anche il precetto.        
Disquisizione, la suddetta, che tornerà utile nel prosieguo.
 
La necessaria assistenza legale in mediazione.
La riforma Cartabia ha ribadito la necessaria assistenza degli avvocati in mediazione, pur circoscrivendola alle ipotesi di mediazione obbligatoria ex art. 5 co.1° D. Lgs. n. 28/2010 e di mediazione demandata; con esclusione quindi di quelle volontarie, nelle quali la loro partecipazione è comunque auspicabile, sia per ovvi motivi di assistenza legale, che per conferire all'accordo valore di titolo esecutivo con la dichiarazione prevista dall'art.12 D. Lgs. cit.
 
Il potere certificativo dell'avvocato.
Come ribadito dalla recente ordinanza della S.C. n.9271/23, il potere dell'avvocato di certificare la sottoscrizione della parte è limitato dalle speciali disposizioni che regolano il suo potere di autentica. E cioè dall'art.83 c.p.c., per il quale la sottoscrizione della procura alle liti può essere autenticata dall'avvocato se apposta in calce o a margine dell'atto processuale. 
La maggior parte dei giudici di legittimità e di merito sostengono che l'elenco degli atti contenuto nella norma non sia tassativo.
Ma, in ogni caso, deve trattarsi di un atto lato sensu processuale.
Recentemente, però, il Tribunale di Milano sent. 7689/2023, nel ribadire la differenza tra procura alle liti e procura sostanziale in mediazione, ha incidentalmente affermato che la prima possa essere autenticata dall'avvocato assimilandola alla procura alle liti : orientamento che suscita però non poche perplessità, stante l'evidente diversa natura dei procedimenti ai quali rispettivamente attengono.
L'attivazione della mediazione non costituisce infatti attività giurisdizionale, come confermato dalla S.C. (40035/2021) con riferimento alla mediazione delegata, qualificata "parentesi non giurisdizionale all'interno del processo" e che a maggior ragione deve valere per la mediazione obbligatoria.
S'intende comunque che la certificazione non è prevista ai fini della validità del mandato, il quale, trattandosi di assistenza stragiudiziale, ben potrebbe essere conferito verbalmente, come sopra detto.
 

LA PROCURA IN MEDIAZIONE

La duplice funzione.
A seguito della riforma Cartabia, in mediazione la procura ha il duplice scopo di:
a) conferire al difensore, in presenza di giustificati motivi, la delega a sostituire la parte nel procedimento;
b) delegare il difensore a firmare i verbali delle mediazioni svolte in modalità telematica, qualora la parte sia sprovvista di firma qualificata/digitale.
In questa sede l'analisi sarà limitata alla sola procura per la rappresentanza in mediazione.
Le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia.
Modificando l'art.8 D. Lgs n. 28/2010, la riforma, oltre a ribadire la necessaria assistenza degli avvocati in mediazione nei limiti sopra precisati, ha aggiunto che il procuratore debba essere a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia, confermando, la necessità della procura sostanziale.
Ha poi subordinata la rappresentanza della parte in mediazione alla ricorrenza di giustificati motivi che non ne consentano la partecipazione personale. 

La sentenza di riferimento.
Trattasi della ormai celebre sentenza della S.C. n.8473/19.
Se può apparirne desueto il commento a distanza di quasi 5 anni, va considerato che tale pronuncia è ancora causa di equivoci mai chiariti e di dubbi non esaurientemente sciolti e, pertanto, non può che costituire il punto di partenza delle considerazioni che seguono.
In sintesi, la sentenza statuisce che la parte, per delegare un terzo (compreso il difensore) a partecipare, in suo nome e per suo conto, alle attività di mediazione, deve conferirgli il potere di disporre dei propri diritti sostanziali a mezzo di apposita procura.
Tale potere non potrà essere conferito con la procura ad litem, strumento con il quale si può attribuire ogni più ampia facoltà, ma pur sempre di natura processuale, bensì con la procura speciale sostanzialeche il difensore non può autenticare, non rientrando nel potere previsto dall'art. 83 c.p.c., per come sopra precisato.

La forma della procura.
Dall'esame della suddetta sentenza, va rilevato come, in nessun passaggio, la S.C. faccia riferimento - diretto o indiretto, esplicito od implicito - alla procura notarile.
Le posizioni dei commentatori che hanno ritenuta tale pronuncia innovativa e particolarmente rigorosa perché prescrittiva del conferimento di simile procura, appaiono quindi minate da un equivoco di fondo: quello di aver confuso i termini "speciale", "sostanziale" e "notarile".
Ritenendo superfluo soffermarsi su tale ben nota distinzione, appare invece utile sottolineare che tra procura notarile e procura con firme autenticate non vi sono differenze significative, giacché, in virtù della modifica operata dall’art. 12 L. 246/2005 sul testo dell'art.28 L. Notarile, l'esame da parte del notaio dell'atto del quale autentica le firme deve estendersi al merito dello stesso per verificare che non ricorra uno dei divieti di rogare previsti dalla legge.
Ciò premesso, di regola la forma del contratto è libera ("principio della libertà della forma"), salvo quando sia il legislatore stesso a prevedere quella scritta.
E, nell'ambito della forma scritta, si può distinguere tra semplice scrittura privata o scrittura privata con firme autenticate o atto pubblico.
È il codice civile che individua la forma richiesta per ogni particolare atto.
Tra le norme che impongono a pena di nullità una determinata forma, quella principale è rappresentata dall'art. 1350 c.c., la quale richiede la forma scritta per la validità degli atti aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali su beni immobili.
Si badi bene, però, solo la forma scritta e non anche la scrittura privata con firme autenticate o l'atto pubblico.
Ciò significa che un contratto di vendita di un immobile è valido e produce l'effetto del trasferimento anche se redatto per iscritto senza autentica di firme o atto pubblico.
L'autentica delle firme o l'atto pubblico hanno solo la funzione di consentire la trascrizione del negozio, ai fini della opponibilità ai terzi.
Ad avviso del sottoscritto, pertanto, non sarebbe necessaria la procura notarile o con firme autenticate per sostituire la parte anche nelle mediazioni aventi ad oggetto i negozi di cui al su citato art.1350, trattandosi di rappresentanza negoziale, alla quale si applica l’art.1392 c.c., secondo cui la procura deve essere conferita nella stessa forma prescritta per il contratto che il rappresentante deve concludere.
A supporto, si potrebbe addurre anche il principio sancito dall'art. 3 co. 3° D.L.gs 28/2010, che sottrae a formalità gli atti del procedimento di mediazione, ma si tratterebbe di una evidente forzatura non potendo certo tale disposizione sovvertire le norme generali di diritto sulla validità degli atti.
Tonando all'art.1350, non esiste alcuna contraddizione tra tale norma, che richiede la semplice forma scritta per la validità dei contratti, e l'art. 2657 c.c. che invece prevede, per i medesimi contratti, l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata; ciò perché tale seconda disposizione non deroga alla prima, ma impone solo un onere formale (l'atto pubblico o l'autentica delle sottoscrizioni) al fine di consentire la trascrizione del contratto e la conseguente opponibilità ai terzi.
Un contratto non trascritto è quindi pienamente valido ed efficace e la trascrizione non incide sul suo perfezionamento e sulla sua efficacia, ma solo sulla sua opponibilità ai terzi ("presunzione legale di conoscenza").
Ciò, in applicazione del principio generale della funzione dichiarativa della trascrizione, finalizzata ad attuare una forma di pubblicità a tutela della circolazione dei beni e della buona fede e dei diritti dei terzi.
Vi sono anche ipotesi in cui il legislatore ha ritenuta necessaria la più gravosa forma dell'atto pubblico, ma in tal caso lo ha previsto esplicitamente con elencazione tassativa: ad es., per gli atti costitutivi delle società di capitali e per le donazioni.
In tali ipotesi, la funzione della trascrizione non è dichiarativa ma costitutiva ed assume la natura di elemento costitutivo della fattispecie negoziale, sicché la sua omissione rende l'atto nullo e inefficace tra le stesse parti, oltre che inopponibile ai terzi
Esempio classico è l’iscrizione nei RR.II. e nel P.R.A. dell’ipoteca, attraverso la quale il gravame si costituisce ex art. 2808.
Alla luce di ciò, non si vede perché non debba ritenersi sufficiente la semplice forma scritta della procura per partecipare alla mediazione qualunque ne sia l'oggetto.
Si potrebbe obiettare che l'art.185 c.p.c. prescrive che, all'udienza fissata per l'interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione, le parti possano farsi rappresentare ma con procura notarile o con firma autenticata.
E però, che tale norma ha natura speciale e quindi applicabile nello stretto ambito processuale, tant'è che la procura può essere autenticata dallo stesso difensore.
L'autentica della firma apposta in calce alla procura, comunque, non è certo di poco conto, ma non incide sulla legittimità dell'atto, essendo finalizzata ad evitare possibili disconoscimenti della sottoscrizione.
Al riguardo, va precisato che la scrittura privata gode dell'efficacia probatoria privilegiata ai sensi dell'art. 2702 c.c., sicché, affinché possa essere contestata è necessario che, una volta prodotta in giudizio, venga disconosciuta nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione ai sensi del comb. disp. Artt. 214 e 215 c.p.c.
Tale regola non vale però per le scritture private provenienti da terzi, alle quali la giurisprudenza prevalente accomuna il documento sottoscritto dal rappresentante, le quali non godono della suddetta forza di prova legale e quindi possono essere liberamente disconosciute senza le forme e i termini sopra ricordati, avendo una efficacia meramente indiziaria, liberamente apprezzabile dal giudice di merito.
La procura notarile o con firme autenticate deve invece ritenersi necessaria nel momento in cui le parti devono procedere alla redazione finale dell'accordo di conciliazione, qualora lo stesso debba essere trascritto.
L’art.11, co. 7°, D. Lgs n.28/2010 prevede, infatti, che, se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art. 2643, ossia i contratti previsti dall'art.1350 c.c. e gli altri ivi precisati (tra i quali quelli di mediazione che accertano l'usucapione), per procedere alla loro trascrizione occorre l'autentica della sottoscrizione dell’accordo di conciliazione. 
Ma ciò, si ripete, solo per consentirne la trascrizione, tanto che, ove le parti ritenessero a tali fini di formalizzare l'accordo originario in un secondo momento avanti al notaio, questo non necessiterebbe della procura notarile, necessaria invece per il secondo, che però dovrà essere meramente ripetitivo del primo per non essere ritenuto novativo e comportare un accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate, con conseguente rischio di decadenza dai benefici fiscali. 
Certo non può negarsi che l’assenza di autentica della firma possa comunque causare dubbi in mediazione.
Tant'è che il Mediatore potrà chiedere alle parti di dichiarare i poteri rappresentanza, come stabilito dal novellato art.8 co.4° D. Lgs 28/2010.
In ogni caso appare difficile che, nell'ambito della mediazione, il terzo possa avere interesse a disporre illegittimamente di un diritto altrui, considerato che, agendo senza poteri od oltrepassandone i limiti, si obbliga in proprio ex art.1398 c.c., ricorrendone le condizioni di legge (consapevolezza del falsus procurator di aver agito senza potere; assenza di colpa in capo al terzo contraente nell'accertare i poteri rappresentativi, etc.).
Un'ultima considerazione sulla ratifica della procura, che, nella specie, dovrebbe ritenersi inefficace perché tardiva rispetto alla procedura di mediazione - ormai conclusa - come statuito dalla Corte d'Appello di. Napoli con sentenza n.3843/2022. 
Né va sottaciuto che la mancanza di valida procura determina, da un lato, l’improcedibilità della domanda giudiziale ai sensi dell'art.5 co. 2° D. Lgs. n.28/2010 e, dall’altro lato, le conseguenze della ingiustificata assenza di cui all'art.12-bis D. Lgs. n.28/2010 introdotto dalla Riforma Cartabia (possibilità per il giudice di desumere argomenti di prova ex art.116 c.p.c., condanna della parte al doppio del C.U. ed eventualmente regolamentazione delle spese di lite).

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Chi è l'autore
Avv. Donato  Mele Mongiò Mediatore Avv. Donato Mele Mongiò
Iscritto nell’Albo degli Avvocati presso la Corte d’Appello di Lecce dal 15.9.99, ha partecipato a numerosi seminari e corsi di aggiornamento in Diritto e Procedura Civile, Diritto Amministrativo e Contabilità di Stato.
Svolge intensa attività stragiudiziale, particolarmente in materia contrattuale e difesa in materia fallimentare, esecutiva, contrattuale, agraria, successoria ed è un fermo sostenitorte della definizione conciliativa delle vertenze.
Ha esercitato per molti anni la carriera uni...
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