La riforma della mediazione – il ruolo dell'amministratore di condominio

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Avv. Marco Ribaldone

Il D. Lgs. 10.10.2022 n. 149 ha apportato – con decorrenza dal 30.6.2023 – alcune importanti modifiche all’istituto della mediazione, introdotto nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 4.3.2010 n. 28. In questa sede l’attenzione è focalizzata su una specifica novità di questa riforma e cioè quella che attiene al ruolo – parzialmente diverso rispetto a prima – e, soprattutto, al “margine di manovra” – molto maggiore (ma forse solo in apparenza) rispetto a prima – che spetta all’amministratore di condominio in tema di mediazione obbligatoria.

A cura del Mediatore Avv. Marco Ribaldone da Milano.
Letto 1583 dal 02/11/2022

I termini della questione 
 
Prima del D. Lgs. 10.10.2022 n. 149 la decisione circa la partecipazione o meno del condominio alla mediazione era appannaggio esclusivo dell’assemblea dei condomini, con l’amministratore “relegato” a un ruolo subordinato ed esecutivo.
La recente riforma sembra, invece, aver voluto “puntare” non poco sull’amministratore, conferendogli un ruolo che prima non aveva. Stando al dato normativo, infatti, sembra di poter dire che dal 30.6.2023 il protagonista principale delle mediazioni obbligatorie sul fronte del condominio sarà l’amministratore, svincolato – questo sembra dire la norma – dall’assemblea e dalle decisioni che quest’ultima assume nella sua veste di organo sovrano del condominio.
Si vedrà in prosieguo che sussiste un certo margine di dubbio circa il fatto che le cose stiano effettivamente così.
 
Il dato normativo
 
Schematicamente, le norme che “entrano in scena” sono queste:

  • art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 [in vigore dal 30.2.2023]: “(Legittimazione in mediazione dell'amministratore di condominio) 
L'amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi. Il verbale contenente l'accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all'approvazione dell'assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell'accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall'articolo 1136 del codice civile. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa”;
  • art. 71 quater, terzo comma, disp. att. cod. civ. [vigente]: “Al procedimento [di mediazione – n.d.r.] è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice”;
  • art. 1131, terzo comma, cod. civ. [vigente]: “Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini”.
  • art. 1136, quarto comma, cod. civ. [vigente]: “Le deliberazioni che concernono (…) le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore (…) devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo”.
 
Il contributo giurisprudenziale
 
È noto che il legislatore parla per bocca del giudice. Con questa espressione si vuole indicare la fondamentale importanza che l’interpretazione della giurisprudenza riveste nell’individuazione della portata e dell’applicazione di una qualsiasi disposizione normativa.
 
Per quanto qui interessa appaiono di estrema importanza le puntualizzazioni della Suprema Corte in ordine al ruolo di assemblea e amministratore e ai rapporti tra l’uno e l’altro organo condominiale, nonché l’insegnamento in ordine alla legittimazione passiva dell’amministratore.
Sotto il primo profilo si ricorda Cass. SS. UU. 6.8.2010 n. 18331, la quale ha sottolineato che “l’organo principale, depositario del potere decisionale, è l’assemblea dei condomini”, definita anche come “l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso”, che l’amministratore in quanto tale non ha “nessun potere decisionale o gestorio” e che “la prima, fondamentale, competenza dell’amministratore consiste nell’’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini’”.
 
Sotto il secondo profilo di ricorda la recente Cass. 22.7.2022 n. 22958, la quale, richiamando non pochi suoi precedenti arresti, ha confermato l’insegnamento consolidato: “L'interpretazione di questa Corte sostiene che spetta in via esclusiva all'amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l'annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni (Cass. Sez. 2, 20/04/2005, n. 8286; Cass. Sez. 2, 14/12/1999, n. 14037; Cass. Sez. 2, 19/11/1992, n. 12379). Essendo l'amministratore l'unico legittimato passivo nelle controversie ex art. 1137 c.c., in forza dell'attribuzione conferitagli dall'art. 1130, n. 1, c.c., e della corrispondente rappresentanza in giudizio ai sensi dell'art. 1131 c.c., allo stesso spetta altresì la facoltà costituirsi nel processo ed eventualmente gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea (Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1451; Cass. Sez. 2, 20/03/2017, n. 7095; Cass. Sez. 2, 10/03/2020, n. 6735)
 
Considerazioni riassuntive e di sintesi
 
Il nuovo art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 si colloca in uno scenario complessivo che può essere riassunto così:
  1. l’organo sovrano del condominio è l’assemblea, delle cui decisioni l’amministratore è un mero esecutore;
  2. in tema di mediazione civile, il potere di decidere la partecipazione del condominio spetta in via esclusiva all’assemblea;
  3. del resto, spetta in via esclusiva all’assemblea anche il generale potere di decidere in ordine alle liti attive e passive;
  4. a parziale deroga di quanto sub c), l’amministratore può agire e resistere in giudizio senza necessità della preventiva autorizzazione dell’assemblea nelle materie che non “esorbitano dalle attribuzioni” che la legge gli attribuisce.
 Chi scrive vede – forse a causa della coesistenza di due anime (quella del vecchio e incallito condominialista e quella del mediatore ottimista e fiducioso) due possibili “letture” della nuova norma qui in esame:
  1. il legislatore ha voluto attribuire in generale all’amministratore una maggiore autonomia in tema di mediazione, svincolandolo dalla necessità della preventiva decisione dell’assemblea e facendo di lui il vero dominus della fase introduttiva della mediazione stessa e della relativa negoziazione;
  2. il legislatore ha voluto attribuire all’amministratore una maggiore autonomia in tema di mediazione non in assoluto, ma limitatamente alle materie a lui attribuite, con ciò “replicando” quanto l’art. 1131 cod. civ. già prevede in ordine alle liti attive e passive. 
Detto altrimenti: l’art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28 deve essere letto così: “Nelle materie che rientrano nelle sue attribuzioni l'amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi”.
 
A supporto della “lettura” sub n. 1) milita il favor per la mediazione dimostrato con sempre maggiore evidenza dal legislatore. Che si punti allo “snellimento” dell’iter necessario a portare i condominii in mediazione è senz’altro cosa buona e giusta e, da questo punto di vista, l’attribuzione al solo amministratore della facoltà di “schierare” il condominio in questi procedimenti deve essere salutata come una significativa e positiva novità.
 
Non si può e non si deve, tuttavia, perdere di vista che la “lettura” sub n. 2), più “cauta” e restrittiva, appare anche più coerente con il sistema generale come dianzi ricostruito.
 
Chi scrive ritiene probabile che, nell’evoluzione dell’interpretazione giurisprudenziale, prevalga la seconda “lettura”.
La quale – giova evidenziarlo – è comunque in linea con l’ineludibile duplice circostanza che
  • l’amministratore, al di fuori delle attribuzioni che la legge gli riserva, “non ha (…) un generale potere di spesa” [Cass. 27.6.2011 n. 14197]
  • la partecipazione alla mediazione avviene, in ultima analisi, a spese dei condomini.
 
Considerazione finale
 
Non si può, in ogni caso, dimenticare che esiste, allo stato un evidente contrasto tra due diverse disposizioni di legge:
  • L'amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi” [art. 5 ter D. Lgs. 4.3.2010 n. 28];
  • Al procedimento [di mediazione – n.d.r.] è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice” [art. 71 quater, terzo comma, disp. att. cod. civ.].
 È evidente che il legislatore dovrà, da qui al giugno 2023, intervenire per “armonizzare” le due disposizioni ed evitare il verificarsi di una situazione di puro caos.
Con ogni probabilità tale intervento chiarirà quale sia la posizione di quest’ultimo e cioè se la volontà del legislatore sia nel senso di “liberare” l’amministratore e legittimarlo a gestire – fino all’approvazione dell’accordo – qualsiasi mediazione ovvero “replicare” per la mediazione quanto già esiste e trova applicazione nei giudizi civili.
 

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Chi è l'autore
Avv. Marco Ribaldone Mediatore Avv. Marco Ribaldone
“Ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità. Ottenere la vittoria senza combattere è prova di suprema abilità” (Sun Tzu, “L’arte della guerra”).
Questo aforisma, prelevato – la cosa è strana solo in apparenza – da un manuale di tattica militare, dipinge molto efficacemente il mio pensiero sulla mediazione.
Quando due avversari scelgono lo scontro e vanno in battaglia, lo scenario migliore è che uno vinca (e sia contento) e l’altro perda (e sia insoddisfatto).
Qu...
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