Sanzioni nuove e più aspre quelle della riforma del processo, che devono spingere l’avvocato a consigliare, ove possibile, la mediazione.

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Avv. Federica Vignolo

Il prossimo 30 giugno 2023 entreranno in vigore le ultime novità previste dalla riforma del processo civile in materia di mediazione, negoziazione assistita ed arbitrato. La novella normativa inasprisce le conseguenze della mancata partecipazione al procedimento di mediazione. Vediamo, quindi, quali sono le ragioni principali per le quali un avvocato, nel valutare la convenienza o meno di una causa, deve optare per una soluzione alternativa della controversia.

A cura del Mediatore Avv. Federica Vignolo da Torino.
Letto 1264 dal 13/12/2022

  1. Le novità
La riforma del processo civile incentiva gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie in due modi:
  1. attraverso la riforma profonda della mediazione, della negoziazione assistita e dell’arbitrato, l’estensione delle materie per questi istituti e la previsione di interessanti incentivi fiscali e agevolazioni per chi vi ricorre;
  2. con la previsione di aggravamenti sanzionatori nei confronti di chi intraprende cause pretestuose e dilatorie, andando ad aggravare la situazione, già difficile, del contenzioso civile. 
 
  1. Il nuovo articolo 12 bis
Con l’inserimento del nuovo art. 12 bis, è stabilito che:
  • il Giudice possa desumere argomenti di prova in giudizio, dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione;
  • quando la mediazione è condizione di procedibilità, il Giudice condanni la parte che non ha partecipato al primo incontro senza giustificato motivo al versamento al bilancio dello Stato del doppio del contributo unificato;
  • all’esito del giudizio, sempre nei casi di mediazione obbligatoria o demandata, il giudice possa condannare la parte soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al massimo delle spese del giudizio maturate dopo la conclusione della mediazione;
  • nel caso poi in cui il soggetto assente in mediazione senza giustificato motivo sia una pubblica amministrazione, la novella prevede che il Giudice trasmetta al Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti la copia del provvedimento di condanna al doppio del contributo unificato.
Restano sostanzialmente analoghe le conseguenze (art. 13) in ordine alla condanna alle spese per la parte anche vittoriosa nel giudizio che abbia rifiutato la proposta del mediatore.
Per quanto concerne invece il profilo delle conseguenze processuali del comportamento tenuto dalle parti in mediazione, la riforma introduce una massiva revisione del sistema di sanzioni attualmente delineato ai vigenti artt. 8, co. 4 bis e 13 D. Lgs. 28/2010.
Il nuovo art. 12 bis del D. Lgs. 28/2010 si concentra innanzi tutto sul tema delle conseguenze sul processo della mancata partecipazione al procedimento di mediazione, attualmente limitato soltanto alla possibilità per il giudice di desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, c.p.c. e di condannare la parte costituita che, nelle ipotesi di mediazione obbligatoria, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Il nuovo assetto della disposizione è chiaramente finalizzato ad enfatizzare l’importanza della partecipazione al primo incontro di mediazione, da intendersi già come espletamento dell’attività di mediazione effettiva nella ridisegnata fisionomia della fase introduttiva del procedimento di mediazione. Invariata la possibilità di valutare il comportamento della parte come argomento di prova, la sanzione dell’importo corrispondente al contributo unificato viene invece raddoppiato.
  1. La mancata accettazione della proposta del mediatore
Viene poi riproposta, ma riferita al tema delle conseguenze del comportamento della parte al primo incontro di mediazione, la sanzione oggi prevista dall’art. 13 del D. Lgs. 28/2010 per la mancata accettazione della proposta conciliativa, mediante la previsione della possibilità di condannare la parte soccombente al versamento di un importo doppio rispetto al contributo unificato versato, nonché al pagamento di una somma equitativamente determinata (comunque non superiore alle spese del giudizio). Addirittura, nel caso in cui parte sia una pubblica amministrazione, allorché il giudice prenda i provvedimenti sopra citati, il magistrato dovrà ora trasmettere al pubblico ministero presso la Corte dei Conti ed all’autorità vigilante competente il relativo verbale.
Si sarebbe potuto pensare di rivedere anche l’art. 13, rispetto al quale cambierà solo la rubrica “Spese processuali in caso di rifiuto della proposta di conciliazione”, meglio armonizzando l’istituto della proposta con il processo.
Del resto è ancora una chimera pensare di poter raffrontare l’esito del processo con le condizioni di cui alla proposta conciliativa, per la semplice ragione che il mediatore potrebbe averla formata sulla base dei reali interessi delle parti captati durante la fase esplorativa della mediazione, spesso divergenti dalle richieste avanzate dalle parti nel processo (il legislatore pare ignorare completamente i capisaldi del negoziato secondo il modello di Harvard), ovvero perché modellata su una logica transattiva di rinunce reciproche che non coinciderà mai con il contenuto di una sentenza, la quale, per definizione, non potrà essere che di accoglimento o di rigetto delle domande giudiziali.
  1. Riflessioni conclusive
A ben vedere, la novella non ha tanto la funzione di realmente integrare la mediazione e il senso di una risoluzione negoziale delle controversie con il processo civile, ma di stimolare le parti a risolvere in mediazione la lite, anziché affollare il già congestionato ruolo del giudice
Il rischio è tuttavia quello di veicolare un messaggio non del tutto corretto che spinge le parti a mediare non per convinzione, bensì sotto la minaccia di sanzioni. 
Finché l’approccio normativo alla mediazione resterà permeato dall’utilizzo in chiave punitiva, finché la disciplina che le riguarda non cesserà di piegare i comportamenti e le scelte fatte in sede stragiudiziale allo scopo di intimidire le parti e di farle desistere dal rivolgersi alla giurisdizione, non si potrà veramente parlare di complementarità e coesistenza delle due vie. Ben vengano, dunque, le disposizioni che mirano a incentivare il ricorso alla mediazione incidendo sui costi e, soprattutto, sulla capacità e sulla professionalità di coloro che offrono il relativo servizio.
La mediazione funziona quando il servizio è efficiente e i mediatori sono capaci, quando gli avvocati che assistono le parti sanno distinguere le occasioni in cui l’atteggiamento avversariale non paga, e sanno calarsi in un ruolo diverso. Allora non si tratta soltanto di aggiornare gli strumenti alternativi. Sarà pertanto indispensabile che lo Stato si impegni ad investire in maniera continuativa risorse adeguate a supportare i preziosi sistemi alternativi di risoluzione delle controversie.

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Chi è l'autore
Avv. Federica Vignolo Mediatore Avv. Federica Vignolo
Sono avvocato da oltre 15 anni, mi occupo di consulenza e di assistenza legale prevalentemente in materia di diritto civile, diritto di famiglia, successioni ereditarie, contratti assicurativi e diritti reali. Ho anche maturato pluriennale esperienza a livello internazionale, collaborando con noti studi anglosassoni e ho buona padronanza dell'inglese giuridico.
Amo la mia professione e, in particolare, la dimensione umana della stessa.
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