Atto definitivo di attuazione di accordo raggiunto nell'ambito di un procedimento di mediazione e revocatoria.

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Avv. Carlotta  Calabresi

Tribunale di Brescia – Giudice Estensore Dott. Andrea Giovanni Melani - sentenza n. 2329 del 27.09.2022.

A cura del Mediatore Avv. Carlotta Calabresi da Roma.
Letto 1334 dal 20/02/2023

Commento:

Il caso in esame riguarda un’azione revocatoria di un atto con il quale è stato attuato un accordo di mediazione.
In particolare, parte attrice deduceva che l’accordo di mediazione conteneva il programma negoziale e non il trasferimento di diritti reali.
In merito, il Tribunale ha precisato quanto segue:
  • il contratto preliminare è privo di effetti traslativi e per tale ragione non rientra negli atti di disposizione oggetto dell'azione di cui all' art. 2901 c.c.;
  • la revocatoria può investire il contratto definitivo, anche se compiuto in adempimento di un obbligo preesistente, purché al momento della stipulazione del contratto preliminare ricorressero gli stati soggettivi a tal fine rilevanti;
  • tale principio è applicabile alla vertenza de qua, nella quale l’impegno a vendere è stato assunto in un accordo di conciliazione;
  • il pregiudizio conseguente alla vendita ricorre sia in caso di variazione quantitativa sia in caso di variazione qualitativa tale da rendere più difficile o più onerosa la realizzazione del diritto di credito; nel giudizio analizzato, ricorre l'ipotesi di variazione quantitativa;
  • le deduzioni dei convenuti appaiono poco verosimili;
  • in realtà, la domanda di mediazione era strumentale alla divisione ereditaria ed è stata proposta quando era già maturata la prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.;
  • il pagamento di un debito costituisce obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.;
  • l'adempimento di un debito prescritto comporta la non ripetibilità di ciò che è stato spontaneamente pagato ex art. 2940 c.c.;
  • il corrispondente credito è privo di tutela attuale e la soddisfazione dipende dalla sola iniziativa del debitore;
  • l’iniziativa del debitore è dunque un atto libero/obbligazione naturale avente natura negoziale e non un atto dovuto/pagamento di un debito scaduto. 
 
Per tali ragioni, il Giudice ha accolto la domanda attorea, dichiarando inefficace e revocando l’atto definitivo di attuazione di accordo raggiunto in mediazione. *

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale ORDINARIO di Brescia
 
sezione quarta civile Il Tribunale, nella persona del giudice Andrea Giovanni Melani, ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
nella causa civile iscritta al ruolo generale n. 15726/2017 promossa da
B.- attrice
contro M. - convenuti

Conclusioni Banca V.  (omissis)

All'esito dell'udienza del 19 maggio 2022, sostituita mediante trattazione scritta, le parti hanno precisato le conclusioni e sono stati concessi i termini ex art. 190 c.p.c.; alla scadenza del Termine per il deposito delle memorie di replica, in data 8 Settembre 2022 (la comunicazione dell'ordinanza è avvenuta il 20 maggio 2022), la causa è stata trattenuta per la decisione.
1. La pretesa estromissione di M.XXXXX B.XXXXXXX dal processo è inammissibile.
Il codice di Rito conosce l'estromissione del garantito (art. 108 c.p.c.), dell'obbligato (art. 109 c.p.c.), dell'alienante o del successore universale (art. 111, co. 3, c.p.c.).
A queste fattispecie non è riconducibile la posizione del convenuto.
La parte ha dedotto la superfluità della presenza nel processo perché l'azione non riguarda atti da lui compiuti e della sua estraneità è consapevole la stessa l'attrice.
La deduzione evoca semmai il difetto di legittimazione passiva, che ricorre appunto quando non c'è coincidenza tra soggetto convenuto e soggetto, indicato dall'agente, come titolare del rapporto passivo (arg. ex art. 81 c.p.c.).
A volere riqualificare la richiesta come eccezione di difetto di legittimazione passiva, si deve ritenerla infondata.
La pretesa sostanziale dell'attrice è di rimuovere nei suoi confronti tutti gli effetti comunque derivati dalla vendita compiuta da M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX.
L'accoglimento della pretesa si riverbera anche sui diritti dei terzi nei limiti di cui all'art. 2901, co. 4, c.c. e per questo l'attrice ha convenuto M.XXXXX B.XXXXXXX.
Con la memoria ex art. 183, co. 6, n. 1), c.p.c., l'attrice ha chiesto di dichiarare (...) inefficace anche la correlativa e susseguente pattuizione contenuta nei medesimi atti con cui F.XXXXXXX L.XXX e F.XXXXXXX I.XX costituivano a favore di F.XXXXXXX M.XXXXXXXXXX e B.XXXXXXX M.XXXXX il diritto di abitazione vitalizio con reciproco accrescimento sulle porzioni di fabbricato retro descritte ai mappali 268 sub 1 e 286 sub 4 (p. 3).
L'attrice ha inteso quindi munirsi di un titolo che accerti l'inopponibilità anche del diritto di abitazione del convenuto, con idoneità a divenire cosa giudicata.
La domanda non è nuova, come del resto non denunciato dalle controparti, perché altro non è che l'esplicitazione di una pretesa latente in citazione (è convenuto in giudizio anche il signor M.XXXXX B.XXXXX) essendo costituito in favore dello stesso il diritto di abitazione sul compendio immobiliare oggetto di trasferimento, p. 7), in seguito precisata nella memoria ex art. 183, co. 6, n. 1), c.p.c., quindi tempestivamente [dall'auspicato accoglimento della domanda revocatoria degli atti indicati (...) deriva l'inefficacia di tali atti rispetto alla B.XXXXXXXXXXXXXX e , quindi, anche della pattuizione inerente la costituzione del diritto di abitazione, p. 1].
2. La domanda revocatoria è fondata.
A mente dell'art. 2901, co. 1, c.c., l'azione revocatoria consta di plurimi presupposti, oggettivi e soggettivi: i primi sono il credito del revocante, il compimento di un atto dispositivo da parte del debitore, il pregiudizio arrecato dall'atto alle ragioni del creditore; i secondi sono la conoscenza del debitore circa il pregiudizio arrecato e , in caso di atto a titolo oneroso, la conoscenza del terzo circa il pregiudizio arrecato, oppure la dolosa preordinazione del debitore circa l'atto dispositivo, se anteriore al sorgere del credito, e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione alla dolosa preordinazione da parte del terzo.
Nella fattispecie concreta, ricorrono tutti i presupposti dell'azione revocatoria.
Quanto al credito attoreo, è circostanza non contestata tra le parti, quindi provata (art. 115, co. 1, c.p.c.), che M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX ha prestato una fideiussione a garanzia delle obbligazioni di F.XX Automazione di B.XXXXXXX M.XXXXX e F.XXXXXXX G.XXXX s.n.c. (poi F.XX Automazione di B.XXXXXXX M.XXXXX & C. s.a.s.) assunte nei confronti dell'attrice.
Soltanto con la memoria ex art. 183, co. 6, n. 1), c.p.c. M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX ha eccepito la nullità del contratto di fideiussione.
La litigiosità del credito non osta all'esercizio dell'azione revocatoria. Il credito litigioso è una figura di credito eventuale, richiamato nell' art. 2901, co. 1, c.c., mediante il riferimento al credito soggetto a condizione e quello a termine.
Tra l'altro la litigiosità del credito è venuta meno nel corso del processo.
L'attrice ha allegato che la Corte d'appello di Brescia ha confermato la sentenza di prime cure pronunciata a definizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo e che non è stato proposto ricorso per cassazione. Gli enunciati non sono stati contestati da M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX.
Quanto all'oggetto dell'azione, sono revocabili gli atti giuridici, anche non negoziali, con cui il debitore dispone di beni giuridici del suo patrimonio o assume debiti.
Circostanza pacifica che, il 25 ottobre 2012, M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX ha venduto a L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e a I.XX F.XXXXXXX la quota indivisa di un terzo della proprietà degli immobili siti in L , via C.XXXXX, n. 62, identificati in catasto al foglio 14, mappale 286, subalterni 1 , 2, 3., 4, e la quota indivisa di un sesto dell'immobile sito in L, frazione P.XXX, identificato in catasto al foglio 13, mappale 137437. 
L'atto è l'esito dell'attuazione dell'accordo di conciliazione del 10 ottobre 2012, come chiaramente si evince dalla rubrica "Atto definitivo di attuazione di accordo raggiunto nell'ambito di un procedimento di mediazione-conciliazione a sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28" (v. docc. nn. 1 e 2 fascicoli convenuti).
Correttamente l'attrice ha proposto l'azione revocatoria della vendita, in quanto atto ad effetti reali, riconducendo la ricorrenza della frode all'accordo di conciliazione, perché atto contenente il programma negoziale.
Si rammenta che il contratto preliminare, in quanto privo di effetti traslativi, non rientra nella tassonomia degli atti di disposizione oggetto dell'azione di cui all'art. 2901 c.c., ma (è ammesso) che la revocatoria investa il contratto definitivo, anche se atto compiuto in adempimento di un obbligo preesistente a condizione che al momento della stipulazione del contratto preliminare ricorressero gli stati soggettivi a tal fine rilevanti, poiché è in quel momento che si forma la volontà di disporre, sebbene l'effetto non sia ancora prodotto (Cass. civ., sez. III, ord. 18 febbraio 2020, n. 4010).
Il principio di diritto è applicabile al caso in esame, ove l'impegno a vendere è stato assunto in un accordo di conciliazione.
Avuto riguardo al pregiudizio arrecato alle ragioni dell'attrice in conseguenza della vendita (c.d. eventus damni), si rammenta che esso ricorre e in caso di variazione quantitativa e in caso di variazione qualitativa tale da rendere più difficile o più onerosa la realizzazione del diritto di credito (per tutte, Cass. civ., sez. VIA- 3, ord. 24 marzo 2021, n. 8217).
Nel caso di specie, ricorre l'ipotesi di variazione quantitativa.
Il pregiudizio riposa sull'assenza di ulteriori beni di M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX, che, onerata dell'allegazione e della prova contrarie, ha così dichiarato: è pacifico che la sig.ra M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX non avesse a disposizione altro modo per saldare il proprio debito nei confronti dei fratelli se non quello di trasferire loro le quote degli immobili ricevute in eredità dai propri genitori. La convenuta non possedeva infatti (e non possiede tutt'ora) altri immobili di proprietà né tantomeno una liquidità tale da poter corrispondere la somma dovuta ai sig.ri I.XX e L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX.
Quanto al presupposto soggettivo, rilevato che la prestazione della garanzia risale al 4 settembre 2006, quindi prima della vendita, si deve accertare la conoscenza della convenuta del pregiudizio arrecato alle ragioni attoree per effetto della disposizione del patrimonio (c.d. scientia damni).
Come ogni stato soggettivo, la prova è diffusamente presuntiva (art. 2729 c.c.). M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX non ha contestato nemmeno genericamente che le difficoltà ad adempiere della società debitrice si collocavano tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, di cui ne erano indice gli effetti insoluti e la scopertura di conto corrente; al 13 settembre 2012, l'esposizione debitoria della società era di euro 188.659, 25 e l'attrice ha sollecitato anche i garanti a rientrare dall'esposizione; il 3 Ottobre 2012, l'attrice ha revocato gli affidamenti concessi per poi recedere dai contratti il 26 ottobre 2012.
Si tratta di circostanze ascrivibili alla sfera di conoscenza della convenuta, poiché era, pacificamente, socia della società debitrice in quel periodo di tempo.
La non contestazione forma la prova delle circostanze (art. 115, co. 1, c.p.c.). chiaro che, di fronte alle difficoltà se non all'impossibilità di adempimento della debitrice principale, il garante può ragionevolmente attendersi di essere destinatario della pretesa di pagamento del credito garantito (come avvenuto con la richiesta del 13 settembre 2012) e, se intende sottrarsi alla responsabilità assunta, inizia a disporre dei propri beni. M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX era consapevole della possibile azione dell'attrice - infatti il ricorso per ingiunzione risale al mese di novembre 2012, poco tempo dopo le iniziative stragiudiziali attoree -, e che l'atto dispositivo avrebbe privato l'attrice del patrimonio aggredibile in caso di persistenza dell inadempimento.
La consapevolezza di nuocere alle ragioni dell'attrice è vieppiù accentuata, se si considera che con gli unici beni a disposizione la convenuta si è premurata, dopo circa dodici anni dalla promessa di pagamento, e a suo dire dopo circa diciassette anni dall'insorgenza del debito, di estinguere un debito prescritto, come si esporrà.
Anche L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e I.XX F.XXXXXXX non si possono ritenere estranei alla vicenda sul piano soggettivo.
Secondo l'id quod plerumque accidit, una persona è tendenzialmente interessata alle esperienze di un familiare e questi è tendenzialmente portato a partecipare la Prima delle esperienze personali lato sensu.
La forza di convincimento della massima di esperienza varia a seconda dell'intensità del rapporto familiare, da misurarsi anzitutto con il tipo e il grado di rapporto.
I convenuti interessati dall'atto dispositivo sono fratelli. Inoltre, all'epoca della vendita, erano tutti residenti in Lumezzane (BS), via C.XXXXX, n. 62 (docc. nn. 1, 2 fascicoli convenuti).
II dato geografico non può che rafforzare significativamente la presunzione.
I convenuti hanno inteso superare la presunzione, assumendo che tra la sorella debitrice e i fratelli creditori non vi fossero buoni rapporti. La rappresentazione non è verosimile.
Secondo L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e I.XX F.XXXXXXX, i rapporti tra i fratelli si sono incrinati da tempo e in particolare dalla morte dei genitori quando le questioni relative, da un lato, alla restituzione della somma riconosciuta dalla sig.ra M.XXXXXXXXXX con la scrittura del 30 novembre 2000, e dall'altro alla divisione degli immobili caduti in successione hanno inevitabilmente portato i fratelli a continue discussioni ed incomprensioni (p. 5 comp. c.XXX L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e I.XX F.XXXXXXX).
Si osserva, stando alla lettera degli enunciati, che i cattivi rapporti risalgono alla morte del padre dei convenuti, verificatasi nel 1997. I cattivi rapporti di regola rendono più difficile governare le vicende ad essi relative. 
Appare allora poco verosimile che, nonostante i cattivi rapporti, i creditori convenuti abbiano aspettato il 30 novembre 2000 per ottenere una promessa di pagamento sottoposta alla clausola "non appena ne avrò la disponibilità" (c.d. "cum potuerit", doc. n. 7 fascicoli convenuti), non abbiano assunto alcuna iniziativa anche solo stragiudiziale per ottenere il pagamento, abbiano deciso di attivare il procedimento di mediazione soltanto il 25 settembre 2012, vale a dire a diciassette anni dall'insorgenza dell'asserito debito e a quindici anni circa dal momento in cui i rapporti si sono incrinati, tra l'altro non già per pretendere il pagamento, ma per ottenere lo scioglimento di una comunione costituitasi nel 1997 e mutata nel 2005 (cfr. per l'oggetto della domanda di mediazione il doc. n. 4 fascicoli convenuti); le circostanze rappresentano semmai tolleranza, se non magnanimità, dei creditori. 
Si ignora ove vivessero i convenuti all'epoca in cui i rapporti si sarebbero "incrinati".
L'unico dato certo è che risiedevano allo stesso indirizzo al momento in cui decisero di "ritrovarsi" per definire i rapporti.
Da un lato, è difficile credere che per la gravità della litigiosità, in quanto risalente a tre lustri prima, si decida di rimanere a vivere allo stesso indirizzo - rilievo che fa propendere per l'assenza di cattivi rapporti, suffragato da quanto illustrato sull'inverosimiglianza della prospettazione dei convenuti - dall'altro lato, la litigiosità del rapporto non osta in sé alla conoscenza anche solo indiretta delle vicende altrui, quando si è fratelli vicini di casa e creditori di una somma considerevole da tempo. Non ci sono dunque serie allegazioni che spieghino l'apparente fortuito.
 Proprio quando la debitrice è stata sollecitata a soddisfare l'ingente credito attoreo (il 13 settembre 2012) e comunque quando era già a conoscenza delle difficoltà della società garantita (fine 2011-inizio 2012), il 25 settembre 2012, i convenuti creditori hanno deciso di costituire l'occasione per riattualizzare un pregresso rapporto, ormai relegato alla sfera dei doveri soltanto morali o sociali.
In ogni caso, i convenuti non hanno offerto alcuna prova del modo d'essere del loro rapporto.
I convenuti hanno invocato l'eccezione ostativa del pagamento di un debito scaduto (art. 2901, co. 3, c.c.).
La vendita di M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX sarebbe stata l'adempimento dell'obbligazione di restituzione dei due terzi della somma di lire 180.000.000,00, prestata dai genitori il 31 gennaio 1995. M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX avrebbe promesso il pagamento della somma nella scrittura del 30 novembre 2000, munita di timbro postale (doc. n. 7 fascicoli convenuti).
In virtù del criterio della Ragione più liquida, espressione del principio di economia processuale, l'eccezione può essere decisa senza esaminare ogni singola difesa.
Segnatamente, non occorre accertare, sul piano processuale, se provata l'esistenza del debito, ma direttamente ragionare sul piano sostanziale.
L'asserito adempimento non è un pagamento in senso tecnico, cioè l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria (artt. 1277 ss. c.c.), bensì è una datio in solutum (art. 1197 c.c.): nello sciogliere la comunione ereditaria, le parti si sono accordate che alla restituzione della somma la debitrice vi avrebbe provveduto con il trasferimento ai creditori della quota di proprietà delle cose dedotte in comunione (art. 1197, co. 2, c.c.).
La datio in solutum in quanto modalità anomala di estinzione dell'obbligazione è un atto discrezionale e non un atto dovuto, sicché si sottrae all'area dei pagamenti non revocabili (in giurisprudenza, per tutte, Cass. civ., sez. VIA-1, ord. 14 novembre 2017, n. 26927).
I convenuti hanno richiamato la giurisprudenza formatasi sulla revocabilità della vendita che sia stata l'unico mezzo per ottenere la liquidità per pagare i debiti.
La fattispecie è diversa dal caso di specie.
Una cosa è decidere di liquidare i beni per pagare i debiti (per cui l'atto dispositivo è teleologicamente orientato al pagamento in senso tecnico), altra è attribuire i beni direttamente ad un creditore per pagare il debito (per cui l'atto dispositivo è mezzo anomalo di estinzione dell'obbligazione). Sentenza n. 2329/2022 pubbl. il 27/09/2022 RG n. 15726/2017.
I convenuti, titolari dell'eccezione impeditiva, non hanno allegato, non mettendosi pertanto nelle condizioni di provare (art. 2697, co. 2, c.c.), che la vendita non abbia generato un vantaggio economico superiore al valore della prestazione.
Le difese sono mute sull'entità esatta del credito maturato al momento della vendita (quindi sull'operazione di liquidazione) e sull'adeguatezza del prezzo della vendita.
A volere assumere come veri i dati dei convenuti, si osserva che la somma prestata a M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX era di lire 180.000.000,00, equivalente a circa euro 93.000,00, sicché la somma dovuta era di circa euro 62.000, 00 (i due terzi di 93.000,00).
Quanto agli interessi, non è possibile calcolarli a fare data dal prestito.
La promessa del 30 novembre 2000 riporta che il pagamento era da eseguire non appena la debitrice ne avrebbe avuto la disponibilità; siccome non è stata illustrata una rappresentazione diversa, si deve ritenere che i creditori fossero d'accordo circa la rimessione alla debitrice della determinazione del momento del pagamento e che non l'abbiano considerata inadempiente prima della promessa medesima (si ribadisce la mancanza di iniziative strumentali al recupero del credito).
Tenuto conto dell'importanza della somma, della natura del rapporto intercorrente tra le parti (nei rapporti tra familiari si è più propensi alla tolleranza e in concreto non è stato accertato che i rapporti fossero cattivi), che sino alla domanda di mediazione proposta nel 2012, volta in realtà ad ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria, i creditori non hanno avanzato la pretesa restitutoria, è da escludere che la debitrice potesse ritenersi inadempiente in epoca prossima alla promessa di pagamento, con conseguente riduzione dell'entità degli interessi. In ogni caso, nell'ipotesi più favorevole per i convenuti, che vede gli interessi e la rivalutazione calcolati dal 30 novembre 2000, il debito maturato era di circa euro 101.000,00, mentre il corrispettivo della vendita era di euro 120.000,00, sicché si riscontra il vantaggio economico conseguito dai creditori qui convenuti.
Il vantaggio economico è comunque indiscutibilmente evidente perché il debito era in realtà prescritto, come rilevato dall'attrice.
Quindi anche il debito di cui si tratta non è tale agli effetti dell'art. 2901, co. 3, c.c.; non era un debito scaduto, bensì prescritto.
I convenuti non hanno allegato eventi interruttivi della prescrizione successivi alla promessa di pagamento del 30 novembre 2000.
Il primo atto utile alla posizione dei convenuti creditori è l'accordo di conciliazione del 10 ottobre 2012. 
Come esposto, la domanda di mediazione era in realtà strumentale alla divisione ereditaria; ad ogni modo, è stata proposta il 25 settembre 2012, quando era già maturata la prescrizione decennale (art. 2946 c.c.).
Il pagamento di un debito prescritto evoca l'istituto dell'obbligazione naturale (art. 2034 c.c.).
Non occorre interrogarsi se la prescrizione estingua il debito o meno, questione di rilievo dogmatico, bensì limitare l'attenzione al dato positivo.
L'adempimento di un debito prescritto produce il solo effetto della non ripetibilità di ciò che è stato spontaneamente pagato (art. 2940 c.c.).
La non ripetibilità è dunque l'unico rilievo positivo del debito prescritto. 
Il corrispondente credito è privo di tutela attuale e la soddisfazione dipende dalla sola iniziativa del debitore.
L'iniziativa del debitore è dunque un atto libero (avente natura negoziale) e non un atto dovuto. Pertanto, la datio in solutum censurata è adempimento di un'obbligazione naturale e non il pagamento (recte l'adempimento anomalo) di un debito scaduto.
La domanda è accolta e pertanto è dichiarata nei confronti dell'attrice l'inefficacia dell'atto del 25 ottobre 2012, denominato "Atto definitivo di attuazione di accordo raggiunto nell'ambito di un procedimento di mediazione-conciliazione a sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28", con cui M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX ha venduto a L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e a I.XX F.XXXXXXX la quota indivisa di un terzo della proprietà degli immobili siti in L., via C.XXXXX, n. 62, identificati in catasto al foglio 14, mappale, e la quota indivisa di un sesto dell'immobile sito in L., frazione P.XXX, identificato in catasto al foglio ----
3. L'accoglimento dell'azione revocatoria richiede di vagliare gli effetti sulla posizione di M.XXXXX B.XXXXXXX, come domandato dall'attrice.
Massimo B.XXXXXXX ha la veste di terzo subacquirente nell'operazione negoziale.
Invero, a seguito della vendita i convenuti acquirenti hanno costituito in favore di M.XXXXX B.XXXXXXX il diritto di abitazione su alcuni immobili, senza corrispettivo.
L'assenza di sacrificio giuridicamente apprezzabile per il convenuto rende l'acquisto gratuito, quindi sottratto alla tutela di cui all'art. 2901, co. 4, c.c.
Inoltre, il convenuto non versava sicuramente in buona fede. Si deve presumere che la parte fosse a conoscenza del contesto in cui si è collocata l'operazione negoziale, in ragione degli status di socio della debitrice dell'attrice e di marito di M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX.
La presunzione non è stata vinta nel corso del processo.
L'eccezione di prescrizione non è fondata.
Nei confronti del convenuto la pretesa attorea è in realtà di mero accertamento, perché vertente sull'inopponibilità dei diritti acquistati dal terzo, avente causa degli acquirenti dell'atto dedotto con l'azione revocatoria.
A volere seguire la parte e collegare l'eccezione all'azione revocatoria stessa, si osserva che la notificazione della citazione risale al 9 ottobre 2017, mentre l'atto revocando è del 25 ottobre 2012. Tra l'altro, la notificazione si è perfezionata nei confronti del convenuto il 21 ottobre 2017. Il diritto di abitazione del convenuto non è opponibile all'attrice.
4. Con la memoria ex art. 183, co. 6, n. 1), c.p.c., M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX e M.XXXXX B.XXXXXXX hanno chiesto di accertare e dichiarare la nullità della fideiussione omnibus rilasciata in data 4 settembre 2006 dai sig.ri M.XXXXX B.XXXXXXX e M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX in favore della D.XXX F.XX Automazione di B.XXXXXXX M.XXXXX & C. sas.
La domanda non è stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Le difese ad essa sottese sono state abbandonate nella comparsa conclusionale (p. 10).
Pertanto, all'abbandono formale è seguito un abbandono sostanziale evocativi della rinuncia alla domanda.
La domanda era da ritenersi inammissibile.
Alcuna difesa nella comparsa di costituzione e risposta ineriva alla fondatezza delle ragioni di credito attoree.
Soltanto con la memoria ex art. 183, co. 6, n. 1), c.p.c., i convenuti hanno mosso eccezioni di nullità, destinandole anche ad una domanda.
La novità della domanda ne avrebbe implicato il rigetto in rito.
Nel merito, si ribadisce che il credito litigioso è tutelabile con l'azione revocatoria e comunque l'accertamento del credito qui azionato è coperto dal giudicato.
5. La domanda di L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e I.XX F.XXXXXXX di condanna dell'attrice al risarcimento del danno ex art. 96, co. 1, c.p.c. è all'evidenza infondata perché l'esito del processo vede l'attrice vittoriosa.
Per la stessa ragione, è preclusa ogni statuizione ex art. 96, co. 3, c.p.c.
Al regolamento delle spese processuali si applica il principio di causalità, di cui il criterio della soccombenza ex art. 91 c.p.c. ne costituisce espressione (tra le tante, Cass. civ., sez. IIIA, 30 gennaio 2009, n. 2473).
I convenuti sono soccombenti totali.
Le spese processuali sono liquidate secondo i parametri del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, novellato dal d.m. 8 Marzo 2018, n. 37. Per stabilire il valore della controversia, ai sensi dell'art. 5, co. 1, parte seconda, d.m. n. 55/2014, nei giudizi per azioni revocatorie si ha riguardo all'entità economica della Ragione di credito alla cui tutela l'azione è diretta.
Tenuto conto del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, non vi è motivo di discostarsi dall'applicazione dei parametri forensi medi di cui alla corrispondente tabella allegata al decreto ministeriale.
Trova applicazione l'art. 4, co. 2, parte seconda, d.m. n. 55/2014 (assistenza di un solo soggetto contro più soggetti), atteso che l'oggetto della Lite ha richiesto al difensore dell'attrice di articolare difese significativamente distinte in funzione della posizione dei convenuti; più precisamente le coppie di convenuti, così individuate in base al difensore, sono considerate unitariamente agli effetti in discorso e pertanto è applicato l'aumento una sola volta.
Le spese processuali sono però liquidate, in osservanza dell'art. 112 c.p.c., nella minore somma di euro 12.530,00 per compensi, richiesta dall'attrice (v. nota spese depositata unitamente alla memoria di replica), nella somma di euro 1.332,43 per spese (non risulta l'importo di euro 7.95, moltiplicato per il numero dei convenuti, inerente alle spese di notificazione), oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge.
L'obbligazione di rimborso delle spese processuali grava nel rapporto interno ai convenuti in parti uguali (art. 97 c.p.c.).

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede:
revoca l'atto del 25 ottobre 2012 denominato "Atto definitivo di attuazione di accordo raggiunto nell'ambito di un procedimento di mediazione- conciliazione a sensi del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28", con cui M.XXXXXXXXXX F.XXXXXXX ha venduto a L.XXX S.XXXX F.XXXXXXX e a I.XX F.XXXXXXX la quota indivisa di un terzo della proprietà degli immobili siti in L., via C.XXXXX, n.  identificati in catasto al foglio --e la quota indivisa di un sesto dell'immobile sito in L., frazione P.XXX, identificato in catasto al foglio --, e lo dichiara inefficace nei confronti di B.XXXXXXXXXXXXXX s.c.p.a.; 
dichiara inopponibile a B.XXXs.c.p.a. il diritto di abitazione costituito in favore di M.XXXXX B.XXXXXXX con l'atto di cui al capo primo;
rigetta la domanda di L.XXX S.XXXX F.XX e I.XX F. di condanna di B.XXXXXXXXXXXXXX s.c.p.a. al risarcimento del danno ex art.96, co. 1, c.p.c.;
condanna M.X al rimborso a favore di B.XXXXXXXXXXXXXX s.c.p.a. delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 12.530,00 per compensi, euro 1.332,43 per spese, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge, e che ripartisce nel rapporto interno agli obbligati in parti uguali; 
dichiara che la sentenza è soggetta a trascrizione nei registri immobiliari.

Brescia, 26 settembre 2022

Il giudice Andrea Giovanni Melani
 

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Chi è l'autore
Avv. Carlotta  Calabresi Mediatore Avv. Carlotta Calabresi
Dopo diversi anni di esperienza in studi legali italiani e internazionali e molteplici esperienze di insegnamento universitario, nel 2010 mi sono avvicinata a questo splendido lavoro introdotto in Italia grazie alla direttiva europea 52/2008 e ho trovato una strada consona alla mia natura pacifica e sempre alla ricerca della via di mezzo e della soluzione di buon senso.

In questi 12 anni ho visto cambiare la mentalità di avvocati e magistrati. Ora c'è maggior fiducia nell'istituto e, a segui...
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