Il giudice veronese ritiene che l’art. 5, comma 1, d. lgs. 28/2010, essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, vada disapplicato in quanto in contrasto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea

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Avv. Nadia Morandi

Tribunale di Verona, I sez., ordinanza 24.11.2023, giudice Massimo Vaccari

A cura del Mediatore Avv. Nadia Morandi da Brescia.
Letto 656 dal 28/11/2023

Commento:

La controversia oggetto di questa sorprendente ordinanza è la domanda di risarcimento danni derivanti inadempimento per negligenza e imperizia di un avvocato. Trattandosi di un contratto d’opera professionale, la materia è soggetta a tentativo obbligatorio di mediazione e non di negoziazione assistita (procedura tentata senza esito dalla ricorrente) a sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett.e) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Tra le nuove materie, infatti, rientra il contratto d’opera, in particolare d’opera intellettuale come nel caso di specie.
Il magistrato di Verona, con un’interpretazione alquanto audace, afferma che la norma in tema di mediazione è in contrasto con i principi fondamentali della Ue, a fortiori a seguito della entrata in vigore, il 15 novembre, del D.M. 24 ottobre 2023, n. 150, che, tra le altre cose, ha elevato gli importi delle spese per la mediazione, determinando un incremento dei complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria e che, aspetto da non dimenticare, sono comprensivi di quelli per l’assistenza difensiva obbligatoria.
Il giudice fa riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia n. 457 del 14 giugno 2017 che, in linea con la sentenza Alassini del 18 marzo 2010, ha individuato i presupposti per poter ritenere compatibili con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, le forme di ADR obbligatoria, a prescindere dalla qualità soggettiva delle parti, in particolare:
1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti;
2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale;
3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione;
4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
Per il magistrato veronese i costi della procedura di mediazione (indennità e spese per l’assistenza legale obbligatoria ai sensi del D.M. 147/2022) sono significativi anche se il procedimento di mediazione dovesse concludersi al primo incontro ai sensi del d.m. 150/2023.
Nemmeno le agevolazioni fiscali potrebbero giustificare tali esborsi in quanto, la concreta determinazione del credito di imposta dipende dal valore della controversia, dalla disponibilità di fondi da parte dello Stato e dal numero delle richieste. La posta è incerta sia nell’an che nel quantum mentre il costo che la parte deve sostenere è effettivo e immediato.
In conclusione, il giudice afferma che l’art. 5, comma 1, d. lgs. 28/2010, essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, vada disapplicato in quanto in contrasto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea

https://www.condominiocaffe.it/cosa-fare-se-la-mediazione-costa-troppo-il-tribunale-di-verona-disapplica-lobbligo-di-mediazione-perche-i-costi-sono-troppo-elevati/

 

Testo integrale:
N.4665/2023 R.G.

Tribunale Ordinario di Verona
PRIMA SEZIONE civile
Il Giudice
Dott. Massimo Vaccari
Ha emesso la seguente
ORDINANZA
Nel procedimento ai sensi dell’art. 281-decies c.p.c. promosso da:
S.R.L. con l’avv.to con indirizzo di
p.e.c. indicato nel ricorso introduttivo
RICORRENTE
CONTRO
con l’avv. con indirizzo di p.e.c.
indicato nella comparsa di costituzione e risposta
RESISTENTE
A scioglimento della riserva assunta all’udienza del 23.11.2023
RILEVATO CHE
Prima di esaminare le istanze del resistente (mutamento di rito e autorizzazione
alla chiamata del terzo) occorre affrontare la causa sia soggetta a condizione di
procedibilità, tenuto conto che la domanda di risarcimento danni avanzata dalla
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ricorrente, con ricorso depositato il 3 luglio 2023, si fonda sul prospettato
inadempimento per negligenza e imperizia del convenuto, di professione
avvocato, al contratto di prestazione d’opera professionale (assistenza giudiziale)
che egli aveva concluso con la ricorrente in relazione alla controversia meglio
descritta in ricorso, mandato di assistenza che gli era stato conferito.
La ricorrente, che si è posta il problema avendo dedicato ad esso un breve
paragrafo del ricorso, ha escluso di dover osservare qualsiasi condizione di
procedibilità sebbene abbia aggiunto di aver comunque inviato al resistente un
invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, che però non ha
avuto riscontro.
Contrariamente a tale assunto però la controversia dovrebbe invece ritenersi
soggetta a mediazione, alla luce del disposto dell’art. 5, comma 2, del d. lgs.
28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett.e) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che
ha ampliato, a decorrere dal 30 giugno 2023, il novero delle controversie che
devono essere precedute da tale tipo di ADR, inserendovi anche quelle in
materia di contratto d’opera, e quindi anche quelle, come la presente, in materia
di contratto di prestazione d’opera intellettuale.
E’ opportuno anche chiarire che, se si dovesse arrivare alla predetta
conclusione, la circostanza che la ricorrente abbia esperito la negoziazione
assistita non la esimerebbe dal soddisfare la condizione di procedibilità poiché
tale tipo di Adr non è alternativo alla mediazione per le controversie sopra
elencate.
A ben vedere però va ribadito (si vedano sul punto l’ordinanza di questo giudice
del 28.9.2017) come la norma in tema di mediazione sopra citata sia in contrasto
con i principi fondamentali della Ue, a fortiori a seguito della entrata in vigore, il
15 novembre, del D.M. 24 ottobre 2023, n. 150, che, tra le altre cose, ha elevato
gli importi delle spese per la mediazione, determinando un incremento dei
complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria e
che, aspetto da non dimenticare, sono comprensivi di quelli per l’assistenza
difensiva obbligatoria.
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Per comprendere come si giunga a tale conclusione occorre rammentare che la
Corte di Giustizia con la sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 ha ribadito, in linea
con la sentenza Alassini del 18 marzo 2010, quali siano i presupposti per poter
ritenere compatibili con il principio comunitario della tutela giurisdizionale
effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, le forme di ADR obbligatoria, a prescindere
dalla qualità soggettiva delle parti.
La Corte di Giustizia ha infatti affermato che un simile giudizio di compatibilità
può essere espresso qualora la procedura soddisfi congiuntamente tutte le
seguenti condizioni:
1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti;
2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso
giurisdizionale;
3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione;
4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti (“very low costs” e “frais
peau importants” secondo le espressioni inglese e francese utilizzate dalla Corte
di Giustizia), per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica
modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile
disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della
situazione lo impone.
Ciò detto, ad avviso di questo giudice, la disciplina nazionale della mediazione
obbligatoria, come integata dal regolamento , non rispetta la penultima delle
predette condizioni poiché, prevedendo anche l’assistenza difensiva obbligatoria
(art. 8, comma 5, d. lgs. 28/2010) comporta dei costi non contenuti per le parti,
tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente
vigenti.
E’ vero che, stranamente, alla predetta previsione non è stata accompagnata
quella sulle conseguenze della eventuale mancata assistenza difensiva ma,
anche senza considerare l’unico precedente noto (Trib. Torino 30 marzo 2016),
che ha ritenuto che, a fronte di una simile situazione, la condizione di
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procedibilità non è realizzata, di fatto gli organismi di mediazione richiedono che
le parti si presentino agli incontri assistite dai loro avvocati e non danno corso
alla procedura se ciò non accade.
Sul punto è allora opportuno innanzitutto evidenziare come la sentenza della
Corte di Giustizia Ue n.457/2017, nel ribadire la necessità che la Adr obbligatoria
determini costi non ingenti per le parti, non abbia inteso considerare le diverse
modalità di svolgimento della procedura che possano essere state previste dalle
leggi nazionali, lasciando così intendere che siffatto presupposto è
imprescindibile.
Tale osservazione di carattere generale non pare essere smentita dal disposto
dell’art. 141 quater, comma 4, lett. b), del d. lgs. 130/2015, che, in attuazione
della corrispondente norma della direttiva 2013/11, esclude espressamente che
nelle Adr di consumo i consumatori siano obbligati ad avvalersi di un avvocato.
Da esso infatti può desumersi che le norme nazionali che prevedono
l’assistenza difensiva obbligatoria, in linea generale, sono compatibili con le
procedure di Adr obbligatorie, ma sempre a condizione che non generino costi
elevati.
Non è dubitabile poi che l'esborso al quale le parti sono tenute nei confronti dei
rispettivi legali sia consistente se si considerano, in difetto della evidenza di un
accordo sul punto, gli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal D.M.
147/2022.
E' appena il caso di precisare poi che il costo per l’assistenza difensiva per le
parti rimane significativo anche se il procedimento di mediazione dovesse
concludersi al primo incontro tenuto conto che il suddetto regolamento non
prevede nemmeno un compenso ridotto per l'avvocato che assista la parte in
quella fase iniziale della procedura, di durata e impegno assai contenuti,
cosicchè per la relativa quantificazione occorre far riferimento sempre ai sopra
citati valori medi di liquidazione, da ridursi adeguatamente ma sempre con
risultati di una certa consistenza.
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Ad un contenimento dei costi di assistenza difensiva non può poi giovare il
carattere ampiamente discrezionale dei parametri poiché esso, inevitabilmente,
determina soluzioni diversificate mentre per raggiungere quell'obiettivo sarebbe
necessaria la fissazione per via normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una
sorta di calmiere, analogamente a quanto è stato previsto per le spese di
mediazione.
Si noti che proprio per tener conto dei suddetti aspetti il D.M. 180/2010 aveva
stabilito marcate riduzioni del compenso per il mediatore per i casi in cui la
mediazione costituissse condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art.
16, comma 4, lettera d), del D.M. n. 180/2010) ed una indennità fissa, di importo
esiguo, per l'ipotesi in cui il procedimento si arresti al primo incontro.
Il d.m. 150/2023 ha però introdotto, agli artt. da 28 a 32, significative novità
anche in tema di critedi di determinazione delle spese e dei compensi per le
attività di mediazione.
Infatti ha previsto che si debbano versare per la sola partecipazione al primo
incontro, oltre, alle spese vive le spese di avvio, variabili, in base al valore della
lite, da euro 40 ad euro 110,00, e le spese di mediazione, comprendenti il
compenso del mediatore, variabili, in base al valore della lite, da euro 60,00 ad
euro 170,00.
Tali importi vanno ridotti di un quinto quando la mediazione è condizione di
procedibilità della domanda o quando è demandata dal giudice.
Orbene, anche tenendo conto di tale riduzione, il costo della mediazione che si
arrestasse al primo incontro varia da un minimo di euro 364,00 (euro 80 per le
spese della mediazione, senza spese vive, oltre ad euro 284,00 per il compenso
per il difensore per la fase di attivazione) per le controversie di valore più basso
ad un massimo di euro 1.596,00 (euro 226,00 per le spese della mediazione,
senza spese vive, oltre ad euro 1.370,00 per il compenso del difensore per la
fase di attivazione) per le controversie di valore più elevato.
Nel caso di specie, in considerazione del valore della controversia, sarebbe di
euro 1.234,00.
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Nessuno dei predetti importi si può però considerare poco significativo nel
senso indicato dalla Corte di Giustizia.
Val la pena poi evidenziare che non può influire su tale valutazione la possibile
obiezione che, per stimare la convenienza economica della mediazione, occorre
tener conto del fatto che le spese sostenute per essa sono utilizzabli come
credito di imposta anche in caso di insuccesso della procedura.
Infatti in tale ipotesi il credito massimo riconoscibile è di euro 250,00 ma la sua
concreta determinazione dipende dal valore della controversia, dalla disponibilità
di fondi da parte dello Stato e dal numero delle richieste.
Si tratta quindi di una posta incerta sia nell’an che nel quantum mentre il costo
che la parte deve sostenere è effettivo e immediato.
Né potrebbe validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo
in esame, che i costi sostenuti per la mediazione possono essere recuperati dalla
parte che, dopo avervi preso parte, risulti vittoriosa nel successivo giudizio o, in
alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la controparte poiché tali
esiti sono incerti nell’an e nel quando mentre ciò che la Corte di Giustizia, con le
indicazioni sopra riportate, ha inteso evitare è che ciascuna delle parti che
partecipano alla procedura di Adr debba sostenere un onere economico
immediato, o meglio, sia gravata dalla relativa obbligazione.
Alla luce delle superiori considerazioni la norma che viene qui in rilievo (art. 5,
comma 1, d. lgs. 28/2010), essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non
contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l'art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Tutti i profili fin qui evidenziati non sono stati esaminati dalle decisioni della
Corte Costituzionale che hanno dichiarato non fondate alcune questioni di
legittimità costituzionale della disciplina in tema di negoziazione assistita e in
ogni caso la norma del trattato Ue sopra citata è sovraordinata rispetto a quelle
costituzionali che possono venire in rilievo nel caso di specie.
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Venendo ora ad esaminare le istanze del resistente non si ravvisano, alla luce
delle allegazioni delle parti, i presupposti per fissare udienza ex art. 183 c.p.c.
mentre va autorizzata la chiamata del terzo.
P.Q.M
Il Giudice Unico del Tribunale di Verona, autoizza il resistente alla chiamata del
terzo Itas Mutua nel rispetto dei termini di legge e rinvia la causa all’udienza del
14 marzo 2024 h.9.30
Verona 24/11/2023
Il Giudice Unico

aa
Chi è l'autore
Avv. Nadia Morandi Mediatore Avv. Nadia Morandi
Svolgo con professionalità attività di consulenza ed assistenza legale, a privati e aziende, dall'anno 2000, in tutto il territorio italiano ed in vari ambiti.
Dall'anno 2011 svolgo anche attività di mediatore civile in materie quali ad esempio successioni, locazioni, proprietà, comunione e condominio, obbligazioni, contratti e diritto societario.
La mia attività come mediatore è caratterizzata anzitutto da serietà e professionalità ma anche capacità di lavoro di gruppo ed una buona capacità d...
continua





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