Mediazione obbligatoria – opposizione a decreto ingiuntivo – territorialità dell’organismo – accordi di reciprocità – partecipazione da remoto – imparzialità del mediatore – sopravvenuta abrogazione dell’art. 14-bis d.m. 180/2010

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Prof. Avv. Brunella Brunelli

Tribunale di Pavia, sez. III, 22.09.2025, sentenza n. 1018, giudice: dott.ssa Simona Caterbi

A cura del Mediatore Prof. Avv. Brunella Brunelli da Bologna.
Letto 232 dal 02/12/2025

Commento:
Il caso riguarda un’opposizione a decreto ingiuntivo, per canoni di locazione impagati.
Uno dei profili più rilevanti della sentenza riguarda l’eccezione dell’opponente, che lamenta l’improcedibilità della domanda monitoria per “vizi della mediazione obbligatoria” ex art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010.
Secondo la prospettazione dell’opponente:
- la mediazione sarebbe stata avviata presso un organismo diverso da quello territorialmente competente;
- l’incontro si sarebbe tenuto da remoto senza consenso;
- il difensore della parte istante sarebbe mediatore presso lo stesso organismo, con violazione della terzietà.
Il Tribunale di Pavia affronta in modo articolato ciascun punto.
Il giudice richiama correttamente l’art. 4 d.lgs. 28/2010, che stabilisce che la domanda di mediazione deve essere presentata “presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente”.
La sentenza valorizza un punto importante: “la mediazione è stata avviata presso un organismo che ha sì sede principale altrove, ma che opera, tramite accordo di reciprocità, anche nella sede territorialmente competente (Pavia)”.
La presenza di un accordo documentale tra organismi (luglio 2024), che consente all’ente prescelto di utilizzare una sede effettiva a Pavia, permette al giudice di ritenere “soddisfatto il requisito della territorialità”.
Il Tribunale, quindi, estende la nozione di “organismo nel luogo competente” anche a strutture che, pur non avendo sede ufficiale principale nella città, vi operano tramite sedi secondarie o convenzionate, purché documentate.
Questa interpretazione si colloca nell’orientamento giurisprudenziale che privilegia la funzione (garanzia di partecipazione del convenuto) rispetto alla forma (sede formale).
Il giudice poi esclude che la modalità telematica dell’incontro comporti violazione della normativa, considerando che:
* la partecipazione online è ammessa dall’attuale disciplina ministeriale (post-riforma Cartabia);
* la parte interessata avrebbe potuto chiedere espressamente la partecipazione in presenza.
La motivazione valorizza un principio ormai consolidato, secondo cui: “in difetto di una specifica opposizione tempestiva, la modalità telematica non incide sulla validità della mediazione né sulla condizione di procedibilità”. Infatti, secondo un orientamento ormai costante (Trib. Mantova 2021; Trib. Firenze 2022; Trib. Napoli 2023), “le eccezioni sono tardive, se la parte non ha contestato i presunti vizi nella sede propria, cioè in mediazione”.
L’idea è evidente: la mediazione non può essere strumentalizzata come “trappola” processuale da attivare solo in caso di insuccesso.
Il punto più delicato riguarda l’eccezione basata sulla circolare del Ministero del 14 luglio 2015, che richiamava l’art. 14-bis d.m. 180/2010, il quale vietava:
* al mediatore di rappresentare parti dinanzi all’organismo presso cui è iscritto;
* ai professionisti soci o associati dell’organismo di agire da avvocati in mediazioni avviate presso quello stesso organismo.
Al riguardo, il Tribunale di Pavia osserva che l’art. 14-bis è stato abrogato dall’art. 49 d.m. 150/2023; pertanto, “alla data della mediazione (marzo 2025), tale incompatibilità non era più vigente”.
Ne consegue che: “il difensore della parte istante, che è anche mediatore iscritto presso lo stesso organismo, poteva legittimamente presentare la domanda di mediazione”.
Il Tribunale, tuttavia, formula un rilievo significativo: la richiesta della parte istante di indicare uno specifico mediatore “si appalesa non del tutto non è coerente con la terzietà che deve connotare la nomina”.
Si tratta di un richiamo all’esigenza sostanziale di neutralità, sebbene, nel caso di specie, non determini invalidità del procedimento, poiché avrebbe potuto avere rilievo “solo ai fini dell’eventuale annullamento dell’accordo”, qualora fosse stato raggiunto.
Alla luce dei rilievi che precedono, il giudice conclude che:
- la mediazione si è validamente svolta;
- l’organismo era idoneo sotto il profilo territoriale grazie all’accordo di reciprocità;
- la modalità telematica era legittima;
- nessuna incompatibilità del difensore-mediatore era applicabile;
- eventuali profili critici relativi alla scelta del mediatore non comportano invalidità della procedura.
Il punto sull’incompatibilità del mediatore dopo la riforma Cartabia merita un breve approfondimento.
Il sistema previgente, fondato sull’art. 14-bis d.m. 180/2010 (incompatibilità e conflitti di interesse), conteneva una disciplina “rigorosa” delle incompatibilità del mediatore.
L’art. 14-bis vietava:
1. al mediatore di essere parte, rappresentare o assistere parti “dinanzi all’organismo di cui era membro, socio, associato o presso cui svolgeva la propria attività”;
2. ai professionisti “soci, associati o che esercitassero la professione negli stessi locali” dell’organismo, di rappresentare parti davanti a tale organismo.
La ratio era duplice: da un lato, garantire la terzietà effettiva dell’organismo; dall’altro, evitare fenomeni di “cattura” del mediatore da parte di studi professionali o avvocati legati all’organismo.
Si trattava di una disciplina più severa della stessa incompatibilità del giudice.
Le conseguenze pratiche del sistema previgente erano le seguenti:
-  molti avvocati–mediatori non potevano depositare mediazioni presso gli organismi per cui lavoravano;
- gli organismi rischiavano l’annullamento di intere procedure;
- la giurisprudenza oscillava tra formalismo e sanatoria.
Il d.m. 150/2023 (attuativo della riforma Cartabia) ha abrogato espressamente l’art. 14-bis.
La scelta del legislatore delegato è chiara: abbandonare un sistema di incompatibilità, rigido e notarile, per introdurre un modello più flessibile e responsabilizzante.
L’abrogazione è totale, non parziale. Non sono stati mantenuti divieti specifici per il mediatore-avvocato presso il proprio organismo.
La terzietà del mediatore è ora affidata ai principi generali del d.lgs. 28/2010  (in particolare: art. 14: sull’indipendenza, imparzialità, obbligo di disclosure; art. 3: sull’efficienza, qualità e trasparenza degli organismi)  e alle regole deontologiche e di condotta (in particolare: Codice deontologico forense, artt. 24-25 (conflitto di interessi, indipendenza); Codice etico degli organismi; Regolamenti interni, non più vincolati al vecchio art. 14-bis).
Il sistema oggi punisce non la potenziale incompatibilità (ex ante), ma la concreta mancanza di terzietà, che incide:
- sull’accordo di mediazione (invalidità);
- sulla qualità dell’attività dell’organismo (revoca o sospensione dell’accreditamento);
- sulla responsabilità disciplinare del mediatore e dell’avvocato.
La filosofia è passata da una tutela “blindata” ad una “a risultato”.
Infatti, con la riforma Cartabia:
1. L’avvocato-mediatore può depositare una domanda di mediazione presso l’organismo in cui è iscritto come mediatore.
Si tratta di un comportamento legittimo, come affermato anche dal Tribunale di Pavia.
2. L’avvocato può rappresentare una parte davanti al proprio organismo di mediazione.
3. I professionisti soci, associati o che condividono i locali con l’organismo non sono più automaticamente incompatibili.
4. La mera appartenenza dell’avvocato all’organismo non comporta violazione della terzietà.
Si tratta di un cambio di paradigma che mira a:
* ampliare il numero dei mediatori attivi;
* rendere più flessibile il mercato degli organismi;
* favorire la diffusione della mediazione.
Tuttavia, l’abrogazione dell’art. 14-bis non significa libertà assoluta.
Rimangono in vigore:
1. Il divieto di assumere l’incarico di mediatore in situazioni di conflitto effettivo (art. 14 d.lgs. 28/2010). Ad esempio:
* essere difensore attuale o recente di una delle parti;
* avere interessi economici nell’esito della procedura;
* avere rapporti personali tali da compromettere l’indipendenza.
2. L’obbligo di disclosure: il mediatore deve comunicare preventivamente qualsiasi situazione che possa ingenerare dubbi sulla propria imparzialità.
3. La possibilità per le parti di ricusare il mediatore.
Il sistema oggi funziona in modo simile alla ricusazione del giudice: non basta l’appartenenza all’organismo, ma occorrono elementi concreti.
4. Responsabilità disciplinare e civile.
La condotta non imparziale del mediatore può:
* invalidare l’accordo;
* generare responsabilità professionale;
* comportare sanzioni dell’organismo.
La riforma Cartabia ha dunque  trasformato il sistema delle incompatibilità:
* da un modello “formale e proibitivo”, fondato su divieti preventivi molto estesi;
* a un modello “sostanziale”, che punisce solo l’effettiva compromissione dell’imparzialità.
Il mediatore è oggi meno “ingabbiato” da regole rigide, ma è più “responsabilizzato” sul piano etico e professionale.

Testo integrale:

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Chi è l'autore
Prof. Avv. Brunella Brunelli Mediatore Prof. Avv. Brunella Brunelli
Conseguita la laurea presso l Università degli Studi di Bologna (con una tesi in diritto processuale civile su L'arbitrato commerciale internazionale nella prassi delle camere arbitrali) e l'abilitazione, mi sono iscritta all Albo degli Avvocati di Bologna ed esercito la professione dal 1986.
Ho avuto il privilegio di essere allieva del prof. avv. Federico Carpi e, dal 1992, sono docente dell Università di Bologna, dove oggi insegno Diritto processuale generale, del lavoro e delle procedure ...
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