Commento:
In materia di impugnazione di delibera condominiale, i condòmini attori chiedevano al giudice dichiararsi la cessazione della materia del contendere in quanto una successiva assemblea aveva annullato la delibera impugnata. Il giudice confronta le due delibere, dichiara cessata la materia del contendere e si pronuncia sulla soccombenza virtuale. I convenuti avevano eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dell’impugnazione per tardività della stessa.
Il tribunale ricorda che all’epoca dei fatti per cui è causa, a seguito dell’abrogazione dell’art. 5 comma 6 D.Lgs. 28/2010. da parte della c.d. riforma Cartabia, la fattispecie era regolata dall’art. 8 comma 2 D.Lgs. 28/2010, il quale disponeva che “dal momento in cui la comunicazione [della domanda di mediazione, del mediatore, della data e del luogo del primo incontro tra le parti, delle modalità di svolgimento della procedura, a cura dell’organismo] perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta”. Il tribunale aderisce all’orientamento prevalente secondo cui il termine per la domanda giudiziale veniva interrotto dalla comunicazione della mediazione ma poi riprendeva immediatamente a decorrere, con la conseguenza che la parte che intendeva introdurre il giudizio doveva farlo nello stesso termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione dell’avvio della mediazione.
Il tribunale dà atto che si tratta evidentemente di una normativa assolutamente irrazionale e contrastante con la logica stessa della mediazione, perché costringeva l’attore che voleva impugnare la delibera assembleare ad agire in giudizio, sostenendo anche i relativi costi, quando ancora il relativo procedimento di mediazione era pendente e non si era ancora svolto neanche il primo incontro; soprattutto, si trattava di una normativa presumibilmente frutto di un errore del legislatore al momento della riforma Cartabia che aveva omesso di reinserire l’inciso “… se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale [negativo] presso la segreteria dell’organismo” che avrebbe fatto decorrere il nuovo termine dalla conclusione del procedimento di mediazione, reinserito successivamente con il cd. correttivo Cartabia, con ciò prevedendo nuovamente un effetto sospensivo nella pendenza del procedimento di mediazione.
Pur dovendosi ritenere la domanda inammissibile e gli attori conseguentemente soccombenti, le spese vengono compensate 1/3 2/3 sussistendo le “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92 c.p.c., in applicazione dei principi enucleati da Corte Costituzionale, sentenza 19 aprile 2018 n. 77.°
Si veda
Svista legislativa della riforma Cartabia: la parte che intendeva introdurre il giudizio doveva farlo nello stesso termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione dell’avvio della mediazione. Si giustifica almeno la compensazione parziale delle spese,
in https://www.lanuovaproceduracivile.com/svista-legislativa-della-riforma-cartabia-la-parte-che-intendeva-introdurre-il-giudizio-doveva-farlo-nello-stesso-termine-di-trenta-giorni-decorrente-dalla-comunicazione-dellavvio-della-med/
Il tribunale ricorda che all’epoca dei fatti per cui è causa, a seguito dell’abrogazione dell’art. 5 comma 6 D.Lgs. 28/2010. da parte della c.d. riforma Cartabia, la fattispecie era regolata dall’art. 8 comma 2 D.Lgs. 28/2010, il quale disponeva che “dal momento in cui la comunicazione [della domanda di mediazione, del mediatore, della data e del luogo del primo incontro tra le parti, delle modalità di svolgimento della procedura, a cura dell’organismo] perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta”. Il tribunale aderisce all’orientamento prevalente secondo cui il termine per la domanda giudiziale veniva interrotto dalla comunicazione della mediazione ma poi riprendeva immediatamente a decorrere, con la conseguenza che la parte che intendeva introdurre il giudizio doveva farlo nello stesso termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione dell’avvio della mediazione.
Il tribunale dà atto che si tratta evidentemente di una normativa assolutamente irrazionale e contrastante con la logica stessa della mediazione, perché costringeva l’attore che voleva impugnare la delibera assembleare ad agire in giudizio, sostenendo anche i relativi costi, quando ancora il relativo procedimento di mediazione era pendente e non si era ancora svolto neanche il primo incontro; soprattutto, si trattava di una normativa presumibilmente frutto di un errore del legislatore al momento della riforma Cartabia che aveva omesso di reinserire l’inciso “… se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale [negativo] presso la segreteria dell’organismo” che avrebbe fatto decorrere il nuovo termine dalla conclusione del procedimento di mediazione, reinserito successivamente con il cd. correttivo Cartabia, con ciò prevedendo nuovamente un effetto sospensivo nella pendenza del procedimento di mediazione.
Pur dovendosi ritenere la domanda inammissibile e gli attori conseguentemente soccombenti, le spese vengono compensate 1/3 2/3 sussistendo le “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92 c.p.c., in applicazione dei principi enucleati da Corte Costituzionale, sentenza 19 aprile 2018 n. 77.°
Si veda
Svista legislativa della riforma Cartabia: la parte che intendeva introdurre il giudizio doveva farlo nello stesso termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione dell’avvio della mediazione. Si giustifica almeno la compensazione parziale delle spese,
in https://www.lanuovaproceduracivile.com/svista-legislativa-della-riforma-cartabia-la-parte-che-intendeva-introdurre-il-giudizio-doveva-farlo-nello-stesso-termine-di-trenta-giorni-decorrente-dalla-comunicazione-dellavvio-della-med/