Accordo in mediazione senza attestazione della sua conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico: un rischio per l’efficacia esecutiva?

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Avv. Claudia Basciu

Analisi delle conseguenze che potrebbero derivare dalla mancata attestazione, da parte degli avvocati, della conformità dell’accordo di mediazione alle norme imperative e all’ordine pubblico, con particolare riferimento alla sua efficacia esecutiva.

A cura del Mediatore Avv. Claudia Basciu da Cagliari.
Letto 4094 dal 18/07/2025

Il caso
Dopo mesi di intense e travagliate trattative, finalmente le parti giungono ad un accordo in mediazione. Ogni aspetto della conciliazione viene condiviso nel dettaglio dalle parti, assistite dai propri avvocati e coadiuvate dal mediatore, in un confronto talvolta duro ma indubbiamente necessario e utile, poiché permette alle stesse di esprimere le proprie posizioni e necessità, per vederle poi trasposte nell’accordo finale.
Tuttavia, al momento della sottoscrizione dell’accordo di conciliazione, gli avvocati delle parti, invitati in tal senso dal mediatore, manifestano le proprie perplessità sulla necessità di attestare e certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico (come previsto dall’art. 12, comma 1, del d. lgs. 28/2010) ritenendo tale certificazione superflua ai fini del perfezionamento dell’accordo e del dispiegamento dei suoi effetti esecutivi.
A questo punto, considerata la rilevanza delle possibili conseguenze derivanti dalla mancata osservanza del dettato normativo, soprattutto in termini di efficacia esecutiva dell’accordo, pare opportuno, interrogarsi sulla ratio di tale previsione, alla luce delle modifiche intervenute nel tempo e degli orientamenti giurisprudenziali in materia.
 
La normativa di riferimento
L’attuale disciplina in materia di efficacia esecutiva ed esecuzione dell’accordo di mediazione, contenuta nell’art. 12 del d. lgs. 28/2010 (modificato da ultimo dal d. lgs. 27 dicembre 2024, n. 216), stabilisce che nel caso in cui tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite dagli avvocati, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati, anche con le modalità di cui all’articolo 8-bis (mediazione in modalità telematica) costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblicoL’accordo così concluso e sottoscritto dovrà poi essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’art. 480, comma 2, del codice di procedura civile (art. 12, comma 1, d.  lgs. 28/2010).
Nell’ipotesi in cui, invece, le parti non siano tutte assistite dagli avvocati, l’accordo potrà costituire titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale soltanto se omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale competente, il quale ne dovrà previamente accertare la regolarità formale e il rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico (art. 12, commi 2 e 1-bis del d. lgs. 28/2010).
Il legislatore quindi nell’introdurre un nuovo titolo esecutivo (avente carattere negoziale) tra quelli già espressamente previsti dall’art. 474 c.p.c., qual è appunto l’accordo di mediazione, ne stabilisce i presupposti, ossia: la necessità che tutte le parti siano assistite dagli avvocati; che l’accordo sia sottoscritto dalle parti e dagli avvocati; che gli avvocati attestino e certifichino la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Va da sé che, considerando tutti i presupposti indicati, quali condizioni necessarie per la formazione del titolo esecutivo di natura negoziale, la mancanza anche di una sola condizione - nel caso che ci interessa, la certificazione della conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico - potrebbe determinare la formale contestazione dell’efficacia esecutiva dell’accordo (nei termini dell’opposizione all’esecuzione e dell’opposizione agli atti esecutivi, ex artt. 615 e  617 c.p.c.)[1].
D’altra parte, tale conclusione sembrerebbe non essere univoca.
Difatti, la formulazione dell’art. 12 del d. lgs. 28/2010, ha dato, e continua a dare adito a diverse interpretazioni, laddove nel primo periodo, introduce le due condizioni 1) della necessaria assistenza delle parti aderenti alla mediazione da parte degli avvocati e 2) della sottoscrizione dell’accordo anche da parte dei medesimi avvocati, mentre la condizione relativa alla attestazione e certificazione della conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, è introdotta soltanto nel successivo periodo, ingenerando il dubbio che, in realtà, le uniche condizioni necessarie ai fini della efficacia esecutiva dell’accordo siano le prime due.
 
Ora, per orientarsi tra le possibili interpretazioni, appare utile qualche cenno alla evoluzione dell’art. 12 d. lgs 28/2010 ed evidenziare come, nella sua originaria formulazione, tale disposizione non contemplasse alcuna distinzione tra l’accordo sottoscritto dagli avvocati e l’accordo privo di tale sottoscrizione, dal momento che riconosceva efficacia esecutiva al verbale di accordo il cui contenuto non fosse contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, omologato dal presidente del tribunale, previo accertamento anche della regolarità formale, senza fare quindi alcun riferimento né alla necessaria sottoscrizione da parte degli avvocati né tantomeno alla certificazione, da parte dei medesimi, della conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Soltanto con le modifiche apportate dal decreto legge n. 21 luglio 2013, n. 69 (convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98) e l’introduzione dell’assistenza dell’avvocato nelle mediazioni obbligatorie, il ruolo di quest’ultimo diventava fondamentale anche per la formazione del titolo esecutivo, principalmente in ragione del ruolo di verifica della regolarità dell’accordo, prima esclusiva prerogativa del giudice. Infatti la formulazione dell’art. 12 così aggiornata, coerentemente con la imprescindibile assistenza da parte dell’avvocato, introduceva la necessaria sottoscrizione dell’accordo da parte dei legali e la statuizione in base alla quale gli stessi avrebbero dovuto attestare e certificare  la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico mentre “in tutti gli altri casi” la verifica di tale conformità sarebbe rimasta nei poteri del giudice in fase di omologazione, come previsto in origine.
Relativamente a tale ultimo aspetto, è opportuno chiarire che l’attuale formulazione prevede in modo specifico che l’omologazione, e quindi il controllo del giudice, sia necessaria qualora le parti non siano tutte assistite dagli avvocati, quindi non contempla più un generico riferimento a “tutti gli altri casi”, ma ciò non altera la ratio della previsione: il legislatore infatti, nell’estendere la categoria dei titoli esecutivi ad un titolo avente natura prettamente negoziale, espressamente richiede l’intervento degli avvocati affinché ne verifichino il rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico, il cui accertamento, in loro assenza, rientra nei poteri del presidente del tribunale.
 
Orientamenti giurisprudenziali
Al fine di rispondere al quesito iniziale (ossia quali possibili conseguenze potrebbero derivare dalla mancata attestazione della conformità dell’accordo di mediazione alle norme imperative e all’ordine pubblico da parte degli avvocati) il nostro approfondimento non può però prescindere da una disamina degli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in materia, le cui interpretazioni divergono essenzialmente sul carattere formale o sostanziale della attestazione e certificazione dell’accordo prevista dall’art. 12 d. lgs. 28/2010.
Secondo un primo orientamento, l’intervento degli avvocati nella procedura e quindi nella formazione dell’accordo di mediazione assolve di per sé ad uno “scopo certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico”, a prescindere “dall’adozione di una formale attestazione di conformità”, una funzione analoga, secondo tale indirizzo, a quella di autenticazione esercitata dal difensore con riguardo alla sottoscrizione della parte apposta a margine o in calce al mandato rilasciato nel corpo introduttivo del primo atto del giudizio. In virtù di tale interpretazione, il difetto dell'attestazione e delle certificazioni di conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico costituisce un “requisito di mera irregolarità formale inidoneo ad impattare sull'intrinseca efficacia esecutiva del titolo” (cfr. Trib. Bari, sez. II civile, ordinanza 7 settembre 2016). Tale conclusione troverebbe conforto “anche nella lettura sistematica della disposizione” in quanto "in tutti gli altri casi" (da intendersi qualora non vi sia la partecipazione diretta dei difensori o non si tratti di organismo conciliativo tra quelli accreditati) all'omologazione dell'accordo si provvede, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale "previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico", non richiedendosi neppure in tale situazione l'impiego di precise formule sacramentali” (Trib. di Bari cit.). Al medesimo esito giungono le recenti pronunce secondo le quali “l’intervento e l’assistenza degli avvocati assolve ad uno scopo certificatorio dell’eseguita verifica circa il rispetto delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico” inferendo tale interpretazione dal dato letterale dell’art. 12 d. lgs. 28/2010, con la conseguenza che “lo scopo della norma possa dirsi raggiunto anche prescindendosi dall’adozione di una formale attestazione di conformità”, pertanto la mancanza dell’attestazione “al più potrebbe costituire una mera irregolarità che non toglie efficacia di titolo esecutivo all’accordo già perfezionatosi e sottoscritto da tutte le parti di cui la legge prevede la partecipazione” (cfr. Trib, Roma, sentenza del 27/10/2023, n. 15628; Trib. Catania del 10/01/2023, n. 107).
In senso totalmente opposto, invece, il secondo orientamento considera il requisito della sottoscrizione per attestazione e certificazione “coessenziale nella formazione della fattispecie complessa, grazie alla quale si prevede l’attribuzione dell’efficacia di titolo esecutivo ad un accordo di natura squisitamente negoziale”, requisito che quindi “non potrebbe essere depotenziato ad un semplice elemento formale”, infatti “la verifica della conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico dell’accordo raggiunto in mediazione, in ordine all’efficacia esecutiva dello stesso, deve sostanziarsi nella formulazione di un accertamento espresso che non può desumersi implicitamente dalla mera sottoscrizione del verbale da parte dei difensori” (cfr. Trib. Catania, 4 marzo 2022, n. 1093; Trib Arezzo, 24 maggio 2023, n. 494). Secondo tale orientamento, la ratio sottesa al dettato normativo, ossia “l’esigenza avvertita e condivisa dal legislatore, di dover prevedere esplicitamente l’efficacia esecutiva per il verbale d’accordo conciliativo derivante dalla mediazione”, lo rende “incompatibile con una sorta di automatismo tra assistenza dei difensori e loro mera sottoscrizione ed esecutività del verbale” (cfr. Trib. di Arezzo cit.). Ancora più chiaramente, si afferma che “il legislatore ha inteso favorire la formazione di titoli esecutivi di origine negoziale ritenendo, però, necessario che gli avvocati non solo autenticassero la sottoscrizione della parte ma attestassero la conformità del regolamento negoziale alle norme imperative e all’ordine pubblico. A ciò, infatti, è subordinata la capacità dell’accordo negoziale di divenire titolo esecutivo” (Trib. di Catania, Sesta Sezione Civile, 22 settembre 2023, n. 3757). Pertanto la carenza della espressa attestazione sarebbe “ostativa all’attribuzione al detto verbale dell’efficacia di titolo esecutivo, in quanto il quid pluris rispetto ad un qualsiasi negozio privato non può essere inteso come una superfetazione inutile, dal momento che l’avvocato deve attestare formalmente l’osservanza delle norme imperative e dell’ordine pubblico” (Trib. di Catania n. 3757 del 2023 cit.). Invero, secondo tale orientamento, è la stessa disciplina prevista in sede di mediazione a confermare il carattere sostanziale della verifica effettuata dagli avvocati, quando prevede che nell’ipotesi in cui le parti raggiungano un accordo in assenza dei legali, il verbale di accordo il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, su istanza di parte, sia omologato dal Presidente del tribunale. Quindi "si prevede un doppio meccanismo alternativo di attribuzione dell’efficacia esecutiva dell’accordo negoziale, ossia la certificazione di conformità da parte dell’avvocato oppure l’omologazione da parte del Presidente del tribunale. La ratio sottesa alla norma, poiché la certificazione dell’avvocato si fonda sulla opportunità di fornire una valida modalità di risoluzione delle controversie, alternativa alla giurisdizione, è di garantire il controllo della legalità sostanziale consistente nell’accertamento della conformità o contrarietà alle norme imperative ed all’ordine pubblico”. E ancora “tale controllo non può limitarsi alla sottoscrizione dell’accordo, ma necessita di apposita attestazione-certificazione degli avvocati partecipanti che devono attestare di avere compiuto un positivo vaglio di legalità sostanziale rispetto ai parametri citati” (Trib. di  Catania n. 3757 del 2023 cit.).
 
Conclusioni
Il quadro delineato ci permette, a questo punto, di valutare con maggiore consapevolezza le possibili conseguenze della mancata attestazione e certificazione, da parte degli avvocati, della conformità dell’accordo di mediazione alle norme imperative e all’ordine pubblico.
Preso atto della non univocità degli orientamenti giurisprudenziali esaminati (sebbene il secondo orientamento appaia maggiormente coerente con un’interpretazione teleologica della norma di cui all’art. 12 del d. lgs. 28/2010) è evidente che venire meno al dettato normativo, omettendo la certificazione della conformità dell’accordo, esporrebbe lo stesso, nella eventuale fase esecutiva, al rischio di opposizione all’esecuzione, per mancanza di titolo esecutivo ai sensi dell’art. 615 c.p.c., o di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., vanificando in tal modo tutto l’impegno profuso dalle parti, e dagli stessi avvocati, nella procedura di mediazione. E di tale aspetto, i legali non possono non tenere conto, nel momento in cui si accingono a sottoscrivere l’accordo di mediazione.
D’altra parte, riteniamo utile sottolineare che, per evitare future contestazioni relative alla conciliazione, è fondamentale non solo curare la forma e la conformità normativa dell’accordo raggiunto, ma soprattutto considerare che un buon accordo nasce da un dialogo autentico, efficace e, se necessario, anche complesso tra le parti. In quest’ottica, il modo migliore per renderlo realmente vincolante è promuovere sin dall’inizio un confronto responsabile e orientato alla costruzione condivisa di soluzioni durature.
 
 
 
[1] Si veda, al riguardo, FIORINI M. L’esecutività dell’accordo mediativo, in Diritto della mediazione civile e commerciale, a cura di Marinaro M., Gruppo 24Ore, 2024, p.366.

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Chi è l'autore
Avv. Claudia Basciu Mediatore Avv. Claudia Basciu
Mediatore civile e commerciale dal 2011, appassionata e cultrice di diritto e mediazione, fermamente convinta che il conflitto, di qualsiasi genere, sia una risorsa e che una sua corretta gestione passi attraverso il dialogo tra le parti ossia attraverso l’ascolto e la comprensione dei rispettivi bisogni ed aspettative, in relazione ai quali il mediatore può rivestire solo la funzione di facilitatore.
L’attività di mediatore mi ha permesso di verificare che, sebbene quel dialogo talvolta possa...
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