Il nuovo art. 614 bis c.p.c.: richiesta al giudice dell’esecuzione di misure di coercizione indiretta in caso di inadempimento dell’accordo di mediazione.

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Avv. Sara Salmazo

La Riforma Cartabia ha introdotto la possibilità per la parte adempiente all’accordo di mediazione, avente ad oggetto prestazioni diverse dal pagamento di somme di denaro, di chiedere direttamente al Giudice dell’esecuzione la misura coercitiva indiretta (c.d. “astreinte”) prevista dall’art. 614 bis c.p.c. in caso di mancata, ritardata o inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto dell’accordo stesso.

A cura del Mediatore Avv. Sara Salmazo da Padova.
Letto 534 dal 26/02/2024


Caratteristiche principali dell’astreinte
 
Trattasi di una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, accessoria a un provvedimento di condanna/ diverso titolo esecutivo, avete lo scopo di incentivare l’adempimento spontaneo dell’obbligato.
 

Origine dell’istituto dell’astreinte
 
Nell’ambito della riforma del processo civile del 2009, il legislatore introduceva la figura dell’astreinte, mutuandolo dall’ordinamento francese.
Si prevedeva, all’art. 614 bis c.p.c., la possibilità per il creditore di chiedere nel processo di cognizione la previsione, accanto alla condanna principale di obblighi di fare/non fare, di una condanna accessoria per il debitore, costituita da una somma predeterminata da pagarsi in caso di ritardo, mancato o di inesatto adempimento.
 
Nel 2015, il legislatore ha meglio specificato l’ambito di applicazione della misura, prevedendo che la stessa potesse essere richiesta, nel giudizio di cognizione, a corredo della obbligazione principale oggetto di contesa che avesse la natura di:

  • obblighi di fare infungibili (o di difficile attuazione)
  • obblighi di fare fungibili
  • obblighi di consegna o rilascio
Era fin da subito specificato invece che la misura non potesse essere concessa in caso di obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro.
 

Ambito attuale di applicazione della misura
 
La Riforma Cartabia, entrata in vigore per questo aspetto a far data dal 28/02/2023, ha elevato l’astreinte a strumento più generale di tutela, attribuendo non più solo al giudice di cognizione, ma anche al Giudice dell’esecuzione il potere di irrogare la misura nel caso in cui:
  • non fosse già stata chiesta nel giudizio di cognizione
      oppure
  • l’obbligazione non adempiuta nascesse da un titolo esecutivo diverso da un provvedimento di condanna.
Quest’ultima previsione, contenuta nel secondo comma dell’articolo 614 bis c.p.c., allarga quindi l’ambito di applicazione della misura anche alle richieste di esecuzione degli accordi di mediazione che, come è noto, costituiscono titolo esecutivo (sempre che, ricordiamolo, siano stati sottoscritti anche dai legali delle parti oppure omologati dal Presidente del Tribunale competente).
 
Chiaramente la previsione dell’applicazione dell’astreinte in caso di “titolo esecutivo diverso da un provvedimento di condanna” permette la sua richiesta anche nei casi di obbligazioni contratte in sede di:
  • lodo arbitrale 
  • verbale di conciliazione negoziale
  • negoziazione assistita.
 Viene invece esclusa esplicitamente dalla norma l’applicazione della misura nell’ambito di:
  • controversie di lavoro pubblico o privato 
  • rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art 409 c.p.c.
 

Condizioni per l’emanazione della misura
 
Da una lettura combinata dei cinque commi contenuti nell’articolo 614 bis c.p.c., vediamo quali siano le condizioni affinché sia possibile per una parte chiedere l’emanazione della misura coercitiva indiretta:
  1. Che vi sia la richiesta di una parte (misura quindi non comminabile d’ufficio) 
  2. Che sia già stato notificato il precetto alla parte inadempiente, in caso di richiesta al Giudice dell’esecuzione
  3. Che l’obbligazione principale non abbia ad oggetto il pagamento di somme di denaro
  4. Che il Giudice determini la somma dovuta per l’inesatto o mancato adempimento spontaneo   tenendo conto:
  • del valore della controversia
  • della natura della prestazione
  • del danno quantificato o prevedibile
  • di ogni altra circostanza utile 
  • della non manifesta iniquità della richiesta. 
La Riforma Cartabia ha ulteriormente specificato i criteri per la determinazione della misura, attribuendo al Giudice:
  • l’obbligo di determinarne la decorrenza
  • la facoltà di fissare anche un termine di durata della misura (ovviamente questa previsione ha senso solo se l’obbligazione principale consiste in una prestazione, non invece se si tratta di un obbligo di astensione).
La possibilità per il giudice di determinare un termine di durata della misura nasce dall’esigenza di voler evitare che la durata illimitata della stessa faccia insorgere un’obbligazione sanzionatoria del tutto sproporzionata rispetto all’obbligazione principale non adempiuta.
  • La necessità di tener conto anche del vantaggio per l’obbligato derivante dall’inadempimento: la ratio della previsione è quella di spingere l’obbligato ad adempiere spontaneamente, non a valutare invece l’inadempimento come alternativa più conveniente con il “semplice” pagamento.
Viene naturale riflettere sulla precisa scelta operata dal riformatore circa l’ampliamento dei poteri attribuiti al Giudice dell’esecuzione il quale, potendosi ora pronunciare sull’istanza di parte circa l’emanazione di una misura coercitiva indiretta, viene dotato dall’ordinamento di poteri istruttori circa l’accertamento della sussistenza dei presupposti di cui all’art 614 bis, svolgendo quindi una vera e propria attività cognitiva che sfocerà in un provvedimento di condanna. Nell’ambito di un giudizio di esecuzione, il Giudice potrà emanare un provvedimento che costituirà nuovo titolo esecutivo ulteriore ed accessorio a quello per il quale a lui si è rivolta la parte.



Conclusioni
 

Con l’introduzione del secondo comma dell’art. 614 bis c.p.c., la parte in mediazione che si vede costretta ad adire il Giudice dell’esecuzione, chiedendo l’adempimento dell’accordo di conciliazione raggiunto, ha ora un’ulteriore forma di tutela per ottenere quanto concordemente pattuito in mediazione.
Vero è che le parti potrebbero ottenere lo stesso risultato prevedendo una clausola penale già nell’accordo di mediazione, ma ove questa pretesa non venisse accolta dalla controparte durante la fase di negoziazione e si decidesse quindi di rinunciarvi per addivenire comunque ad un accordo vincolante, la parte rinunciataria ora ha una seconda possibilità di ottenere la stessa tutela, facendo istanza ex art 614 bis c.p.c. di fronte al Giudice dell’Esecuzione

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Chi è l'autore
Avv. Sara Salmazo Mediatore Avv. Sara Salmazo
Il diritto fa parte della mia vita fin da quando ho ricordi.
Sono cresciuta in una famiglia di avvocati che mi ha sempre trasmesso la passione e l’interesse per il mestiere che esercito nel Foro di Padova dal 2012.
Dopo la laurea ho svolto un’esperienza all’estero, in un grosso studio legale australiano, dove mi sono appassionata alle materie della Proprietà Intellettuale e del Diritto Industriale che ho trattato negli anni a venire, ricoprendo il ruolo di responsabile dell’ufficio legale di...
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