La tenuta di un contratto o la durata di un’associazione possono essere facilmente compromesse dall’insorgere di una lite giudiziaria che, costringendo le parti a rivolgersi al Giudice, le espone a sostenere costi e ad attendere tempi che finiscono di fatto per interrompere i loro rapporti. Per favorire la coesione sociale e la durata delle relazioni, il legislatore della Riforma Cartabia ha introdotto significative modifiche alla mediazione civile e commerciale, disciplinando la possibilità di inserire in un contratto, in uno statuto o in un atto costitutivo, una clausola di mediazione ed intervenendo sulla loro efficacia.
Lo strumento è quello della clausola di mediazione, prevista dal nuovo art. 5 sexies del D.lgs. n. 28/2010 il cui effetto evolutivo è la previsione che, nel caso di inserimento, “l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
Vi è in definitiva una inclusione nella mediazione obbligatoria, al pari di quella demandata dal Giudice, con la particolarità che, in linea di principio, è come se tale ipotesi fosse ricompresa tra le materie che impongono preliminarmente di esperire il procedimento di mediazione elencate nell’art. 5 d.lgs. 28/2010.
1. Il riferimento normativo
L’art. 5 sexies del novellato D.lgs. n. 28/2010 come modificato dal D.lgs. n. 149/2022, al I comma la norma stabilisce che “quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Se il tentativo di conciliazione non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte entro la prima udienza, provvede ai sensi dell’art. 5 comma 2. Si applica l’art. 5 comma 4, 5, e 6”.
Nel caso inclusione nell’accordo, tutte le controversie nascenti da quel rapporto o da quello statuto o atto costitutivo dovranno necessariamente essere precedute dal tentativo richiamato e, in difetto:
Lo strumento è quello della clausola di mediazione, prevista dal nuovo art. 5 sexies del D.lgs. n. 28/2010 il cui effetto evolutivo è la previsione che, nel caso di inserimento, “l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.
Vi è in definitiva una inclusione nella mediazione obbligatoria, al pari di quella demandata dal Giudice, con la particolarità che, in linea di principio, è come se tale ipotesi fosse ricompresa tra le materie che impongono preliminarmente di esperire il procedimento di mediazione elencate nell’art. 5 d.lgs. 28/2010.
1. Il riferimento normativo
L’art. 5 sexies del novellato D.lgs. n. 28/2010 come modificato dal D.lgs. n. 149/2022, al I comma la norma stabilisce che “quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Se il tentativo di conciliazione non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte entro la prima udienza, provvede ai sensi dell’art. 5 comma 2. Si applica l’art. 5 comma 4, 5, e 6”.
Nel caso inclusione nell’accordo, tutte le controversie nascenti da quel rapporto o da quello statuto o atto costitutivo dovranno necessariamente essere precedute dal tentativo richiamato e, in difetto:
- occorrerà eccepire il mancato adempimento entro la prima udienza;
- il giudice (o l’arbitro nel caso di procedimento arbitrale) provvederà ex art. 5 comma 2:
a. invitando le parti all’esperimento del tentativo;
b. fissando l’udienza seguente successivamente alla scadenza del termine di durata della mediazione;
c. in caso di inattività delle parti, dichiarando l’improcedibilità della domanda giudiziale.
2. La normativa pre-riforma e l’orientamento della giurisprudenza prima dell’innovazione
La previsione di poter ricorrere alla mediazione come scelta delle parti da indicare nella clausola statutaria o contrattuale o nell’atto costitutivo non è una novità assoluta. L’art. 5 pre-riforma al comma 5 contemplava già questa possibilità, ma la formulazione faceva riferimento alla previsione di una clausola di mediazione dell’atto costitutivo di un “ente” senza specificare la natura pubblica o privata dello stesso con tempi diversi per sollevare l’eccezione relativa alla mediazione, quelli della procedura e delle regole sulla competenza territoriale dell’Organismo di mediazione.
Già prima del recente intervento normativo innovativo, la giurisprudenza, pur precisando la differenza tra questa clausola pattizia e il tentativo obbligatorio di mediazione imposto dalla legge, ne ha fatto discendere, in caso di violazione, l’improcedibilità della domanda, adesso espressamente prevista.
I giudici di merito hanno dato risalto alla volontà delle parti che, con l’inserimento di una simil clausola, hanno inteso favorire una soluzione stragiudiziale delle controversie contrattuali e attraverso la quale le stesse si sono obbligate reciprocamente a svolgere il tentativo di mediazione prima di agire in giudizio:“la clausola con cui le parti si siano pattiziamente obbligate ad esperire una procedura di mediazione convenzionalmente regolata, prima di una qualsiasi azione giudiziale, qualora sia sorta una controversia dai contratti di cui è causa, deve interpretarsi come avente valore cogente per ciascuna delle parti, così come ogni altra clausola contrattuale, ai sensi dell’art.1372 c.c.. Le parti hanno liberamente deciso di regolamentare i loro rapporti, favorendo la specifica modalità di soluzione stragiudiziale di ogni controversia sorta dai contratti, obbligandosi reciprocamente a tentare la mediazione, e, solo dopo il fallimento della stessa, adire l’autorità giudiziaria. Conformemente a condivisibile orientamento di merito(Trib. Roma n. 20690/2017), deve “ritenersi nella disponibilità delle parti medesime la subordinazione della lite alla previa sottoposizione del rapporto controverso ad un terzo”(per tutte Trib. Milano n.1008/2022).
Da qui si deve desumere l’evoluzione e lo sviluppo della normativa che ha portato all’attuale formulazione.
3. Cosa sono le clausole di mediazione?
Le clausole di mediazione sono pattuizioni che non fanno parte del contenuto essenziale del contratto ma, inserite in esso, in statuti o atti costitutivi, consentono alle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale, di disciplinare in anticipo il modo in cui gestire un futuro conflitto sull’interpretazione o esecuzione del contratto stesso. La clausola produce effetti giuridici specifici che le parti devono valutare con accortezza. L’impegno a mediare una controversia futura dimostra l’intenzione di salvaguardare i rapporti contrattuali e in ogni caso la buona fede con cui le parti intendono concludere un contratto che continui a produrre effetti costruttivi anche in caso di “malintesi” (si pensi ad esempio clausole specifiche negli atti costitutivi e negli statuti di enti che regolano i rapporti tra soci o con gli amministratori).
E’ incontroverso che la clausola pattizia non costituisce un limite illecito al diritto di ciascuna parte, costituzionalmente sancito dall’art. 24 Cost., di agire in giudizio per far valere i propri diritti. Non viene infatti escluso il diritto ad adire l’autorità giudiziaria, ma ci si “impone” di esercitare il diritto ad agire in giudizio solo dopo l’esperimento del tentativo di mediazione, secondo criteri che possono essere già individuati.
4. Elementi accidentali della clausola
Le parti possono arrichiere le clausole di mediazione con indicazioni accessorie che consentono di disciplinare in anticipo la procedura, specificando, ad esempio, elementi volti ad individuare:
Già prima del recente intervento normativo innovativo, la giurisprudenza, pur precisando la differenza tra questa clausola pattizia e il tentativo obbligatorio di mediazione imposto dalla legge, ne ha fatto discendere, in caso di violazione, l’improcedibilità della domanda, adesso espressamente prevista.
I giudici di merito hanno dato risalto alla volontà delle parti che, con l’inserimento di una simil clausola, hanno inteso favorire una soluzione stragiudiziale delle controversie contrattuali e attraverso la quale le stesse si sono obbligate reciprocamente a svolgere il tentativo di mediazione prima di agire in giudizio:“la clausola con cui le parti si siano pattiziamente obbligate ad esperire una procedura di mediazione convenzionalmente regolata, prima di una qualsiasi azione giudiziale, qualora sia sorta una controversia dai contratti di cui è causa, deve interpretarsi come avente valore cogente per ciascuna delle parti, così come ogni altra clausola contrattuale, ai sensi dell’art.1372 c.c.. Le parti hanno liberamente deciso di regolamentare i loro rapporti, favorendo la specifica modalità di soluzione stragiudiziale di ogni controversia sorta dai contratti, obbligandosi reciprocamente a tentare la mediazione, e, solo dopo il fallimento della stessa, adire l’autorità giudiziaria. Conformemente a condivisibile orientamento di merito(Trib. Roma n. 20690/2017), deve “ritenersi nella disponibilità delle parti medesime la subordinazione della lite alla previa sottoposizione del rapporto controverso ad un terzo”(per tutte Trib. Milano n.1008/2022).
Da qui si deve desumere l’evoluzione e lo sviluppo della normativa che ha portato all’attuale formulazione.
3. Cosa sono le clausole di mediazione?
Le clausole di mediazione sono pattuizioni che non fanno parte del contenuto essenziale del contratto ma, inserite in esso, in statuti o atti costitutivi, consentono alle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale, di disciplinare in anticipo il modo in cui gestire un futuro conflitto sull’interpretazione o esecuzione del contratto stesso. La clausola produce effetti giuridici specifici che le parti devono valutare con accortezza. L’impegno a mediare una controversia futura dimostra l’intenzione di salvaguardare i rapporti contrattuali e in ogni caso la buona fede con cui le parti intendono concludere un contratto che continui a produrre effetti costruttivi anche in caso di “malintesi” (si pensi ad esempio clausole specifiche negli atti costitutivi e negli statuti di enti che regolano i rapporti tra soci o con gli amministratori).
E’ incontroverso che la clausola pattizia non costituisce un limite illecito al diritto di ciascuna parte, costituzionalmente sancito dall’art. 24 Cost., di agire in giudizio per far valere i propri diritti. Non viene infatti escluso il diritto ad adire l’autorità giudiziaria, ma ci si “impone” di esercitare il diritto ad agire in giudizio solo dopo l’esperimento del tentativo di mediazione, secondo criteri che possono essere già individuati.
4. Elementi accidentali della clausola
Le parti possono arrichiere le clausole di mediazione con indicazioni accessorie che consentono di disciplinare in anticipo la procedura, specificando, ad esempio, elementi volti ad individuare:
- L’Organismo mediante indicazione: a) dei criteri da rispettare nella scelta; b) di uno specifico Organismo. Le parti possono prevedere una deroga alla competenza territoriale, salvo nelle controversie tra consumatore e professionista di cui si dirà a breve, che non pregiudica in ogni caso la competenza territoriale del giudice.
- Il mediatore o i criteri per designarlo mediante indicazione: a) di specifiche competenze linguistiche o specializzazione giuridica; b) del nominativo di uno o più mediatori iscritti in uno specifico organismo.
- Le regole della mediazione: a) i tempi e le modalità della mediazione, inclusa l’eventuale procedura telematica; b) ripartizione delle spese diversa da quella legale; c) luogo in cui tenere gli incontri diverso dalla sede dell’organismo designato (con il consenso del mediatore e del responsabile dell’organismo stesso); d) indicazioni sulla eventuale proposta di conciliazione.
- Clausole multi step: la clausola di mediazione si combina con la clausola compromissoria, le parti prevedono cioè che in caso di lite si proceda prima al tentativo di mediazione e, in caso di insucesso, con un procedimento arbitrale.
5. L’autonomia delle parti e il limite di competenza territoriale posto dal Codice del consumo
A norma del secondo comma dell’art. 5 sexies “la domanda di mediazione è presentata all’organismo indicato dalla clausola se iscritto nel registro ovvero, in mancanza all’organismo individuato ai sensi dell’articolo 4 comma 1”.
L’autonomia negoziale delle parti di poter definire previamente il luogo, i tempi e i soggetti ai quali affidare la mediazione trova un unico limite o, comunque, prescrive particolare accortezza nel caso in cui una della parti del contratto rientri nella nozione di “consumatore” ai sensi del Codice del Consumo (D.lgs. n. 206/2005). Poiché sono considerate “vessatorie le clausole che malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, nel caso di accordo con il consumatore occorrerà sempre prevedere la specifica sottoscrizione della clausola di mediazione a norma degli artt. 1341 e 1342 cod.civ.. In caso di mancata determinazione nel contratto o nell'atto dell’organismo di mediazione, l’art. 5 sexies comma 2 rimanda alle regole generali previste dal D.lgs. n. 28/2010 ed in particolare all’art. 4 comma 1 in base al quale la competenza per la mediazione spetta all’organismo del luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.
6. Vantaggi delle clausole di mediazione
In conclusione, quali sono i vantaggi che queste clausole apportano al sistema nel suo complesso?
- Riduzione dei conflitti: la mediazione è una procedura che favorisce il dialogo tra le parti, prevenendo l’escalation dei conflitti tipica delle dispute giudiziarie. Le parti collaborano con un mediatore esperto per trovare soluzioni reciprocamente vantaggiose.
- Tutela delle relazioni: aiutano a preservare i rapporti tra le parti, favorendo la continuità del reticolo relazionale evitando rotture traumatiche.
- Riducono costi e tempi: la mediazione è più rapida ed economica rispetto al processo giudiziario. L’informalità della procedura consente di risolvere le controversie in tempi brevi, evitando i costi elevati di un processo.
- Assicurano una maggiore flessibilità: a differenza del giudizio, la mediazione offre spazio per includere questioni collaterali e trovare soluzioni personalizzate che soddisfino entrambe le parti.
- Tutelano l’autonomia dei soggetti coinvolti: le parti mantengono il controllo del processo decisionale, privilegiando la buona fede e la lealtà nella ricerca di soluzioni condivise.
7. Osservazioni conclusive
Inserire una clausola di conciliazione in un contratto o atto costitutivo o nello statuto di un ente pubblico o privato significa favorire lo sviluppo del modello di giustizia collaborativa. E’questo lo spirito della riforma Cartabia che vede nella mediazione una grande opportunità offerta al cittadino per ricucire il dialogo interrotto, comprendere le ragioni dell’altro e far comprendere le proprie attuando il principio di buona fede oggettiva, espressione dell’obbligo generale di solidarietà, di cui all’art. 2 della Costituzione, in forza del quale i contraenti sono tenuti a collaborare con lealtà e salvaguardare insieme l’interesse dell’ordinamento alla deflazione del contenzioso giudiziario.
In tale ottica, è auspicabile che avvocati e professionisti favoriscano l’uso di tali clausole, incoraggiandone l’inserimento nei contratti, magari combinandole con clausole arbitrali (c.d. clausole multistep).
Questo approccio consente di risolvere le controversie tenendosi fuori dalla giustizia ordinaria senza classificarle come uno strumento che limita il diritto costituzionale di agire in giudizio, comunque tutelato e garantito, ma favorendo soluzioni pacifiche e collaborative, può rappresentare un passo significativo verso una giustizia più efficiente e meno conflittuale.