La mancata partecipazione di una parte alla mediazione non incide sul regolamento delle spese di lite, comportando solo che il Giudice possa trarre da tale condotta, ai sensi dell’art. 116 cpc, argomenti di prova.

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Avv. Maurilio  Faso

Cassazione, 02.02.2023, ordinanza n. 3184, consigliere relatore Antonio Scarpa

A cura del Mediatore Avv. Maurilio Faso da Palermo.
Letto 67 dal 25/04/2024

Commento:

116 cpc, argomenti di prova.

La controversia ha ad oggetto l'installazione "ex novo" di un ascensore in un edificio in condominio. La Corte d’appello di Bologna aveva rigettato l’appello di B e ET contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Bologna che aveva respinto l’impugnazione ex art. 1137 c.c. della delibera assunta dal Condominio di via Viale C Bologna nella parte in cui approvava il rendiconto spese con riferimento al progetto impianto ascensore all’interno del vano scale e spese legali di un contenzioso con tre condòmini.

Gli appellanti lamentavano che il primo giudice non avesse tenuto conto del motivo di impugnazione della delibera di approvazione del rendiconto dell’anno 2013 riguardante il mancato rispetto della disposizione di cui all’art. 1123 cc. Secondo la Corte d’appello, tale circostanza non ha comportato l’erroneità della sentenza impugnata e che è corretta la delibera assembleare impugnata nella parte in cui ha posto tale spesa a carico dei condòmini che avevano aderito all’iniziativa. La Corte d’appello aveva inoltre disatteso la censura riguardante la parte della sentenza che le aveva condannate al rimborso, in favore dell’appellato, delle spese di lite. La Corte d’appello ha affermato che, secondo le disposizioni del D.lgs. 28/2010 e successive modificazioni, la mancata partecipazione di una parte alla mediazione non incide sul regolamento delle spese di lite, comportando solo che il Giudice possa trarre da tale condotta, ai sensi dell’art. 116 cpc, argomenti di prova. La mancata partecipazione del Condominio di via Viale C. Bologna, al procedimento di mediazione non giustificava, dunque, di per sé, la compensazione delle spese processuali.

Avverso tale sentenza i condòmini B e ET proponevano ricorso per cassazione basandosi su tre motivi, tutti respinti. In particolare, viene ritenuto non fondato il terzo motivo di ricorso. La Corte di cassazione ribadisce che la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione porta le conseguenze di cui all’art. 8, comma 4 bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, ma non obbliga il giudice alla compensazione delle spese processuali. E’ pacifico in giurisprudenza che la facoltà di disporre la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (ex multis, Cass. Sez. Unite, 15 luglio 2005, n. 14989). Il ricorso viene rigettato e le ricorrenti condannate in solido a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione e a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.°

Testo integrale:
Cassazione Civile, ordinanza n.3184 del 02.02.2023 - Est. Scarpa
 
CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE CIVILE II ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2738/2022 R.G. proposto da: B -ricorrenti-
contro
CONDOMINIO VIALE C -controricorrente
avverso
la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA n. 1439/2021 depositata il 08/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2023 dal Consigliere ANTONIO SCARPA
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
B e --- hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1439/2021, pubblicata l’8 giugno 2021. L’intimato Condominio di via Viale Carducci ---, ha notificato controricorso. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.
I ricorrenti hanno depositato memoria. La Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello di B e E T contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Bologna in data 14 novembre 2016, che aveva respinto l’impugnazione ex art. 1137 c.c. della delibera assunta dal Condominio di via Viale Carducci---in data 27 marzo 2014, nella parte in cui approvava il rendiconto spese dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013, con riferimento al paragrafo 6 (Progetto impianto ascensore all’interno del vano scale, voci dalla n.26 alla n.30 e voce n.89) e al paragrafo 7 (Spese legali pratica Condomini/V--- voci nn. 95,31,32 e 86). Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. e dell’art. 101, comma 2, c.p.c. – Nullità della sentenza.
Si richiama l’impugnazione della delibera condominiale approvata dall’assemblea del 27 marzo 2014, la quale prevedeva, all’interno del rendiconto condominiale dell’anno precedente, “spese tecniche” di progettazione e “spese legali” (sia giudiziali, sia extragiudiziali) relative all’installazione di un “impianto ascensore all’interno del vano scale” condominiale; nello specifico, le spese legali erano riferite ad un parallelo contenzioso con tre condomini (V, M ed A) i quali avevano iniziato lavori di installazione di un ascensore esterno all’edificio. Su tale punto la sentenza della Corte d’appello ha così motivato: “È infondata, innanzitutto, la doglianza delle appellanti concernente il riparto delle competenze professionali ad uno studio di ingegneria, per la realizzazione di una piattaforma elevatrice nel condominio, del compenso straordinario all’amministratore e dei compensi spettanti ad avvocato che aveva assistito il Condominio nella controversia insorta nei confronti di alcuni condomini. Le appellanti hanno lamentato che il primo Giudice non aveva tenuto conto del motivo di impugnazione della delibera di approvazione del rendiconto dell’anno 2013 riguardante il mancato rispetto della disposizione di cui all’art. 1123 cc, alla luce della quale la suddivisione delle spese predette avrebbe dovuto essere effettuata per millesimi, vale a dire secondo le rispettive quote di proprietà dei condomini. Orbene, la circostanza che il Giudice di prime cure non abbia dato rilevanza alla contestazione delle appellanti riguardanti il criterio di riparto delle spese suddette nel rendiconto relativo al periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013, fatto proprio dalla delibera assembleare del 27 marzo 2014, oggetto di impugnazione, non comporta l’erroneità della sentenza impugnata. L’art. 1123 cc avrebbe potuto, invero, trovare applicazione ove la realizzazione della piattaforma elevatrice fosse stata deliberata con le maggioranze previste dal combinato disposto degli artt. 1120 comma 1 e 1136 comma 5 cc.
Solo nella ricorrenza di tale ipotesi, infatti, avrebbero dovuto partecipare alla spesa anche i condomini dissenzienti. B A e TI E non hanno, però, mai allegato che l’incarico progettuale del quale si tratta sia stato deliberato con la maggioranza qualificata della quale si è detto (anzi le appellanti risultano ben consapevoli del contrario, come si evince dal contenuto della memoria ex art. 183 comma 6 n.1 cpc dalle stesse depositata nel giudizio di primo grado), con la conseguenza che appare corretta la delibera assembleare impugnata nella parte in cui ha posto la spesa della quale si tratta a carico dei Condomini
che avevano aderito all’iniziativa (...). Quanto alle spese relative a controversia tra il Condominio ed alcuni condomini risulta, d’altra parte, pienamente legittima la delibera impugnata nella parte in cui ha escluso che tali spese dovessero gravare anche su questi ultimi. (...) Nell’ambito delle spese per la controversia predetta va certamente ricompreso il compenso straordinario riconosciuto all’amministratore per la collaborazione con il legale e il consulente tecnico di parte, nonché per corrispondenza con la parte avversa, attività tutte funzionali ad assicurare il buon esito della lite”. Il ricorrente addebita al riguardo alla sentenza d’appello “plurimi” errori. Ciò perché l’art. 1123 c.c. è norma “generale”, che vale anche per le innovazioni. Inoltre, secondo le ricorrenti, l’affermazione secondo non sarebbe stata allegata, nel processo di merito, la maggioranza con cui la delibera era stata approvata restava irrilevante rispetto all’applicabilità dell’art. 1123 c.c. Che l’art. 1123 c.c. si applicherebbe unicamente alle deliberazioni assembleari riguardanti le “innovazioni” e che le ricorrenti non avessero allegato che l’incarico progettuale era stato deliberato con maggioranza qualificata costituiva, peraltro, una decisione “a sorpresa”, senza la previa attivazione dell’iter previsto dall’art.101, comma 2, del codice di rito. I
l secondo motivo di ricorso denuncia la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art.360, n. 5, c.p.c.
Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 92 e 112 c.p.c. in relazione agli art.132 c.p.c. e 111 Cost. –
Nullità della sentenza. Al riguardo la Corte d’appello di Bologna aveva così motivato: “Va, infine, disattesa la censura che le appellanti hanno rivolto alla statuizione della sentenza di primo grado, con la quale sono state condannate al rimborso, in favore dell’appellato, delle spese di lite. Giova ricordare in proposito che, secondo le disposizioni del D.lgs. 28/2010 e successive modificazioni, la mancata partecipazione di una parte alla mediazione non incide sul regolamento delle spese di lite, comportando solo che il Giudice possa trarre da tale condotta, ai sensi dell’art. 116 cpc, argomenti di prova. La mancata partecipazione del Condominio di via Viale Carducci ---, Bologna, al procedimento di mediazione non giustificava, dunque, di per sé, la compensazione delle spese processuali”. Le ricorrenti sostengono che la Corte di Bologna avrebbe così eluso l’obbligo di motivazione della decisione di non compensare le spese. Il ricorso risulta infondato. Non sussistono le ipotizzate violazioni dell'art. 132, n. 4, c.p.c., e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto la sentenza della Corte d'appello di Bologna contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, da valutare unitariamente perché connessi, denotano carenza di specifica riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata (art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.).
La motivazione della Corte d’appello di Bologna allude evidentemente al consolidato orientamento interpretativo di questa Corte secondo il quale, l'installazione "ex novo" di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese, a differenza di quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell'ascensore già esistente, vanno ripartite non ai sensi dell'art. 1124 c.c., ma secondo l'art. 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino: Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, 17/02/2005, n. 3264) costituisce innovazione, che può essere deliberata dall'assemblea condominiale con le maggioranze prescritte dall'art 1136 c.c., oppure direttamente realizzata con il consenso di tutti i condomini, così divenendo l'impianto di proprietà comune. Trattandosi, tuttavia, di impianto suscettibile di utilizzazione separata, proprio quando l'innovazione, e cioè la modificazione materiale della cosa comune conseguente alla realizzazione dell'ascensore, non sia stata approvata in assemblea (come si desume dallo stesso art. 1121 c.c., che, al comma 2, parla di maggioranza dei condomini che abbia "deliberata o accettata" l'innovazione), essa può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto (con i limiti di cui all'art. 1102 c.c.), salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713; Cass. Sez. 2, 18/08/1993, n. 8746; Cass. Sez. 2, 18/11/1971, n. 3314; Cass. Sez. 2, 13/03/1963, n. 614). L'art. 1121, comma 3, c.c. fa salva agli altri condomini la facoltà di partecipare successivamente all'innovazione, divenendo partecipi della comproprietà dell'opera, con l'obbligo di pagarne pro quota le spese impiegate per l'esecuzione, aggiornate al valore attuale" (così Cass. Sez. 6 - 2, 08/06/2020, n. 10850; Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713). Gli artt. 1120 e 1121, da una parte, e 1123, dall'altra, riguardano fattispecie diverse: le prime due norme regolano il momento dell'approvazione collegiale delle opere di trasformazione che incidono sull'essenza della cosa comune, individuando i presupposti e i limiti del potere assembleare, mentre l'art. 1123 c.c. regola la ripartizione delle spese necessarie, oltre che per
la conservazione ed il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi di interesse comune, anche proprio per le innovazioni validamente deliberate dalla maggioranza. Ne consegue che,
ove la innovazione sia deliberata dall'assemblea, trova applicazione l'art. 1123, comma 1, c.c., per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. La Corte d’appello di Bologna ha detto in sostanza proprio quanto spiegano i richiamati principi, affermando che l’art. 1123 c.c. avrebbe potuto trovare applicazione ove la realizzazione dell’ascensore fosse stata deliberata dall’assemblea con le maggioranze previste per le innovazioni, mentre, trattandosi di impianto suscettibile di utilizzazione separata e di intervento non approvato in assemblea, esso va realizzato a spese soltanto dei condomini interessati, con esonero dei restanti da qualsiasi contributo. Le ricorrenti non specificano, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., che l’impianto di ascensore era stato approvato dall’assemblea e non eseguito soltanto da alcuni condomini, con conseguente applicabilità dell’art. 1121, comma 1, c.c. Non si tratta di decisione che avrebbe comportato l'obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio, come stabilito dall'art. 101, comma 2, c.p.c., in quanto l’operatività dell’art. 1121, comma 1, c.c. riguarda questione di solo diritto, né le ricorrenti prospettano, in concreto, le ragioni che avrebbero potuto fare valere e le prove che avrebbero potuto allegare qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato.
Quanto in particolare al secondo motivo di ricorso, nel vigore del testo dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito con modifiche nella legge n. 134 del 2012, non è più configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, costituendo, piuttosto, vizio di nullità della sentenza ai sensi del n. 4) del medesimo art. 360 c.p.c. le ipotesi di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", "motivazione apparente", "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" (Cass. Sez. Unite, 07/04/2014, n. 8053).
E’ parimenti non fondato il terzo motivo di ricorso: la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione porta le conseguenze di cui all’art. 8, comma 4 bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, ma non obbliga il giudice alla compensazione delle spese processuali, essendo, piuttosto, pacifico in giurisprudenza che la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (ex multis, Cass. Sez. Unite, 15 luglio 2005, n. 14989). Il ricorso va perciò rigettato e le ricorrenti vanno condannate in solido a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido le ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 4.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile
ricorrenti vanno condannate in solido a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio
 
 
 

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Chi è l'autore
Avv. Maurilio  Faso Mediatore Avv. Maurilio Faso
Esercito la professione di avvocato civilista ormai da oltre 25 anni, e punto ad offrire prestazioni di assistenza e consulenza legale fondate su qualità ed efficacia. Mi occupo prevalentemente di diritto di famiglia, recupero crediti e procedure esecutive, locazioni e condominio, obbligazioni e contratti, risarcimento danni.
Cerco di coltivare la relazione con il cliente, informandolo in modo costante sull'evoluzione della sua vicenda, con l'impegno affinché una controversia possa essere risol...
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