L'attivazione del procedimento di mediazione, successivamente al termine assegnato dal giudice, non rende improcedibile la domanda giudiziale poiché tale termine non ha natura perentoria.

Rss feed Invia ad un amico
Prof. Avv. Maurizio Bocchiola

Corte d’Appello di Napoli, 08.09.2022, sentenza n. 888

A cura del Mediatore Prof. Avv. Maurizio Bocchiola da Milano.
Letto 897 dal 23/05/2023

Commento:

Il caso in esame riguarda un’opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
Il giudice di prime cure dichiarava l'improcedibilità dell’opposizione per la mancata osservanza del termine fissato per la presentazione della domanda di mediazione ai sensi dell'art. 5, co. 2 D. lgs. n. 28/2010.
La sentenza veniva appellata, rilevando, tra i motivi di gravame, l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha rilevato che incombeva sulla parte opponente esperire il procedimento obbligatorio di mediazione e che il termine di 15 giorni concessi dovevano ritenersi perentorio.
In merito, la Corte di Appello ha rilevato quanto segue:
  • la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo il quale nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta;
  • pertanto, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo;
  • il termine assegnato dal giudice per introdurre il procedimento di mediazione non ha natura perentoria e, pertanto, il suo mancato rispetto non rileva ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità del processo di cui al medesimo art. 5, comma 2 D.Lgs. 28/2010;
  • la condizione di procedibilità non si realizza con il mero invito al procedimento di mediazione, bensì con l'effettivo esperimento della procedura di mediazione entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice;
  • ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis ciò che rileva è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione;
  • non è possibile comminare preclusioni o decadenze non sancite per legge, essendo le parti interessate al procedimento di mediazione non obbligate a proseguirlo, dopo il primo preliminare incontro;
  • il procedimento di mediazione è svincolato da aspetti formalistici perché caratterizzato dalla libertà di forme e contenuti; infatti, è possibile anche ampliare l'oggetto e sforare i tempi, laddove necessario;
  • nel caso di specie, il giudice di primo grado ha intimato alle parti di procedere al tentativo di mediazione e la mediazione risulta essere stata espletata, proposta e conclusa precedentemente alla prima udienza.
Per tutti i motivi sopra esposti, la Corte d’Appello ha ritenuto fondato il motivo di appello e condannato gli appellati alla rifusione delle spese del gravame in favore di parte appellante.  *

 

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
La Corte di Appello di Lecce - Prima Sezione Civile - composta dai magistrati:
-----
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
 
nella causa civile in grado d'appello iscritta al n° 783 del Ruolo Generale delle cause dell'anno
TRA xxxx; - APPELLANTI
CONTRO xxxx  s.r.l.; - APPELLATA
All'udienza collegiale del 24.11.2021, la causa è stata riservata per la decisione, con concessione dei termini massimi ex art.190 c.p.c., per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

FATTO E DIRITTO
 
1. Con sentenza n. 374/2019 del 1/2/2019, il Tribunale di Lecce, definitivamente pronunciando sull'opposizione, proposta con atto di citazione ritualmente notificato da XXXXX,  avverso il decreto ingiuntivo n. 2268/2017, provvisoriamente esecutivo, emesso in data 27.7.2017, con il quale veniva loro ingiunto di pagare in solido, in favore di  XXXXX S.p.a. (dante causa in qualità di cedente del credito controverso della odierna appellata xxxx srl), la somma di oltre interessi legali e spese del monitorio dichiarava l'improcedibilità dell'opposizione e, per l'effetto, la definitività del decreto ingiuntivo opposto; condannava gli opponenti, in solido, a rifondere le spese di lite in favore di parte opposta.
Ed invero xxxx  proponevano atto di opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo, deducendo la nullità dell'ingiunzione opposta per violazione dell'art. 633 c.p.c., e per indeterminatezza del credito ed eccependo la nullità del contratto di mutuo chirografario in quanto stipulato per l'estinzione di pregresse esposizioni debitorie con lo stesso istituto e per avere la banca applicato al finanziamento interessi a tasso usurario; rilevavano, infine, la nullità della fideiussione prestata da  in relazione al predetto rapporto; concludevano, pertanto, per la revoca del decreto opposto, con vittoria delle spese di lite.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva la xxxx S.p.A., invocando il rigetto dell'opposizione, con conferma del decreto ingiuntivo opposto.
La causa, istruita mediante acquisizione documentale, veniva decisa con la pronuncia innanzi riportata.
In particolare, il giudice di prime cure dichiarava l'improcedibilità della spiegata opposizione per la mancata osservanza del termine fissato per la presentazione della domanda di mediazione ai sensi dell'art. 5, co. 2 D. lgs. n. 28/2010.
Avverso la predetta sentenza, xxxx proponevano appello, con atto ritualmente notificato, chiedendo che, in riforma dell'impugnata sentenza, venisse accolta l'originaria opposizione, con conseguente revoca del d.i. opposto; il tutto con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva la xxxx s.r.l. (cessionaria del credito), e per essa, quale mandataria e procuratrice speciale, xxxx S.p.a., instando per il rigetto dell'avverso gravame, in quanto infondato in fatto ed in diritto; con condanna degli appellanti, in solido, al ristoro delle spese e competenze del presente gravame.
All'udienza collegiale del 24.11.2021, previo deposito delle memorie difensive, da parte dei procuratori delle parti costituite, nel termine concesso, la causa è stata trattenuta per la decisione con concessione dei termini di rito per il deposito di comparse e note di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE
 
1. Con il primo motivo di gravame, gli appellanti si dolgono che il giudice di prime cure abbia ritenuto che l'onere di esperimento del procedimento obbligatorio di mediazione incomba su parte opponente, e che il termine di 15 giorni concessi dal giudice per detto incombente debba ritenersi perentorio. Contestano, pertanto, che il Tribunale dal mancato esperimento del procedimento de quo abbia fatto discendere l'improcedibilità della domanda giudiziale.
2. Il motivo è fondato.
Ed invero, preliminarmente, con riferimento all'individuazione della parte processuale investita dell'onere di esperire il tentativo di mediazione obbligatoria, deve osservarsi come la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19596 del 18.09.2020 (in senso conforme, si veda anche: Cass., Sez. 3, ordinanza n. 159 dell'08.01.2021), ponendo fine ad un risalente contrasto giurisprudenziale, hanno affermato il principio di diritto - al quale si ritiene di conformarsi - per cui “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria - ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010 - i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione, e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”. 
Diversi argomenti di carattere testuale, logico e sistematico militano nel senso di porre a carico del creditore opposto l'onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Innanzitutto, l'art. 4, comma 2, del D. Lgs. citato, con cui è disposto che l'istanza di mediazione debba indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa.
Ed è naturale che sia l'attore, cioè chi assume l'iniziativa processuale, a dover chiarire l'oggetto e le ragioni della pretesa, risultando illogico affidare all'opponente la precisazione dell'oggetto e delle ragioni di una pretesa che non è sua. In secondo luogo, viene evidenziato come l'art. 5, comma 1-bis, nello stabilire che "chi intende esercitare in giudizio un'azione" deve promuovere la mediazione, non può che alludere alla posizione di colui che è il c.d. "attore sostanziale" nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. In terzo luogo, viene posto l'accento sul fatto che la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale ed ha un effetto impeditivo della decadenza per una sola volta (art. 5, comma 6).
E sarebbe contrario a logica sostenere che l'effetto di interruzione della prescrizione sia conseguenza dell'iniziativa assunta dalla parte contraria a farla valere (il debitore opponente) e non dal creditore. A ciò si aggiungano le diverse conseguenze che si verificherebbero in caso di inerzia di ciascuna delle parti: se l'onere è a carico del debitore opponente e questi non si attivi, l'opposizione viene dichiarata improcedibile e il decreto diventa irrevocabile, quindi l'effetto sarebbe quello di compromettere definitivamente il suo diritto; al contrario, se invece l'onere è a carico dell'opposto, l'inerzia di quest'ultimo causa sì, l'improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma non gli impedisce di riproporre la domanda; quindi ci sarà un effetto solo provvisorio, senza alcuna preclusione (dunque, il creditore "non perde nulla").
Vanno dunque preferite, dovendo bilanciare l'efficienza del sistema processuale e la ragionevole durata dei procedimenti con il diritto di difesa, quelle che meno sacrificano quest'ultimo.
Quanto all'attivazione del procedimento di mediazione, successivamente al termine assegnato dal giudice, questo Collegio ritiene come il termine, in assenza di specifica previsione di legge in tal senso, non debba considerarsi avente natura perentoria.
Ed invero, sulla natura ordinatoria/perentoria di tale termine è intervenuto un recente arresto della Suprema Corte con la sentenza n. 40035/2021.
Con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha affermato che in tema di mediazione “ope iudicis” ex art. 5, comma 2 D. Lgs. 28/2010, il termine di 15 giorni assegnato dal Giudice alla parte onerata di introdurre tale procedimento non è da considerarsi perentorio e che, pertanto, il suo mancato rispetto non rileva ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità del processo di cui al medesimo art. 5, comma 2 D. Lgs. 28/2010.
In particolare, la citata condizione di procedibilità si realizza non tanto con il mero invito al procedimento di mediazione, bensì con l'effettivo esperimento della procedura di mediazione entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice ai sensi del combinato disposto degli art. 5 e 6 D. Lgs. 28/2010.
“Ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui al D. Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 2 e 2 bis, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria ope iudicis è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione”. Stante la accertata natura ordinatoria del termine, entro cui esperire il tentativo di mediazione, nei casi di avvio del procedimento di mediazione la domanda giudiziale proposta non può essere ritenuta improcedibile.
D'altra parte, quel che risulta essere rilevante nel tentativo di composizione della lite, non è il momento della promozione ma il procedimento in sé. Per concludere sul punto, la Corte ritiene non sia possibile comminare preclusioni o decadenze non sancite per legge, essendo le parti interessate al procedimento di mediazione non obbligate a proseguirlo, dopo il primo preliminare incontro.
Il procedimento di mediazione deve pertanto considerarsi svincolato da aspetti formalistici perché caratterizzato dalla libertà di forme e contenuti nell'ottica di una portata quanto più funzionale alla composizione della lite, anche ampliando l'oggetto e sforando i tempi, laddove necessario. 
Venendo alla fattispecie de quo, il giudice di primo grado ha intimato alle parti di procedere al tentativo di mediazione, con ordinanza datata 7.3.2018, e sulla scorta della documentazione prodotta in atti la mediazione risulta essere stata espletata e conclusa in data 10.1.2019 ed, in particolare, risulta essere stata proposta precedentemente alla prima udienza, fissata per il 19.12.2018. Pertanto, in virtù delle considerazioni suesposte, deve riconoscersi la procedibilità della domanda giudiziale proposta in primo grado.
3. Con l'ulteriore motivo di gravame, gli appellanti hanno reiterato le eccezioni di merito già sollevate in primo grado e non esaminate dal Tribunale in conseguenza della dichiarata improcedibilità della domanda. Deducono, innanzitutto, la nullità del decreto opposto, per indeterminatezza del credito ingiunto, non risultando ivi specificati - ai sensi dell'art.633 c.p.c. - i tassi applicati.
Censurano, inoltre, la nullità del mutuo azionato con il decreto monitorio, in quanto le somme erogate dall'istituto di credito, risultano utilizzate per ripianare precedenti esposizioni debitorie dei mutuatari, in tal modo non attuando - il contratto stipulato inter partes - alcun interesse meritevole di tutela in favore del beneficiario.
Rilevano, infine, come il calcolato al lordo degli oneri stabiliti per l'anticipazione anticipata del mutuo, superi il tasso soglia usura rilevato dalla xxxx per il periodo e la classa di operazione in oggetto.
4. Dette censure non sono degne di pregio.
Ed invero, al ricorso per decreto ingiuntivo risulta allegato l'estratto di saldaconto contenente il dettaglio analitico delle somme dovute dai coniugi appellanti e le relative causali, oltre che il contratto di mutuo sottoscritto dalle parti; risultano pertanto rispettati i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito richiesti dall'art.633 c.p.c. oltre che espressamente indicata la misura dei tassi di interesse convenuti. (cfr. all. 5 del fascicolo di primo grado della xxxx.)
Quanto all'asserito illegittimo utilizzo delle somme mutuate per coprire risalenti posizioni debitorie, il “consolidamento di esposizioni bancarie c.d. a breve” costituisce - secondo una ormai consolidata giurisprudenza della S.C. - una funzione economico-sociale assolutamente legittima, che non implica alcuna illiceità della causa del negozio in oggetto. Inconferente risulta, infine, il rilievo per cui l'inserimento, nel calcolo del     della commissione prevista per l'estinzione anticipata del mutuo, comporta il superamento del tasso di interesse usuraio, posto che l'usura va rilevata in concreto e nella fattispecie de qua è pacifico che tale commissione non sia stata applicata.
Va, conseguentemente, rigettata nel merito l'opposizione originariamente proposta dagli attuali appellanti.
5. Le spese del presente gravame, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M
 
La Corte di Appello di Lecce - Prima Sezione Civile - definitivamente pronunciando sull'appello proposto da    e    con ricorso ritualmente notificato, nei confronti di xxxx srl, quale mandataria e procuratrice speciale di xxxx S.p.a., avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 347/2019 del 1/2/2019, così provvede:
1) accoglie l'appello per quanto di ragione e, per l'effetto, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, rigetta nel merito l'opposizione originariamente proposta da xxxx - con conseguente conferma dell'impugnato decreto ingiuntivo n.2268/2017.
2) condanna gli appellanti alla rifusione, in favore di parte appellata, delle spese del presente gravame che liquida in complessivi m per compensi, oltre accessori di legge e di tariffa.
Così deciso in xxxx nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile della Corte d'Appello, in data xxxx
Il consigliere rel.
 

aa
Chi è l'autore
Prof. Avv. Maurizio Bocchiola Mediatore Prof. Avv. Maurizio Bocchiola
Avvocato cassazionista, con esperienza ultra trentennale in campo contrattuale e societario. Docente di Diritto Commerciale presso la Facoltà di Economia dell'università Milano Bicocca dal novembre 1998. Gli ambiti di ricerca negli ultimi anni hanno riguardato tematiche fallimentari, commercio elettronico, nonché profili della riforma delle società di capitali.
Pubblicazioni, fra le altre:
- Holding persona fisica e responsabilità soggettiva in caso di fallimento, in Diritto e Pratica delle...
continua





Per noi la tutela della privacy è una cosa seria: I dati immessi non vengono usati per scopi pubblicitari, in ottemperanza al D.lgs.196/2003

I campi contrassegnato con (*) sono obbligatori

Invia