Quando il tentativo di mediazione si può ritenere esperito? L’improcedibilità del giudizio per mancata mediazione

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Il Tribunale di Savona con una pronuncia molto interessante, riporta l'attenzione sui casi in cui può applicarsi la sanzione dell'improcedibilità della domanda giudiziale in assenza di mediazione, evidenziando l'ambiguità di una norma su cui la giurisprudenza di merito si dibatte in attesa di un intervento chiarificatore del legislatore e pervenendo a conclusioni, che sono di spunto per una differente tesi interpretativa della norma.

A cura del Mediatore Avv. Silvio Zicconi da Sassari. Letto 5924 volte dal 07/12/2020


Alcune recenti pronunce hanno riportato l’attenzione sull’istituto dell’improcedibilità della domanda giudiziale in caso di mancato esperimento della procedura di mediazione.

Come sappiamo, il legislatore ha stabilito che nelle materie di cui all’art.5. D.Lgs. n.28/2010 “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale[1]. Al comma 2bis il medesimo articolo ha previsto poi, che “la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza accordo”.

E’ altrettanto nota la copiosa giurisprudenza che reputa che il tentativo di conciliazione debba essere effettivo e che per tale ragione sia indispensabile la presenza personale delle parti sin dall'incontro informativo[2].

Si potrebbe quindi ritenere che, se le parti non partecipano all’incontro di mediazione e non vi partecipi neanche l’istante, la condizione di procedibilità non sarebbe soddisfatta, con tutto ciò che ne può conseguire in termini di prescrizione e decadenza.

A questa conclusione porterebbe sia il tenore letterale della norma che la stessa ratio dell’istituto: infatti, “se bastasse la sola presentazione della domanda all’organismo di mediazione e non fosse necessaria la presenza delle parti medesime, la mediazione non potrebbe mai realizzare il suo fine[3].

Tuttavia detta conclusione non convince il Tribunale di Savona che, con una articolata pronuncia del 19 ottobre 2018, rimarca come secondo l'insegnamento costante della Cassazione[4] e della stessa Corte Costituzionale[5], l'improcedibilità, proprio in quanto "conseguenza sanzionatoria di un comportamento procedurale omissivo, derivante dal mancato compimento di un atto espressamente configurato come necessario, [...] dev'essere espressamente prevista". Essa costituisce infatti deroga alla disciplina generale, fatto per cui le norme che la prevedono devono essere interpretate in senso restrittivo e comunque non possono essere interpretate in senso estensivo, men che meno sono suscettibili di applicazione analogica.

D'altro canto, rammenta il citato giudice, la mancata ed ingiustificata partecipazione alla  mediazione è stata diversamente sanzionata dal legislatore all'art.8 comma 4bis del D.Lgs. n.28/2010, sia con una sorta di pena pecuniaria di importo pari al contributo unificato dovuto per il giudizio, sia attribuendo alla stessa la valenza di argomento di prova ex art.116 c.p.c. a discapito dell'assente e del non aderente alla mediazione.

Ancor più importante sotto tale profilo sarebbe poi la circostanza che il legislatore, quando sanziona la mancata partecipazione senza giustificato motivo, non distingue tra istante e convenuto, applicando anche all'istante le stesse conseguenze sanzionatorie in termini di oneri pecuniari e rischio di soccombenza.

Secondo il Tribunale di Savona bisognerebbe quindi distinguere tra il comportamento omissivo di chi, pur in presenza di una controversia rientrante nel novero dell'art.5 comma 1bis D.Lgs. n.28/2010,

1.     non presenti una domanda di mediazione e

2.     chi pur avendola depositata, non si presenti neanche all'incontro informativo o non entri in mediazione.

Secondo il Tribunale di Savona, stando al tenore della legge solo nel primo caso, la parte onerata incorrerebbe nel rischio di una pronuncia declaratoria di improcedibilità.

Al contrario, ove depositi la domanda ma non si presenti all’incontro o, pur presentandosi, decida di non proseguire nel procedimento di mediazione, essa incorrerebbe solo nella sanzione del versamento di una somma pari al contributo unificato e nel rischio di soccombenza connesso all’applicazione dell’art.116 c.p.c..

3.     Terza ed ultima ipotesi prevista dal legislatore è poi quella della parte che pur entrando in mediazione non raggiunga un accordo o addirittura rifiuti la proposta del mediatore: la conseguenza di detto comportamento eventualmente sarebbe solo in termini di condanna alle spese di lite o lite temeraria, ai sensi dell’art.13 del D.Lgs.

Rimarca quindi il giudice ligure, come nel nostro ordinamento vi sia una graduazione sia della gravità dei comportamenti negligenti od omissivi che delle correlate sanzioni, di cui deve tenersi conto, applicando la declaratoria di improcedibilità esclusivamente nel citato caso espressamente previsto dal legislatore.

La tesi, come ricordato anche dal Tribunale di Savona, tuttavia non ha trovato consenso unanime nella giurisprudenza, che al contrario in molte occasioni ha ritenuto di dover dare primario valore al principio dell’effettività, in ragione del quale sarebbe ben poco comprensibile la scelta di censurare con l’improcedibilità solo il mancato deposito della domanda di mediazione e non anche il caso in cui al deposito non segua alcuna concreta volontà di intraprendere un percorso di cui la domanda è solo il primo atto.

Non condividendo detta ultima tesi, il Tribunale di Savona reputa che una interpretazione  corretta (e più restrittiva della norma), troverebbe la propria ratio nel principio dispositivo garantito dal nostro Ordinamento e nel diritto costituzionale all’azione giudiziale, che consente alla parte di non partecipare al processo, rimanendone contumace: figuriamoci se potrebbe imporre alla parte di entrare in mediazione o di conciliare!

Secondo la menzionata giurisprudenza, quindi, nel nostro ordinamento esisterebbe un vero e proprio diritto a non aderire al procedimento di mediazione[6].

Ancora una volta il caso affrontato dal Tribunale di Savona palesa come la mediazione disciplinata dal nostro ordinamento non sia quella già sperimentata in altri ordinamenti.

L’ambiguità e la difficoltà di dare una corretta interpretazione e applicazione alla norma è resa evidente anche dalla pronuncia in commento quando, rimarcando le citate differenze ed i limiti della sanzione di improcedibilità, esaminando il dettato dell’art.8 e la previsione di un obbligo di partecipazione valido per entrambe le parti, ricorda che “l’attore ed il convenuto di fronte al mediatore perdono il loro ruolo processuale: non c’è più un soggetto che si afferma titolare di un diritto ed un convenuto indicato come gravato invece da un corrispondente dovere, come nel processo”; e poi aggiunge: “Con la mediazione scompaiono i diritti e fanno ingresso gli interessi, originariamente configgenti e che, per effetto della mediazione, sono destinati a divenire convergenti” (effettuando così un evidente richiamo alla nozione di mediazione fornita dalla scienza, più che dal nostro ordinamento).

Orbene come può affermarsi che nella mediazione disciplinata dal D.Lgs. n.28/2010 e ss. mm. e ii.  scompaiono i diritti e fanno ingresso gli interessi e nel contempo affermarsi che permane un diritto a non entrare in mediazione?

La difficoltà di conciliare il diritto a non entrare in mediazione e la sanzione dell'improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, avrebbe quindi portato ad una norma che, tuttavia, lungi dall'incentivare il ricorso ad uno strumento reputato utile oltre che virtuoso (altrimenti perchè introdurlo nell'ordinamento?) rischierebbe di favorire il malcostume, vanificando in toto l'utilità dell'istituto. Corollario della citata tesi infatti sarebbe che, secondo il nostro legislatore il comportamento omissivo ed ostativo più grave (e pertanto più gravemente sanzionato con l'improcedibilità) non sia quello di non voler sfruttare l'occasione di una misura alternativa al giudizio, bensì solo quello di non voler assolvere ad un obbligo burocratico preliminare quale il deposito di una domanda di mediazione, con il pagamento di una gabella da 40 euro oltre iva.

La tesi desta più di qualche perplessità.

Siamo infatti sicuri che, come affermato dal Tribunale di Savona, la norma pur letta in senso restrittivo, preveda espressamente[7] l'improcedibilità in caso di mancato deposito della domanda di mediazione ad opera della parte che poi proponga la domanda giudiziale?

In realtà la norma prevede l'improcedibilità a danno della parte che proponga la domanda giudiziale in caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione e non del mancato deposito dell'istanza di mediazione[8]; è vero che senza un'istanza nessuna mediazione può essere esperita, è però altrettanto vero che l'esperimento di un procedimento di mediazione può dirsi realizzato solo ove la parte abbia posto in essere quel complesso di attività e manifestazioni di volontà e interessi che ne sono elemento tipico e qualificante.

Questo condizione si ritiene non raggiunta ove al deposito dell'istanza non segua alcuna attività.

Detta conclusione non contrasta nè con il testo della norma nè con la sua ratio ed è in linea con la giurisprudenza della S.C. così come con quella della Corte di Giustizia Europea.

Con riguardo infatti al diritto all'azione giudiziale, che il Tribunale di Savona parrebbe reputare assoluto ed insuscettibile di limitazioni, appare utile ricordare quanto affermato dalla Dir.2008/52/CE della Commissione europea all'art.5 comma 2 che ritiene conciliabile l'obbligatorietà della mediazione in alcune materie con il diritto all'azione giudiziale "purchè la legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario"; analogamente si rammenti quanto affermato dalle sentenze della Corte di Giustizia Europea del 14.06.2017 (Causa C-75/16) e 18.03.2010 (C-317/08), secondo cui "i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti nella misura di cui trattasi e non costituiscano un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti[9]". Si dovrebbero anche considerare, in tema di c.d. giurisdizione condizionata[10], le pronunce della Corte Costituzionale che ha ritenuto ammissibile il condizionamento della giurisdizione in quanto non comprometta l'esperimento dell'azione giudiziaria, che può essere ragionevolmente limitato, quanto all'immediatezza se vengono imposti oneri finalizzati a salvaguardare interessi generali. Questi verrebbero soddisfatti evitando il sovraccarico dell'apparato giudiziario favorendo la composizione preventiva della lite, con un soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali rispetto a quello conseguibile con il processo[11].

E allora, in linea con questi insegnamenti, forse sarebbe opportuno ritenere che l'art.5 dev'essere letto nel senso che se una sanzione di improcedibilità va comminata, la stessa non deve irrogarsi solo alla parte che non depositi l'istanza di mediazione ma anche a quella che, dopo averla presentata, immotivatamente non partecipi alla mediazione o decida di non entrarvi, rendendo evidente il carattere meramente apparente e non veritiero di quella disponibilità che la presentazione della domanda di mediazione  altrimenti indurrebbe a ritenere.

Se poi è vero che all'art.8 il legislatore, sanzionando la mancata partecipazione senza giustificato motivo, non fa distinzioni tra parte istante e parte invitata, ciò di per sè non esclude che la parte istante possa incorrere nella più grave sanzione dell'improcedibilità della sua domanda ove, pur partecipando all'incontro informativo, in realtà rifiuti immotivatamente di sedersi al tavolo delle trattative (così tradendo il senso della sua stessa istanza), ovvero, per usare la formula utilizzata dall'art.5, si rifiuti di esperire il procedimento di mediazione da essa stessa promosso, così manifestando il carattere fittizio della sua istanza.

Si potrebbe quindi ritenere che:

1) se parte istante non presenta la domanda di mediazione o, pur presentandola, non si presenti al 1° incontro o si rifiuti immotivatamente di entrare in mediazione o comunque palesi con il suo comportamento ostativo e ostruzionistico, la volontà di non esperire alcuna procedura di mediazione, la successiva domanda giudiziale sia suscettibile di declaratoria di improcedibilità (con relativa condanna alle spese di lite), in quanto la volontà manifestata dalla domanda di mediazione non sarebbe stata effettiva;

2) ove invece, dopo avere presentato la domanda ed essere entrata in mediazione, parte istante (ma lo stesso vale per la parte invitata) non partecipi senza giustificato motivo ad un incontro di mediazione così causando il fallimento della mediazione, la stessa nel successivo giudizio dovrebbe incorrere nelle sanzioni di cui all'art.8 D.Lgs. n.28/2010;

3) ove infine parte istante (idem parte invitata) rifiuti la proposta del mediatore e vi siano le condizioni di cui all'art.13 1° comma, la stessa incorrerebbe nelle sanzioni di cui al citato articolo; salva applicazione degli artt.92 e 96 c.p.c. nel successivo giudizio.

Seguendo questa interpretazione, la graduazione dei comportamenti e delle sanzioni prevista dal legislatore permarrebbe.

La 1^ sanzione (improcedibilità e condanna alle spese di lite) andrebbe a colpire l'istante che non si curi neanche di presentare una domanda effettiva di mediazione e rifiuti (espressamente o tacitamente) di entrare in mediazione;

la 2^ andrebbe a colpire chi, pur avendo manifestato una disponibilità iniziale, poi non la coltivi adeguatamente nel corso del procedimento (non partecipando all'incontro), così causando ritardi (all'esperimento dell'azione giudiziale) ed oneri inutili e manifestando condotte che potrebbero palesare l'infondatezza delle sue stesse ragioni;

la 3^ andrebbe a colpire chi, pur avendo sfruttato tutte le potenzialità della procedura di mediazione, faccia saltare l'accordo rifiutando condizioni identiche a quelle poi dettate dal giudice, rendendo così palese l'evitabilità del processo.

Non solo.

Se si considera come una declaratoria di improcedibilità non precluda la riproposizione della domanda giudiziale (sempre salve prescrizioni e decadenze eventualmente maturate), sanzionare con l'improcedibilità la mancata presentazione di una domanda seria e reale di mediazione avrebbe quale ratio proprio quella di ammonire l'attore che se non invita seriamente controparte al tavolo delle trattative e se lui stesso non si presenta diligentemente a quel tavolo, non potrà mai rivolgersi legittimamente davanti ad un giudice, che lo respingerà fintanto che a quel tavolo (di mediazione) non si sia seduto e se ne sia dovuto alzare insoddisfatto e deluso per fatti a lui non imputabili.   

La differenza di trattamento riservata alla parte istante/onerata ex art.5 rispetto alla controparte appare poi giustificata dal fatto che l'onere alla presentazione dell'istanza di mediazione è connesso all'esercizio dell'azione e non alla difesa in giudizio.  Infatti, se l'interesse pubblico da tutelare è quello di evitare contenziosi inutili promossi in maniera non virtuosa, appare naturale che l'attore, così come il convenuto che proponga una domanda riconvenzionale in una delle materie di cui all'art.5 D.Lgs. n.28/2010, possano essere sanzionati in maniera diversa e più radicale (appunto con l'improcedibilità della domanda, principale o riconvenzionale) rispetto alla parte chiamata solo a resistere alle avverse rivendicazioni.

Da quanto sopra si evince l'importanza che riveste il verbale del mediatore: unico elemento su cui il giudice può fondare le proprie decisioni ai sensi degli artt.5, 8 e 13 del D.Lgs. n.28/2010.

E questo per non parlare delle difficoltà connesse alla stesura di un verbale che assolva alla citata funzione senza tradire l'obbligo alla riservatezza... ma questa è un'altra storia.

 

[1] Cfr. art.5 comma 1bis D.Lgs.n.28/2010

[2] Cfr. tra le tante C.App.Milano 10.05.2017, C.App.Ancona 23.05.2018, Trib.Pavia 20.01.2017, Trib. Roma ord. 26.10.2015 n.100801, Trib.Vasto 09.03.2015, Trib. Firenze 26.11.2014, Trib. Firenze 19.03.2014

[3] Così sintetizza il principio il Tribunale di Savona nella sentenza del 19.10.2018

[4] Cfr. Cass. n.967/2004, Cass. 20975/2017, Cass. 26560/2014, Cass. n.613072011

[5] Cfr. C.Cost. 403/2007

[6] Cfr. Tribunale Savona sentenza 19.10.2018

[7] Per usare l'espressione utilizzata dal Tribunale di Savona (sentenza 19.10.2018 pag.3) che richiamando la giurisprudenza della S.C. afferma che "l'improcedibilità [...] dev'essere espressamente prevista"; e ancora "le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità [...] devono essere interpretate in senso restrittivo".

[8] Cfr. art.5 comma 1bis "L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale"

[9] Cfr. par. 63 sentenza citata.

[10] Che ricorre quando la legge impone alle parti l'esperimento di una data attività prima di agire in giudizio (vuoi un tentativo obbligatorio di conciliazione, vuoi la mediazione).

[11] C. Cost. n. 276/2000 in tema di tentativo obbligatorio di conciliazione nelle cause di lavoro.

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Chi è l'autore
Avv. Silvio Zicconi Mediatore Avv. Silvio Zicconi
Avvocato Civilista dal 1995, consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Sassari dal 2008, dal 2010 al 2014 è Consigliere Segretario del medesimo Ordine. Già componente della relativa commissione "Mediazione", dal 2011 è Mediatore civile e commerciale ai sensi del D.Lgs. n.28/10. Svolge attività di consulenza ed assistenza legale giudiziale ed stragiudiziale prevalentemente nel settore del diritto civile, diritti reali, obbligazioni e contratti, divisioni, successioni, assicurazioni, diritto comme...
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