Gli effetti impeditivi della decadenza per l’impugnazione di una delibera assembleare non si conservano oltre il termine di sei mesi di durata della mediazione

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Avv. Stefano Nulli

Tribunale di Bari, 04.04.2025, sentenza n. 1328, giudice onorario Massimiliano Lella

A cura del Mediatore Avv. Stefano Nulli da Torino.
Letto 18 dal 17/12/2025

Commento:

In un giudizio di impugnazione di delibera assembleare condominiale, alcuni condomini agivano per ottenere la sospensione della delibera del 4 aprile 2023 in quanto nulla invalida o annullabile in quanto avrebbe ripartito gli oneri con una tabella millesimale ritenuta nulla, annullabile o inesistente (inviata ai condomini il 6 aprile 2023 dopo lo svolgimento dell’assemblea). Il Condominio convenuto eccepiva in via preliminare la decadenza del termine previsto dall'art. 1137 c.c. in relazione agli arti 6 e 8 del D.Lgs. 28/2010.
 
Il Giudice rilevata la nullità della citazione assegnava un ulteriore termine per la notifica dell'atto introduttivo. L’atto di citazione veniva rinotificato in riassunzione.
Il giudice stabilisce anzitutto che la delibera con la quale vengono approvate nuove tabelle millesimali per la ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, androne ed ascensore e la delibera di ripartizione delle spese dei lavori straordinari con le nuove tabelle, in applicazione dei criteri enucleati da Cass. sent. n. 4806/2005, è annullabile e non nulla: non risulta  infatti provata la natura contrattuale delle precedenti tabelle millesimali né che le nuove tabelle siano state redatte in violazione di legge.
L'eccezione di decadenza è fondata.
 
Dall’analisi degli articoli: art. 1137 c.c. coordinato con l’ art. 5 comma 1 e 2, art. 8 comma 2, art. 6 del D.Lgs. 28/2010 il tribunale deduce che: non si può sostenere che il procedimento di mediazione potrebbe indefinitamente tenere aperto l'effetto sospensivo portato dall'art. 8 comma 2 perché certamente le parti possono proseguire la mediazione oltre il termine di sei mesi ma non possono conservare gli effetti impeditivi della decadenza, perché una indefinita durata della mediazione sarebbe in contrasto sia con il testo letterale delle norme che con la stessa logica e finalità della mediazione che è quella di giungere ad una rapida definizione delle controversie e non a prolungarle nel tempo.
Il procedimento di mediazione, protrattasi oltre il termine di legge per volontà delle parti, ha perso la sua tipicità e non è in grado di fare salvi, per tutta la sua durata ulteriore, gli effetti interruttivi e sospensivi eccezionalmente previsti dall'art. 5 comma 6.
Nel caso di specie il procedimento di mediazione stato avviato con domanda del 2/5/2023 (comunicata il 4/5/2023) si è concluso negativamente con l'ultimo incontro del 25/1/2024 (9 mesi). Non risulta un accordo di proroga. La delibera assembleare è del 4/4/2023 notificata il 4/5/2023. A ciò consegue che il termine per impugnarla era differito di tre mesi per legge (ante riforma Cartabia) e quindi al 4/8/2023. Secondo il Tribunale di Bari, entro il termine perentorio di trenta giorni da tale data gli attori avrebbero, pertanto, dovuto impugnare giudizialmente la deliberazione a prescindere dalla pendenza del procedimento di mediazione che, certamente, avrebbero potuto tenere aperto. Invece la citazione è stata proposta per la prima volta il 23/2/2024 e dunque è tardiva.  Lo sarebbe stato anche volendo considerare la durata massima semestrale del procedimento (non soggetto a sospensione feriale).°
 
 
 

Testo integrale:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BARI
TERZA SEZIONE CIVILE
In persona del Giudice Onorario Avv. Massimiliano Lella in funzione di Giudice Unico ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nella causa civile iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 2598/2024 TRA
(...), COD. FISC. (...)
(...) COD. FISC. (...), (...), COD. FISC.
(...), (...), COD. FISC. (...)
(...) (...), COD. FISC. (...), (...)
(...), COD. FISC. (...), tutti rappresentati e difesi dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Bari al viale (...);
  • ATTORI -
(...) ALLA (...), COD. FISC. (...), in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti (...) e (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Bari alla via (...);
  • CONVENUTO -
All'udienza di remissione della causa in decisione del 21.03.2025 la causa veniva riservata ed introitata per la decisione sulle conclusioni rassegante dalle parti.
PER GLI ATTORI (dalle note scritte ex art. 189 primo comma n. 1 c.p.c.): ".....preliminarmente, per i motivi esposti in narrativa, sospendere l'efficacia della delibera del 4 aprile 2023 relativamente ai punti nn. 1 e 2 dell'ordine del giorno atteso che l'esecuzione immediata della delibera può causare un grave danno agli odierni attori e a tutti i condomini più in generale, attesa la nullità l'illegittimità e l'inesistenza delle tabelle millesimali utilizzate per l'esecuzione dei riparti; nel merito, per tutti i motivi sopra esposti, accertare e dichiarare la nullità l'invalidità l'inesistenza e/o l'annullabilità delle tabelle millesimali utilizzate dal (...) sito in Bari alla via (...) perché mai approvate dall'assemblea condominiale in quanto inviate via e-mail con i nuovi riparti, ai condomini solo in data 6.4.2023, due giorni dopo l'assemblea celebratasi il 4.4.2023; -accertare e dichiarare la nullità, l'invalidità e/o annullabilità della delibera dell'4 aprile 2023 relativamente ai punti nn. 1 e 2 dell'ordine del giorno adottata dal (...) per tutte le motivazioni addotte nella
narrativa che precede; al contempo accertare e dichiarare la nullità, l'invalidità e/o annullabilità e l'inesistenza delle tabelle millesimali adottate perché mai approvate dall'assemblea condominiale e comunque erronee per tutte le motivazioni addotte nella narrativa che precede; accertare e dichiarare che nessuna somma è dovuta dagli odierni attori in applicazione delle tabelle
millesimali approvate nell'assemblea condominiale celebratasi in data 4 aprile 2023 e neanche in applicazione delle tabelle millesimali inviate via e-mail dall'amministratore Rag. (...) in data 6 aprile 2023; sempre e comunque accertare e dichiarare l'impossibilità di utilizzo delle dette tabelle millesimali per lavori straordinari già precedentemente deliberati, ripartiti ed eseguiti; in via del tutto subordinata, ove mai per assurdo le tabelle millesimali fossero ritenute utilizzabili per lavori straordinari già precedentemente deliberati, ripartiti ed eseguiti, procedere alla rideterminazione, giuridicamente corretta, dei millesimi relativi a tutte le unità immobiliari facenti parte del condominio di via (...). Il tutto con vittoria di spese e competenze di lite....."
PER IL CONDOMINIO CONVENUTO: (dalle note scritte ex art. 189 primo comma n. 1 c.p.c.): " ... in via preliminare, dichiarare inammissibile l'impugnazione della deliberazione assembleare per decadenza del termine previsto dall'art. 1137 c.c. in relazione agli arti 6 e 8 del D.Lgs. 28/2010; in via preliminare, dichiarare inammissibile l'impugnazione della deliberazione assembleare da parte di (...) per decadenza del termine previsto dall'art. 1137 c.c.; nel merito, rigettare l'opposizione perché inammissibile ed infondata per le ragioni esposte nella narrativa degli atti innanzi richiamati....con vittoria di spese con distrazione in favore dei difensori.."
MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA:
Con atto di citazione del 22 febbraio 2024, notificato in data 23 febbraio 2024, gli odierni attori chiedevano dichiararsi la nullità, l'invalidità e/o annullabilità delle delibere assembleari dell'4 aprile 2023 relativamente ai punti nn. 1 e 2 dell'ordine del giorno adottata dal (...) e la nullità, l'invalidità e/o annullabilità e l'inesistenza delle tabelle millesimali adottate; chiedevano inoltre dichiararsi che nessuna somma era da loro dovuta in applicazione delle predette tabelle
millesimali e comunque l'impossibilità di utilizzo delle dette tabelle millesimali per lavori straordinari già precedentemente deliberati, ripartiti ed eseguiti; - in via subordinata chiedeva procedersi alla rideterminazione, giuridicamente corretta, dei millesimi relativi a tutte le unità immobiliari facenti parte del condominio di via (...). Il Giudice con ordinanza del 20 maggio 2024 rilevata la nullità della citazione, in virtù della carenza dell'invito a costituirsi nel termine di 70 giorni prima dell'udienza e degli avvertimenti di cui al n. 7 dell'art. 163 c.p.c. così come modificati dalla riforma Cartabia, assegnava un ulteriore termine per la notifica dell'atto introduttivo
fissando l'udienza di prima comparizione in data 20 dicembre 2024. Con atto di citazione in riassunzione dell'11 luglio 2024 gli odierni attori notificavano nuovamente l'atto di citazione al (...) che si costituiva in data 11 ottobre 2024 chiedendo in via preliminare, dichiararsi inammissibile l'impugnazione della deliberazione assembleare per decadenza del termine previsto dall'art. 1137 c.c. in relazione agli artt. 6 e 8 del D.Lgs. 28/2010; sempre in via preliminare, chiedevano dichiararsi inammissibile l'impugnazione della deliberazione assembleare da parte di (...) per decadenza del termine previsto dall'art. 1137 c.c.; nel merito chiedevano il rigetto dell'opposizione perché inammissibile ed infondata. Depositate dalle parti le rispettive memorie ex art. 171 bis c.p.c., in data 20 dicembre 2024 si teneva la prima udienza di comparizione delle parti, nella quale il Giudice fissava l'udienza del 21 marzo 2025 concedendo i termini di cui all'art. 189 c.p.c.. Parte convenuta ha preliminarmente eccepito l'intervenuta decadenza degli attori dal diritto di impugnare le delibere oggetto di causa per il decorso del termine previsto dall'art. 1137 c.c. in relazione agli art. 6 ed 8 del D.Lgs. 28/2010. Tale eccezione presuppone la sola annullabilità delle delibere assembleari. Prima di trattare tale eccezione deve verificarsi se invece le delibere impugnate fossero nulle come dedotto da parte attrice. Si tratta di una delibera con la quale sono state approvate nuove tabelle millesimali in relazione alla ripartizione delle spese di
manutenzione e ricostruzione delle scale, androne ed ascensore, contrassegnate dai nn. 2, 3 e 3bis (punto 1 dell'ordine del giorno), e la delibera di ripartizione delle spese dei lavori straordinari con le nuove tabelle. In effetti trattasi di due delibere annullabile e non radicalmente nulle, come invece dedotto dagli attori. Parte attrice ha sostenuto che le precedenti tabelle millesimali erano da ritenersi contrattuali in quanto approvate dall'unanimità dei condomini. Parte convenuta ha contestato tale affermazione ed in effetti dall'esame della documentazione in atti risulta che le tabelle originarie furono approvate dall'unanimità dei condomini presenti all'assemblea del 24.03.1966 che però non coincidevano con tutti i condomini dello stabile, non risulta pertanto provata la natura contrattuale delle precedenti tabelle millesimali. Per quel che concerne il contenuto delle delibere deve farsi riferimento al condivisibile orientamento espresso dalla Cassazione a Sezioni Unite n. 9839/2021 che, abbandonando il proprio tradizionale indirizzo (cfr. sent. n. 4806/2005), ha sottolineato il favore del legislatore alla necessità di stabilità delle decisioni assembleari oggi meglio espresso dalla riforma dell'art. 1137 c.c. (nel testo introdotto dalla L. n.220/2012) che qualifica l'azione d'impugnazione come di "annullamento" (il vecchio testo non parlava di azione di "annullamento" ma di "ricorso all'autorità giudiziaria"). Affermano
le Sezioni Unite che "il nuovo e vigente art. 1137 c.c., mosso dall'intento di favorire la sanatoria dei vizi e il consolidamento degli effetti delle deliberazioni dell'assemblea condominiale - ha elevato la categoria della annullabilità a "regola generale" della invalidità delle deliberazioni assembleari, confinando così la nullità nell'area della residualità e della eccezionalità... L'art. 1137 c.c. sottopone inequivocabilmente al regime dell'azione di annullamento, senza distinzioni, tutte "le
deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento condominiale"; ciò vuol dire che, secondo la disposizione in esame, sono annullabili non solo le deliberazioni assembleari che presentano vizi di forma, afferenti cioè alle regole procedimentali dettate per la loro formazione, ma anche quelle che presentano vizi di sostanza, afferenti al contenuto del deliberato.. La violazione di tali disposizioni dà luogo a deliberazioni assembleari "contrarie alla legge" con riferimento al loro "contenuto" e, perciò, affette da un vizio di "sostanza"; ma ciò non esclude che tale vizio rientri, in via di principio, tra quelli per i quali l'art. 1137 c.c. prevede l'azione di annullamento.... Ritiene il Collegio che la categoria giuridica della nullità, con riguardo alle deliberazioni dell'assemblea dei condomini, ha una estensione del tutto residuale rispetto alla generale categoria della
annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione di
cittadinanza nel modo giuridico. In particolare, la deliberazione dell'assemblea dei condomini deve ritenersi affetta da nullità nei seguenti casi: 1) "Mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali" (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma), tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione: è il caso, ad es., della deliberazione adottata senza la votazione dell'assemblea; o della deliberazione priva di oggetto, ossia mancante di un reale decisum ovvero con un oggetto non determinato nè determinabile; o della deliberazione priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica; o della deliberazione non risultante dal verbale dell'assemblea, sprovvista perciò della necessaria forma scritta. 2) "Impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi riferito al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione... 3) "Illiceità". Si tratta di quei casi in cui la deliberazione assembleare, pur essendo stata adottata nell'ambito delle attribuzioni dell'assemblea, risulti avere un "contenuto illecito" (art. 1343 c.c.), nel senso che il decisum risulta contrario a "norme imperative", all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Al di fuori di tali ipotesi, deve ritenersi che ogni violazione di legge determina la mera annullabilità della deliberazione, che può essere
fatta valere solo nei modi e nei tempi di cui all'art. 1137 c.c.....Rimane a questo punto da stabilire, alla luce dei criteri appena enunciati, se le deliberazioni assembleari che ripartiscono le spese condominiali in violazione dei criteri stabiliti dalla legge (ndr: non è questo il caso!) o dal regolamento condominiale contrattuale configurino o meno una delle ipotesi di nullità sopra esaminate. Ritiene il Collegio - così confermando quanto già affermato da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 4806 del 2005 - che le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali sono nulle per "impossibilità giuridica" dell'oggetto ove l'assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifichi i criteri di ripartizione delle spese, stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini, da valere - oltre che per il caso oggetto della Delib. - anche per il futuro; mentre sono semplicemente annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano soltanto violati o disattesi nel singolo caso deliberato. In proposito, va osservato che le attribuzioni dell'assemblea in tema di ripartizione delle spese condominiali sono circoscritte, dall'art. 1135 c.c., alla verifica ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre modifiche ai criteri legali di riparto delle spese, che l'art. 1123 c.c. consente solo mediante apposita convenzione tra tutti i partecipanti al (...) Al contrario, non esorbita dalle attribuzioni dell'assemblea la deliberazione che si limiti a ripartire in concreto le spese condominiali, anche se la ripartizione venga effettuata in violazione dei criteri stabiliti dalla legge o convenzionalmente, in quanto una siffatta deliberazione non ha carattere normativo e non incide sui criteri generali, valevoli per il futuro, dettati dall'art. 1123 c.c. e segg. o stabiliti convenzionalmente, nè è contraria a norme imperative; pertanto, tale delibera deve ritenersi semplicemente annullabile e, come tale, deve essere impugnata, a pena di decadenza, nel termine (trenta giorni) previsto dall'art. 1137 c.c., comma 2". I condivisibili principi indicati nella predetta sentenza delle Sezioni Unite sono pertanto applicabili alla fattispecie che ora ci occupa in quanto: non è dimostrato che le precedenti tabelle millesimali fossero di natura contrattuale; non è dimostrato che le nuove tabelle fossero state redatte in violazione di legge (in quanto deve ritenersi sussistente l'obbligo legale dei proprietari dei locali alla strada ed interrati di partecipare alle spese oggetto delle tabelle revisionate); la delibera di ripartizione delle spese con le nuove tabelle non aveva carattere normativo nel senso innanzi indicato dalla sentenza della Cassazione. In riferimento all'efficacia "retroattiva" (quale illecito arricchimento) della modifica delle tabelle millesimali si veda la recente e condivisibile ordinanza n. 23739 del 04.09.2024 della Cassazione. Per quanto attiene alla pretesa violazione di legge deve rilevarsi come l'art. 1124 cod. civ. stabilisca che: "Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune". La locuzione "a cui servono" non può essere interpretata nel senso di escludere dal concorso di tali spese i locali al piano terra sulla considerazione che gli stessi normalmente non usano l'ascensore. Al riguardo la Cassazione (cfr. ord. 22157/2018) ha chiarito che "Stante l'identità di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex art. 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell'ascensore già esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l'impianto di ascensore, in quanto mezzo
indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune (tant'è che, dopo la legge n. 220 del 2012, esso è espressamente elencato nell'art. 1117 n. 3, c.c.) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e
manutenzione della copertura dell'edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell'ascensore, in rapporto ed in proporzione all'utilità che possono in ipotesi trarne". La locuzione "a cui servono", contenuta nell'art. 1124 c.c., verrà pertanto in rilievo solo quando un condominio, ad esempio, abbia più corpi di fabbrica, più scale, più ascensori, più lastrici solari ecc., sicché va verificato in concreto quale gruppo di condomini ne trae comunque utilità. Rilevato pertanto che le censure mosse alla delibera impugnata devono ricondursi a vizi comportanti l'annullabilità delle predette delibere deve ora verificarsi se sia fondata l'eccezione sollevata dal (...) convenuto di decadenza ex art. 1137 c.c. L'eccezione è in effetti
fondata. Ai sensi dell'art. 1137 c.c. l'azione di annullamento della delibera assembleare va proposta nel termine perentorio di trenta giorni decorrente dalla data della delibera o per gli assenti dalla comunicazione della delibera. Tale termine va coordinato con l'art. 5 comma 1 del D.Lgs. 28/2010 che ha assoggettato la materia condominiale alla condizione di procedibilità della mediazione. L'art. 8 comma 2 del D.Lgs. 28/2010 dispone, poi, che "dal momento in cui la comunicazione di cui al comma 1 perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla
prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta". L'art. 6 del d l.gs. 28/2010 dispone che "il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi, prorogabile di ulteriori tre mesi dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza con accordo scritto delle parti. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione ....e non è soggetto a sospensione feriale". L'effetto sospensivo sulla decadenza dell'avvio del procedimento, quindi, è limitato nel tempo. Ne abbiamo conferma dall'art. 5 comma 2, terzo periodo, ove si legge che: "il giudice, quando rileva che la mediazione. è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6". Dall'analisi della normativa non si può sostenere che il procedimento di mediazione potrebbe indefinitamente tenere aperto l'effetto sospensivo portato dall'art. 8 comma 2 perché certamente le parti possono proseguire la mediazione oltre il termine di sei mesi ma non possono conservare gli effetti impeditivi della decadenza, perché una indefinita durata della mediazione sarebbe in contrasto sia con il testo letterale delle norme che con la stessa logica e finalità della mediazione che è quella di giungere ad una rapida definizione delle controversie e non a prolungarle nel tempo. Nel nostro caso, il procedimento di mediazione n. 18/2023, davanti alla Camera Arbitrale e della Mediazione della Camera Commercio di Bari, è stato aperto con domanda del 2 maggio 2023, prot. 55783 e si è concluso negativamente con l'ultimo incontro del 25/1/2024 (cfr. verbale chiusura 25.01.2024), dopo essere stato discusso dalle parti negli incontri del 31/5/2023, 22/6/2023, 23/11/2023, 21/12/2023. Inoltre, nel procedimento in questione, nemmeno vi è stato l'accordo scritto delle parti, prima della scadenza del termine normale di tre mesi, previsto dall'art. 6 del d l.gs. 28/2010. Dunque, il procedimento di mediazione è durato circa 9 mesi. La deliberazione assembleare impugnata è del 4/4/2023 e la comunicazione della domanda di mediazione è intervenuta il 4/5/2023 sicché il termine di scadenza dall'opposizione, per effetto della pendenza del procedimento di mediazione, era differito di tre mesi per legge e quindi al 4/8/2023 (termine espressamente escluso dalla sospensione feriale). Entro il termine perentorio di trenta giorni da tale data gli attori avrebbero, pertanto, dovuto impugnare giudizialmente la deliberazione a prescindere dalla pendenza del procedimento di mediazione che, certamente, avrebbero potuto tenere aperto. L' opposizione, invece, è stata proposta con citazione notificata la prima volta il 23/2/2024, a dieci mesi dalla deliberazione condominiale, e dunque ben oltre il termine perentorio di decadenza stabilito dalla legge. I termini di decadenza, infatti, in quanto posti a tutela della certezza degli atti giuridici sottostanti, non sono nella disponibilità delle parti ma sono rigidamente regolati dalla legge. Nella fattispecie, la decadenza dall'impugnazione della deliberazione assembleare (fissata dalla legge nel ristretto termine di 30 giorni proprio a presidio della stabilizzazione delle decisioni condominiali che deve essere necessariamente celere) non può essere incerta ed indeterminata, subordinata e rimessa alla potestà delle parti di tenere aperto indefinitamente il procedimento di mediazione, perché, se così fosse, verrebbe meno la ratio della norma decadenziale. Deve, quindi, ritenersi che il procedimento di mediazione, protrattasi oltre il termine di legge per volontà delle parti, abbia perso la sua tipicità e non sia in grado di fare salvi, per tutta la sua durata ulteriore, gli effetti interruttivi e sospensivi eccezionalmente previsti
dall'art. 5 comma 6 citato. Non è condivisibile la diversa argomentazione che prevede l'inizio del nuovo termine decadenziale ex art.1137 cc dal deposito del verbale di mancato raggiungimento dell'accordo, in quanto se le parti sono libere di continuare nella ricerca dell'accordo conciliativo anche oltre la scadenza dei tre mesi prevista dall'art. 6 comma 1 (con eventuale proroga concordata di altri tre mesi), decorso questo termine la parte interessata all'impugnativa della delibera condominiale sarà tenuta a presentare la domanda giudiziale entro i successivi trenta giorni non potendo attendere che venga depositato il verbale negativo presso l'organismo di mediazione, una volta scaduti i termini di durata della mediazione legislativamente previsti. È vero, al contrario, che se la mediazione si conclude con il deposito del verbale prima della scadenza del termine massimo stabilito dalla legge, allora il termine di decadenza comincerà a decorrere dalla data di deposito del verbale di mediazione e non già dalla successiva data di scadenza del termine massimo previsto dalla legge per l'espletamento della mediazione. In conclusione, i condomini opponenti avrebbero dovuto intraprendere l'azione giudiziale tenendo presente che, scaduti i tre mesi dall'avvio del procedimento (iniziato il 2/5/2023), pur non essendo conclusa la mediazione, iniziava comunque nuovamente a decorrere il termine previsto dall'art. 1137 c.c. (questo soggetto a sospensione feriale) che, dunque, scadeva il 2/10/2023; peraltro, anche volendo considerare la durata massima semestrale del procedimento (non soggetto a sospensione feriale), il termine comunque sarebbe scaduto il 02.12.2023, mentre la citazione è stata notificata, la prima volta, solo in data 23.02.2024, quando gli attori erano ormai decaduti dalla proposizione della domanda ex art. 1137 c.c. Infondata è anche la dedotta inesistenza di una approvazione delle tabelle. Ed infatti le tabelle, come risulta dal verbale della deliberazione impugnata del 04.04.2023, in conformità all'ordine del giorno comunicato, sono state presentate e discusse e poi approvate dalla maggioranza. Si legge infatti nel verbale: "...Punto 1° Presentazione/approvazione rettifica delle tabelle millesimali contrassegnate dai nn. 2, 3 e 3 bis, relative alle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, androne e ascensore, come predisposte dall'ing. (...) giusta deliberazione assembleare dell'8/6/2022... "L'ing. (...) presente in assemblea precisa che vi è una rettifica da effettuare al suo elaborato in quanto è stata considerata una sola unità immobiliare al 4° piano a fronte di due. Il nuovo elaborato viene mostrato in questa sede e verrà allegato al presente verbale in sostituzione delle tabelle dei prospetti 2, 3 e 3 bis". Risulta quindi che le tabelle erano state portate e presentate in assemblea, esaminate dai condomini, discusse ed approvate. Devono pertanto rigettarsi le domande attoree di impugnazione delle delibere assembleari. Parte attrice chiede anche la rideterminazione dei millesimi relativi a tutte le unità immobiliari facenti parte del condominio ai fini della ripartizione delle spese oggetto di causa. Occorre tuttavia rilevare che tale rideterminazione non è ammissibile in presenza di tabelle millesimali approvate dall'assemblea; né la domanda, in mancanza di espressa specificazione, può interpretarsi nel senso che parte attrice chieda una modifica per via giudiziale delle tabelle condominiali approvate dall'assemblea; peraltro, in tal caso la domanda avrebbe dovuto essere provata in relazione alla ricorrenza dei presupposti previsti dall'art. 69 disp. Att. c.c. per chiedere la revisione delle tabelle millesimali approvate con la delibera impugnata, e dagli atti di causa non vi sono elementi emersi in tal senso. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari, in funzione di Giudice Unico, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dai sig.ri (...), (...) (...) (...) e (...) nei confronti del (...) stabile sito in Bari alla via (...), in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore, rigettata ogni diversa domanda, così provvede:
  • dichiara decaduti gli attori dalla impugnazione della delibera ex art. 1137 c.c.;
  • condanna gli attori al pagamento delle spese processuali del (...) convenuto che liquida, in Euro. 3.500,00 oltre alla maggiorazione per spese generali Iva e cassa come per legge, che distrae in favore degli Avv.ti (...) e (...), dichiaratisi anticipatari ex art. 93 c.p.c.
Bari, 04.04.2025
Data udienza 4 aprile 2025
 

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Chi è l'autore
Avv. Stefano Nulli Mediatore Avv. Stefano Nulli
Sono avvocato civilista, torinese ma con spirito fortemente dinamico. Dal 1993 mi prendo cura degli interessi dei miei clienti consigliandoli ed affiancandoli personalmente in ogni passaggio delle procedure intraprese per la miglior soluzione dei loro problemi.
Ero scettico sulle opportunità offerte dalla mediazione, ma da quando sono entrato a far parte del team di 101Mediatori ne ho compreso appieno le potenzialità - purché sia svolta con l'impegno e la professionalità che costituiscono lo st...
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