Commento:
        Un creditore cita in giudizio un suo debitore, chiedendone la condanna al pagamento di una serie di crediti relativi a fatture, comprensivi di capitale, interessi di mora e risarcimento del danno, che sono stati oggetto di una cessione da parte di due s.p.a.
La controparte, costituendosi in giudizio, solleva una nutrita serie di eccezioni preliminari e di merito.
In udienza, il giudice, ritenendo la controversia di natura bancaria, invita le parti a esperire il procedimento di mediazione obbligatoria e rinvia la causa a una nuova udienza per verificarne l’esito. In questa sede la controparte eccepisce in rito l’improcedibilità della domanda. La sua eccezione si basa sulla non corretta partecipazione di parte attrice al primo incontro di mediazione. Chi ha presenziato per conto della società, infatti, non ha dimostrato di possedere la necessaria rappresentanza sostanziale.
Con successivo provvedimento, il giudice, ritenendo la questione preliminare di rito assorbente e potenzialmente risolutiva, trattiene la causa in decisione dopo la precisazione delle conclusioni da parte delle parti.
Il fulcro della decisione del Tribunale di Brindisi risiede nell’analisi della regolarità del procedimento di mediazione. Il giudice premette che l’esperimento della mediazione costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, sia che essa sia obbligatoria per legge, sia che sia disposta su ordine del giudice, come nel caso di specie. La condizione si considera avverata solo se il primo incontro si conclude senza un accordo, ma ciò richiede la partecipazione regolare delle parti o dei loro delegati muniti dei poteri necessari. Il Tribunale, per motivare la sua decisione ripercorre l’orientamento giurisprudenziale e normativo in materia. La Corte di Cassazione, con la notissima sentenza n. 8473/2019, aveva stabilito la necessità che il rappresentante fosse “munito di apposita procura sostanziale”. La successiva riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022) ha codificato tale orientamento, chiarendo che le parti possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e con i poteri necessari per la composizione della lite, e ha anche specificato che la delega può essere conferita con atto sottoscritto con firma non autenticata, purché contenga gli estremi di un documento di identità del delegante.
Nel caso specifico, è emerso che parte attrice aveva delegato un soggetto a presenziare all’incontro di mediazione. Tuttavia, l’atto di delega, depositato solo in un secondo momento, è risultato privo di una valida sottoscrizione. La procura speciale, prodotta dalla società attrice per sostenere la regolarità della propria partecipazione, recava infatti una mera firma elettronica semplice. Per il giudice però questo tipo di firma è del tutto insufficiente, soprattutto a fronte della specifica contestazione di controparte. Citando una recente pronuncia della Cassazione (ordinanza, 24/07/2023, n. 22012, che ha statuito che il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) privo di firma elettronica non ha l'efficacia della scrittura privata prevista dall'art. 2702 quanto alla riferibilità al suo autore apparente, attribuita dall'art. 21 CAD solo al documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, sicché esso è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell'art. 20 del medesimo decreto, in ordine all'idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità), il Tribunale ribadisce quindi che una firma elettronica semplice non è in grado di fornire un’adeguata prova né dell’immodificabilità del contenuto del documento né della sua riferibilità all’autore apparente. Di conseguenza, l’atto di delega non può essere riconosciuto come valido. Ne consegue che per il Tribunale parte attrice ha partecipato al primo incontro di mediazione per mezzo di un soggetto terzo privo del relativo e valido potere di rappresentanza sostanziale, irregolarità che comporta l’improcedibilità della domanda giudiziale per mancato regolare esperimento della condizione di procedibilità.
Conseguita la laurea presso l’Università degli Studi di Bologna (con una tesi in diritto processuale civile su L'arbitrato commerciale internazionale nella prassi delle camere arbitrali) e l'abilitazione, mi sono iscritta all’Albo degli Avvocati di Bologna ed esercito la professione dal 1986.
Ho avuto il privilegio di essere allieva del prof. avv. Federico Carpi e, dal 1992, sono docente dell’Università di Bologna, dove oggi insegno Diritto processuale generale, del lavoro e delle procedure ...
continua



        
                        